Mènze, n.f. (dal lat. mensa, ae, f. mensa, tavola, cibo, vivande) – Madia. Questo mobile rustico che faceva parte dell’arredamento della cucina fin dal 1.100, era assegnato in dote alla sposa nel contratto nuziale. In uso specie nell’Italia centro meridionale serviva per setacciare la farina grezza, per fare il pane e per conservarli con il lievito. ‘A mènze, in uso a Serracapriola e costruita dai falegnami locali era composta da tre pezzi indipendenti e sovrapposti: - Stipe, m. – Credenza dal lat. stip-are. Stipo, armadietto per conservare alimenti, pane, farina, lievito e attrezzi vari: mesùre (misura), céste (cesta), sèlviètte du pène (tovagliolo), rèretóre (raschiatoio), marchje (marchio).
- Fèzzètóre, f. – Facciatora; trogolo rettangolare formato da cinque assicelle di cui le quattro laterali più o meno inclinate verso il fondo (all’origine la madia era formata soltanto da questo pezzo, poggiato su due sedie o su due cavalletti). Serviva per setacciare la farina cu cernèfèrine e ‘u setàcce e per impastare il pane.
- Tèvelére, m. – Spianatoia; coperchio ribaltabile su cui si faceva l’appezzatura del pane, o la sfoglia péttele con il mattarello lèghènère per fare i vari formati di pasta, dolciumi o la pizza.

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