LE REGOLE del dialetto serrano
Chèfettére
dal n.( anno VII de "La Portella "Giuseppe Gentile

Chèfettére, n. m./f. - Caffettiere - Caffettiera. Vocabolo dialettale invariabile con due significati dati dai rispettivi articoli determinativi, maschile e femminile:
  1. u chèfettére (caffettiere),
  2. a chèfettére (caffettiera).
Derivano da chèfé (caffè): dall'arabo Qahuah, pronunciato alla turca Kahvé che indica il liquore e non il frutto; nel senso che Qahuah significa vino bianco leggero e quindi il senso primitivo della voce araba sembra essere vino, liquore, in seguito applicate al caffè per le sue virtù inebrianti. Altri lo fanno derivare da Kaffa, regno abissino. Caffè era anche il nome del locale, adibito alla preparazione e alla vendita della bevanda omonima, di liquori, bibite e dolciumi. In seguito venne chiamato Bar, dal francese e dall'inglese Bar (da barra, per la sbarra da appoggio che esisteva in alcuni locali). Resta la denominazione Caffetteria per i locali che trattano come prodotto principale il caffè. Fra i tanti ne ricordiamo alcuni.
  1. Antonio de Leonardis (1889-1977), subentrato al padre Giovanni, aveva il Caffè in piazza Vittorio Emanuele III e produceva anche la gassosa al caffè (a ghèzzóse è chèfé).
  2. Giuseppe Forte (1878-1932), coadiuvato dal figlio Salvatore, aveva una ristorazione abbinata ad una caffetteria in piazza Umberto I.
  3. Nel 1929 l'esercizio gestito dal pasticciere Salvatore Forte (1901-1978) venne spostato in corso Garibaldi n.1 col nome di “Caffè dello Sport”, attrezzato di una tostatrice ad alcool e di una prima macchina per caffè espresso “Vittoria-Arduino”, per curare dall'origine la miscela che avrebbe caratterizzato la tazzina del caffè-Forte. Il locale poi nei primi anni '50 fu rinnovato con nuove attrezzature: il banco frigorifero, la macchina Gaggia per il caffè espresso e l'insegna luminosa “Bar”. Fu inaugurato il 5 luglio 1954. Oggi si distingue in Corso Garibaldi con la sua miscela illj la caffetteria “Caffè del Corso” di Beniamino Bucci, allievo di Antonio de Leonardis.
Con a chèfettére si indicano oggi due tipi di bricco da caffè: uno per prepararlo ed ottenere dal caffè tostato e macinato la bevanda omonima e l'altro semplice contenitore col quale viene versato il caffè nelle tazzine.
Il caffè e la prima caffettiera (jabena) sono originari dall'Etiopia. In Turchia si usava e si usa tutt'ora l'ibrik, dalla duplice funzione di preparare e servire il caffè. Nel 16° secolo i veneziani introdussero l'uso della bevanda in Europa, dove la fattura (gli stili) delle caffettiere fu influenzata dal bollitore di Bagdad: la brocca in metallo, a becco, con il coperchio e il manico ricurvo.
Le caffettiere d'argento punzonate, sempre pezzi unici, ebbero la massima diffusione durante la seconda metà del XVIII secolo. In ogni paese d'Europa vennero fabbricate caffettiere pregevoli secondo l'estro del Mastro Orefice che nel produrle conservava dei riferimenti ad un modello comune. Ogni regione d'Italia ebbe un proprio modello di riferimento che caratterizzava le botteghe artigiane del territorio secondo i canoni strutturali e ornamentali adottati.
Dal XIV al XVIII secolo il caffè veniva preparato facendo bollire l'infuso. I fondi (a póse), ottenuti dalla decozione del primo caffè, venivano ulteriormente ribolliti per avere altra bevanda. In seguito sorse il problema di separare i fondi dalla bevanda. In Francia attuarono un metodo ad infusione: il caffè macinato messo in un sacchetto di tela, legato ad un cordoncino, veniva immerso nella caffettiera, chiamata samovar. Questa era sollevata da terra per dare modo ad un fornellino sottostante di scaldarla. I samovar, diffusi nei locali pubblici e nelle case delle famiglie benestanti, erano di ottone, peltro o rame. Le caffettiere d'argento, usate da famiglie facoltose, erano dei semplici recipienti da caffè ad infusione. In seguito i vecchi bricchi di metallo e vetro vennero sostituiti da quelli di maiolica, più economici. La nascita della caffettiera a filtro dal design semplice, divisa in due parti, portò all'invenzione del filtro centrale.
Nel 1819 il francese Morize sviluppò una versione rovesciabile di caffettiera che si diffuse molto anche in Italia. Grande successo incontrò la popolare “napoletana” di latta o di alluminio, dalla forma semplice, ma pratica ed efficace. Con l'avvento dell'elettricità nacquero le macchine per il “caffè espresso”.
Gli inventori Desiderio Pavone e Luigi Bezzeca diedero all'Italia il primato nella costruzione di queste macchine che oggigiorno vengono costruite anche per l'uso domestico. Tra tutte le macchine funzionanti col fuoco continua ad aver successo la moka, apparecchio inventato e commercializzato prima della seconda guerra mondiale da Alfonso Bialetti. La novità già in commercio da un po' di tempo è “Alicia”, la nuova moka elettrica della De Longhi.




























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