LE REGOLE del dialetto serrano
Ciùcce
Giuseppe Gentile

Ciùcce, n.m. – Asino. Il vocabolo dialettale, in Puglia è ciucce, scencu, in Molise ciucce, in Basilicata e Campania ciuccio, in Calabria ciucciu.
Gli asini da parte degli agricoltori, che avevano più animali da soma, non avevano lo stesso trattamento dei cavalli, forse per l’ingiusta nomea di essere considerati buricchi, somari, ciuchi, ciucci. Ma il contadino più indigente che possedeva un solo discendente dell’onagro (asino selvatico asiatico, probabile capostipite del nostro quadrupede) lo stimava come persona di famiglia, anche perché condivideva la stessa abitazione, ‘u bàsce di pochi metri quadrati. Per rafforzare questa verità si lasciava àandare a colorite ed efficaci similitudini “Cumpà, ‘a ciucc’è mì à tènghe comé n’acene d’uve”, riferendosi alla sua asina sempre ben curata, integra, soda e pulita come un acino d’uva. In effetti questo animale che per secoli è stato giudicato pigro e tondo, in realtà è intelligente, molto furbo e prudente. È soltanto un filosofo, un calcolatore. Prima di fare qualche cosa medita a lungo e poi la realizza senza fretta. Questo viene scambiato per caparbietà. Difetto a volte dell’uomo: come di quel contadino, Cupetóne, che non desisteva dal tentare di far bere il suo ciuco al collo dell’orcio, cicene. Il nostro eroe invece è ubbidiente, sobrio, rustico e si nutre di foraggi di scarto.
I tanti proverbi sull’asino, ancora di uso popolare, confermano la sua presunta natura di animale sciocco e negligente:
Vè mitte ‘u ciucce è cumbitte ! (Trattare bene una persona che non apprezza le nostre attenzioni) – Ttacche ‘u ciucce ‘ndó dice ‘u pètróne (Esegui l’ordine che ti viene dato senza discutere) - Famme prime e famme ciucce (Fammi primo anche se mi fai asino) – Cènte niènde ccidene nu ciucce (Cento “nulla” uccidono un asino) – Mègghje nu ciucce vive chè nu mèdeche mòrte (Meglio un asino vivo che un medico morto) – Chi nasce ciucce ne móre chèvalle (Chi nasce asino non muore cavallo) – Quande ‘u ciucce ne vó chèmmenè èh vògli’è terarlu (Quando l’asino non vuole camminare non c’è verso di tirarlo) – ‘U ciucce chè ragghje ne mmàgne pagghje (L’asino che raglia non mangia paglia; chi progetta senza agire non progredisce) – ‘U ciucce pòrte ‘u vine mè ce vève l’acque (l’asino porta il vino ma beve l’acqua; il furbo fa lavorare con poca ricompensa lo sprovveduto) – Ciucc’e mule carechi ngule (Per ottenere il massimo delle prestazioni da questi animali da soma bisogna bastonarli) - Cènt’e cchiu chèvalle èll’occhèsione ténne besógne de nu ciucce sóle (Anche i più potenti possono avere bisogno dell’aiuto di persone da loro disprezzate) –
‘I ciucce c’èffèrrene e ‘i vèrile ce sfascene. In primavera, vicino ai pozzi, gli asinelli degli acquiaioli, eccitati dalla presenza di qualche femmina, si azzuffavano ragliando e a farne le spese erano i barili che si sconquassavano. Episodi analoghi avvenivano spesso rendendo irriconoscibili i pazienti quadrupedi. Si racconta di un maschio, che avendo annusato il profumo di una femmina in calore, inferocito, stava per coprirla, ‘ngruppè. A mala pena alcune contadine, forse per spirito di corpo, chì furcenèlle riuscirono ad allontanare l’enorme membro dal “naturale sito”.
Dei tanti asinelli che popolavano il nostro territorio, alcuni, tra le altre razze di Pantelleria e Ragusana, potevano appartenere alla razza pugliese di Martina Franca, d’imponente grandezza e dal manto morello scuro con addome interno, cosce e muso grigio scuro, e al grigio siciliano o alla razza toscana dell’Amiata dal mantello grigio, riga nulina crociata con zebrature agli arti, muso e ventre, grigio chiaro. La maggior parte era frutto di incroci. La monta ufficiale, fino agli anni 70 circa, si realizzava nella stazione di riproduzione, diretta dal veterinario dott. Gabriele Giannubilo, prima presso l’oliveto Pilolli, poi in contrada Piano Navuccio nella masseria Scaletti dove c’erano cinque stalloni tra cui un asino di Martina Franca, mandati dallo Stato per il mantenimento delle razze.
Oggi il paziente quadrupede è scomparso dalla scena agreste del nostro territorio. L’ultimo asinello di Corrado D’onofrio è a riposo nel Centro Agrituristico “Padre Pio Giovane”, in agro di Chieuti.




























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