LE REGOLE del dialetto serrano
Cicene
Giuseppe Gentile

Cicene, n.m. – Orcio panciuto di terracotta grezza della capacità di 3-4 litri, con due manici. Il collo corto e sottile formato da una vistosa strozzatura finisce con una bocca rotonda slargata alla base. ‘U cicene serrano si differenzia da quello garganico, barese, sardo, siciliano, per la slargatura della bocca, più contenuta degli altri. È il contenitore specifico insieme alla giàrre per mantenere l’acqua fresca, anche dopo una prolungata esposizione al sole, grazie alla trasudazione data dalla creta. Nel bere, l’acqua esce gorgogliando: da ciò il nome cicene, di derivazione latina, formato da ci e cano, is, (perfetto cecini) = cantare. Nel dialetto abruzzese dell’area frentana viene chiamato cécine la nostra giàrre è clò (i nomi dei vasi di terracotta non hanno il loro corrispettivo in italiano) che è più appropriato al significato etimologico della parola. ‘A giàrre è clò, infatti, ha l’imboccatura a quadrifoglio, il cui fondo è chiuso a mo’di diaframma cribrato, per cui il gorgoglìo dell’acqua quando esce è più accentuato.
L’acqua du cicene ristorava le gole arse dei contadini nelle campagne, degli artigiani nelle botteghe e non mancava nelle case della nostra Serracapriola.




























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