LE REGOLE del dialetto serrano
Fàssce
Giuseppe Gentile

Fàssce, n.f. – Fascia di stoffa lunga e stretta. Nome con più significati. 1- Fascia tricolore che i sindaci ricevono il giorno della loro elezione e che indossano nelle cerimonie, ricorrenze e manifestazioni varie. 2- Lunghe strisce di lino o di cotone, di solito ricamate con la scritta “mio amore”, con cui si usava nel passato avvolgere i neonati per tenerli bloccati fino alle spalle, in modo da impedire qualsiasi movimento. Il corredino del neonato (‘a mbèscianne) era formato dalle mutandine, dal panno (fèscètóre), dalla fascia lunga 3 metri e larga 15 centimetri e da un sacchetto che copriva e completava la fasciatura. I bambini venivano così fasciati per garantire (secondo la credenza del passato) una corretta crescita impostando il corpo in posizione diritta, per riportare alla normalità le eventuali parti del corpo deformate durante il parto, per impedire di procurarsi lesioni. Infatti le madri per poter tranquillamente assolvere le faccende domestiche o i lavori di campagna infilavano i neonati fasciati in barili predisposti in posizione verticale con un fondo aperto e l’altro zavorrato.
Il noto pedagogista Giangiacomo Rousseau diceva che l’uomo nasce libero, ma subito dopo il neonato viene imprigionato nelle fasce.




























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