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30 luglio 1627, il maremoto che distrusse il Gargano

Maria Pia Carruozzi
La realtà serrana

Antonio Lucchino, un abate di San Severo, così descrisse il terribile evento che capitò quel giorno: "S'udì muggir la terra non a guisa di un toro, ma d'un grandissimo tuono che non se ne può dar comparazione, poiché offuscava l'udito e la mente e subito si vide ondeggiar la terra, a guisa che sogliono le onde nel maggior agitamento del mare" .
   Nell'assolato pomeriggio del 30 luglio 1627 una forte scossa di terremoto, con epicentro tra San Severo ed Apricena, fa tremare il Gargano; lo sciame sismico che ne segue, in particolare la quarta scossa, stimata tra il X e l'XI grado della scala Mercalli, provoca il riversamento del Mar Adriatico sulla costa Garganica. Uno tsumani (termine giapponese adottato solo di recente) tanto potente e terribile, da far arrivare l'acqua di mare alle porte di Foggia.
   I centri maggiormente danneggiati furono Apricena (oltre 900 vittime), Lesina (150), San Paolo di Civitate (circa 400), Serracapriola (2000 morti), San Severo (800) e Torremaggiore. A San Severo tutte le costruzioni e le torri furono distrutte. Lungo il litorale fra San Nicandro e la foce del fiume Fortore, vicino al lago di Lesina, il mare si ritirò per circa 3-4 chilometri per poi sommergere il litorale. A Manfredonia, invece, le onde anomale raggiunsero un'altezza pari a 2,5 metri al di sopra della terra.
   Dopo che le acque si furono ritirate, quello che rimase fu uno scenario di morte e distruzione. Secondo le stime dell'epoca furono circa 4500 i morti e oltre 5000 i feriti. Ciò che non distrusse lo tsunami, lo fece il terremoto.
   Il Gargano è una zona caratterizzata da frequenti terremoti, ma secondo gli studi condotti dall' Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, almeno sei, in un intervallo di tempo di circa 1700 anni l'uno dall'altro, furono tanto forti quanto quello del 1627, da provocare uno tsunami.