"L'interesse antropologico- dice il Tommasini- vede nel popolare
ciò che ha radici profonde negli usi e nei costumi di una comunità,
ciò che è nato e si conserva proprio perché aderente
a fattori genuinamente umani, legati a precise condizioni ambientali. Il
popolare fa riferimento a tradizioni consolidate di tutta una storia passata,
la quale viene ripresa nel presente in sintonia con l'anima, con i modi
di sentire di un gruppo solidale di persone". L'attesa
Il sagrestano, attento custode degli arredi sacri, aiutato dalle
devote della parrocchia, tirava a lucido le nicchie dei santi sugli altari
laterali; il lampadario; il pulpito per il predicatore; l'imponente organo
a canne, in attesa dell'organista Angelo Gabriele o Palmieri e dei ragazzi
addetti ai mantici; il fonte battesimale; le acquasantiere; gli scanni del
coro per i fratelli delle confraternite, dove la scritta ricordava "silenzio
in coro"; i confessionali; i banchi, le sedie impagliate e gli inginocchiatoi
per gli invitati; in sagrestia, la credenza e i cassettoni con i paramenti,
freschi di bucato, per i sacerdoti concelebranti. In cima a una lunga canna
"a musce" serviva a spolverare dove non arrivava lo straccio,
mentre il paratore addobbava la chiesa per il Santo Patrono, in pompa magna
con drappi damascati. Infine l'altare maggiore veniva pulito con più
meticolosità e premura: la mensa e il tabernacolo, scrigno delle
specie consacrate.
Le campane
Sul campanile i sacri bronzi scandivano "mètutine",
"mèzzejorne", "ventunore", "avémmèrì",
"n'ore de notte". In occasioni tristi "a
mezzéne" annunciava con nove rintocchi l'estrema unzione
di un prete, con sette di un uomo, con sei di una donna. Spesso la campanella
lamentava la morte di bambini. Nel tripudio della festa il campanone, le
due campane (mezzane) e la campanella suonavano insieme a distesa per
chiamare i fedeli nella casa del Signore.
La messa cantata
Tutto era pronto: la chiesa gremita di fedeli; i sacerdoti concelebranti
con i chierichetti, intenti a far oscillare il turibolo con l'incenso; la
mensa apparecchiata con le ampolline, con i candelieri, con la pisside colma
di particole e con il messale. Invitata alla mensa per nutrirsi del pane
di vita eterna, tutta la comunità, accompagnata dall'organo, cantava
in coro l'inno a San Mercurio Martire, patrono di Serracapriola.
La processione
"Le processioni dunque, l'uso delle quali risale alle più
rimote antichità, sono un atto solenne di religione, come pubblica
preghiera. Che cosa infatti dice a Dio tutto quel popolo, che portando
in trionfo l'immagine venerata della divinità, percorre pregando,
o cantando, o piangendo, le strade della città? Egli esprime ed attesta
con tal mezzo di mettere in Dio l'interasua fiducia... Ei vuole che questo
omaggio... sia pubblico, e che tutte le creature si uniscano ai suoi sentimenti...
Nelle processioni cristiane la croce si parte dal piede dell'altare;
ciò indica Gesù Cristo che viene dal seno del Padre suo per
abitare fra gli uomini. La croce si avanza accompagnata da torce e seguita
da fedeli; ciò indica Gesù Cristo che apparisce in mezzo a
noi e che raccoglie nel suo passaggio gli eletti di Dio dispersi ai quattro
venti. La croce precede la comitiva; ciò indica Gesù Cristo
vita degli uomini nella via del cielo. Ben presto si uniscono alla Croce
l'immagine del Santo Patrono e le effigie di altri Santi. Appena
la processione è in cammino, ecco incominciare i doppi delle campane:
sono queste le trombe della chiesa militante che annunciano il passaggio
del gran Re e della sua armata. La processione percorre diverse vie, ciò
indica Gesù Cristo che percorre il mondo, invitando a se tutti gli
uomini dell'Oriente e dell'Occidente. Finalmente la processione ritorna
in chiesa; ciò indica Gesù Cristo che rientra in cielo, conducendo
al suo seguito gli eletti, salvati col proprio sangue ed illuminati dai
divini insegnamenti. La croce va a riportarsi ai piedi dell'altare nel medesimo
luogo dove ella era partita, ciò indica Gesù Cristo che si
riposa alla destra del Padre suo, dopo avergli acquistato un popolo intero
di adoratori. I fedeli ricondotti al luogo da cui erano partiti, figurano
l'uomo figlio del cielo, di ritorno al cielo... La processione è
finita...
E la corsa equestre, solita a farsi nelle nostre feste
popolari..?
Non si scorge in quei focosi destrieri l'entusiasmo cristiano che,
gareggiando in virtù, ognuno aspira a raggiungere la meta per aversi...
da Dio il premio degno alle sue opere? E la Banda Musicale non simboleggia
le melodie angeliche che di notte non cessano di inneggiare all'eterno,
vero, santo Padre, il Signore, Dio degli eserciti? E il sacro tempio,
così ben tappezzato e illuminato, non raffigura l'eterna Gerusalemme,
la Patria dei Beati, la Magione dei Santi, a cui tutti i buoni cristiani
aspirano? E finalmente nel pirotecnico non scorgiamo il teatro del
mondo, in cui ognuno rappresenta la sua parte, sia buona, sia cattiva, raffigurata
in quelle girandole, in quelle variopinte bombe?..E quel fragoroso finale...non
esprime in impercettibile ombra quello che avverrà nel giudizio universale,
quando l'eterno Giudice fra folgori, tuoni e saette verrà a giudicare
il mondo...?
Se son queste le processioni istituite dalla Chiesa, le feste
lasciateci in ricordo dai Maggiori... Ma se esse oggi son rese oggetto di
derisioni, di zimbello, di scandali per molti, noi rimandiamo i non credenti
e i credenti al giorno stabilito dal Signore in cui "omnis caro videbit
salutare Dei"... Prepariamoci oggi, che vi è ancor tempo, a
ben presentarci innanzi al cospetto di questo Dio eterno e formidabile!!!"
(Manoscritto del 1905 di A. Irmici, citato da A. Gravina nelle sue "Riflessioni
sulla devozione popolare e sulla festa patronale").
La fiera
Istituita nel 1600, "la fiera" nel 1739 si chiamò "di
San Berardino" dal nome del Santo patrono dell'epoca. Nei primi anni
del 1900 si attuava saltuariamente insieme con la festa di S. Anna. Nel
1946 si abbinava alla festa di S. Mercurio, nuovo Patrono di Serracapriola
col nome di "fiera di S. Rosalia" del quattro settembre. Oggi
si continua la tradizione, ma l'antica fiera, caratterizzata dai prodotti
tipici dell'artigianato locale, si è ridotta ad un fiacco mercatino,
più striminzito di quello settimanale, formato da qualche ambulante
polacco o di colore.
Un popolo in festa, se è animato da un'autentica cultura, celebra
le origini e auspica la felice ricomposizione della comunità divisa
con i giochi, con le sagre, con tutti i frutti del lavoro agricolo, artigianale
e artistico. E' animato il popolo serrano da un'autentica cultura?
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