Molti lesinesi, associano la nascita del lago al maremoto che nel 1627 colpì Lesina, Sannicandro Garganico e le zone della piana del Fortore presso Ripalta. C'è da dire però che molti testi antecedenti quella data indicano già la presenza del lago e addirittura del paese e delle varie ville romane nei dintorni.
La mia attenzione cade su questo testo però, che descrive perfettamente il terremoto del 1627 e le catastrofi che ne susseguirono perchè è l'unico che descrive perfettamente l'apocalisse del 1627  che fece sparire molte isole ed isolette che erano presenti nel lago, cambiando l'orografia del territorio in modo devastante. Il testo si chiama "historico discorso del gran terremoto", scritto da Giovanni Antonio Foglia proprio nell'anno 1627.

Leggendo queste righe vengono davvero i brividi:
Dall'originale custodito presso l'Università del Michigan.
Narrazione del successo terremoto.
Il Gran terremoto meteria del presente discorso è succeduto in Regno di Napoli nella provincia di Capitanata di Puglia nel corrente anno 1627. di nostra salute al dì 30 di Luglio a Hore 16 precedente l'ecclisse della Luna che fù al di 27 del predetto mese a hore 19 e minuti diece, dopo mezzo giorno, secondo il calcolo di Magino. Ha hauuto spesse repetitioni e non meno della prima volta, con tante altre rouine negli stessi luoghi otto giorni dopo, nella sera del sabbato a hore 22. fu unal'tro gagliardissimo. Sopra la chiesa de cappuccini fu vista  una croce di nube bianca di palmi dodeci in circa così ben formata e aggiustata che dice il padre Guardiano huomo dotto , e di santa vita, che non crede esser stata cosa naturale. Nelli luoghi rouinati di continuo si sente un sussurro sotterraneo, cascorono molte mura, ch'ammazzarono molt'altre genti. La notte poi della Domenica à hore cinque repetì molto gagliardo.che durò per spatio di mezzo quarto d'ora in circa e all'hora e stato più gagliardo quando ha spirato il vento australe, ch'in Puglia chiamano Fauognio, e hà repetito molt'altre volte, espetialmente al 24 Agosto la vigilia di San Bartolomeno Apostolo, ma per gratia del Signore non fe molto danno.
Ma a pari del primo e secondo, è stato horrendo quello che nelli sei di Setembre presente dopo horribil tempesta di tuoni, fulmini e pioggie con grandine grossissima e numerosissima; che dicesi per vera relatione sessersi pesato un grano undici in dodici oncie. Rouinò quello che di nuovo aueuano incominciato le genti à riparare con morte di molti di quelli, di modo cha tolto del tutto la speranza di poterui habitare e detto ultimo terremoto ha causato anco molto danno della città di Lucera abbattendo moltecase e altre in modo tale coquassando che senza gran pericolo non si possono habitare.


Il testo continua a recitare disgrazie ma la cosa più orrenda è la lettera del Padre Provinciale dei Cappuccini al padre Gererale in Napoli, riportata dal Foglia così com'era:
Mi pare bene dar aiuto a V.P.Reueredis. del lacrimoso caso successo à dì 30. Luglio per causa del terremoto in alcune parti di questa nostra provincia. Sansevero Città di Mille Fuochi è disfatta in tutto,  ( per fuoco sta per famiglia, ovvero bisognerebbe contare 4/6 persone ongniuno)Torre Maggiore, terra di quatrocento fuochi non vi è remasto niente, San Paolo Casale di duecento fuochi è rouinato a fatto, Procina terra di 400 fuochi è diuentata montone. La serra Capriola, terra bellissima, e nostra devotissima de più de mille fuochi è consumata in modo ch'à pena vi sono remaste da duecento persone, Lesina non vi è vestigio, S.Agata de padri di tremiti è destrutta, similmente Ripalda abbadia de cardinali dirimpeto à S.Agata è destrutta.
De frati nostri nessuno è morto, solo due poueri vecchi che stauano nel Choro di Torre Maggiore sono stati feriti; li Frati della Serra, , di Torremaggiore, di Sansevero, e della provincia hanno abbandonato i luoghi, e bisogna ch'io li vada compartendo per gl'altri Conventi.In detto tempo io me ritrovai in Lucera, Dove per misericordia de Dio non fe molto danno.Si bene li Signori la notte vanno ad habitare nella Campagna sotto le tende, così quelli pochi remasti delle suddette terre rouinate.