Là dove le alture molisane di Rotello si ammagliano con l'ondulato
territorio serrano, torreggia nudo il colle di Verticchio.
Un mix di ruderi sacri e profani ed un casone bazzicato da campagnuoli
ne coronano oggi la sua vetta, piena di orizzonti e canti d'uccelli. Il
suo naturale assetto strategico e la sua vicinanza ai rivoli del Tona, ne
incoraggiarono la frequentazione alle genti del Neolitico e del Bronzo che
vi hanno lasciate, sebbene vaghe, le impronte del loro fluire.
Verticchio fece parte del territorio di Serracapriola fino all'anno 1741
e da allora, nei libri del catasto onciario, fu aggregata a Rotello. Con
legge 9 febbralo 1799, fu inclusa nel "Cantone di Serracapriola"
inserito, a sua volta, nel 5° Dipartimento del Sangro. Nella storia
datata, "Porticulo" entrò con le bolle di Lucio III°
(1181) e di Innocenzo IV (1254). Sia le bolle papali che gli altri documenti
medievali che ne parlano, non ne cadenzano la genesi né la geografia
dell'abitato. Quel toponimo designava un "certus casarum numerus"
con non molti abitanti, in un contesto territoriale che, nel crepuscolo
del primo millennio dopo Cristo, già pullulava intensamente di vita
civile e monastica (Melanico, Casale Alto, Fara). Favorito dalla trasformazione
del paesaggio agrario che strappò alle dense boscaglie immensi territori
produttivi, il decollo demografico di Verticchio fu rapido: alla fine del
secolo XII° "Porticulo" è qualificata "castellum",
qualche anno più tardi (1220) casale. Agli albori del milleduecento
sembra sia appartenuta alla chiesa di Santa Maria del Gualdo, mentre nell'anno
1269 risulta possesso di Falcone di Castevetere. Più tardi, Verticchio
approdò nei beni del monastero dei Canonici regolari di Sant'Aniello
di Napoli.
Il centro sembra ancora esistere all'inizio del XIV° secolo, ma nel
1483 è deserto, probabilmente distrutto da quel terremoto che il
5 Dicembre 1456 interessò violentemente vaste zone dell'Italia. L'abitato
ebbe nuovi impulsi di vita dagli immigrati Epiroti che nel loro errabondo
girovagare popolarono anche Santa Croce di Magliano (in passato Santa Croce
dei Greci). Sulla sommità della collina di Verticchio i profughi
Epiroti ristrutturarono la medievale pieve latina, nei tempi remoti retta
da un "archipresbyter".
Sull'architrave dell'ingresso occidentale della chiesa, un'iscrizione
del 1537 oggi lisa e sbiadita, testimonia quella rinascita:
"..a chi ha fatto fare la chiesa, pace.
È stato completato il presente tempio,
dedicato a Domeziano, per conforto del
le nostre debolezze, nell'anno di Ada =
mo 2MC. Anno MCCCCCXXXVII"
Il 31 ottobre 1734, monsignor Giovanni Andrea Tria, vescovo Larino, visitò
Verticchio per atti pastorali. Vi trovò la chiesa dedicata a San
Donato, senza culto attivo. Nella circostanza, il prelato larinate ordinò
ad Andrea Salotti da Campobasso, fittavolo del feudo, "che provvedesse
la medesima chiesa di tutto il bisognevole per il Sagrificio della S. Messa,
almeno ne' giorni festivi di precetto, per comodo dè coloni, non
avendo i medesimi altra chiesa in quei vastissimi territorj".
VERTICCHIO:
chiesa intitolata a San Donato, vescovo di Arezzo (metà sec. 4’), martirizzato nella persecuzione di Giuliano l’Apostata. Ruatta nel I537 sui resa‘ di un impianto medievale e restaurata nei primi decenni del sec. XVIII, la pieve è oggigiorno ridotta alla stato di rudere.
Nel medioevo la piccola chiesa assurse a polo di aggregazione territoriale e nelle decime del sec. XIV “cinici Porriculi” erano tassati per “far. VIII”. (fotograļ¬a di Stanislao Ricci - agosto 1996)
|