Una volta i nostri ortolani dovevano prima preparare il terreno ca sckiazz per la semina degli ortaggi. Oggi che questa coltura si è estesa a molti agricoltori c’è anche nel nostro paese la figura del vivaista. È in piena attività, in contrada Spinelli, un’azienda vivaista all’avanguardia nel campo ortofrutticolo di Serracapriola, l’Ortolevante. Essa è condotta da una Società formata dall’agronomo dott.Gabriele Radatta (tecnico commerciale) di S.Marco in Lamis e dal perito agrario Biagio Ferrero (logistica e consegne), coadiuvati dall’ agricoltore Nicola Ferrero, responsabile del personale, e dalla ragioniera Carmela del Bosforo, segretaria dell’azienda.
Per saperne di più abbiamo intervistato il sig. Biagio Ferrero.
Come e quando è nato questo vivaio?
La Ortolevante Srl è nata nel 1994 come azienda per colture idroponiche grazie ai finanziamenti delle legge 44/1986, realizzando 61.500 mq di serre, interamente coperti. I prodotti ottenuti, sono stati sempre direttamente lavorati, confezionati e commercializzati dall’azienda sia sui mercati nazionali che su quelli esteri. L’azienda ha sempre prodotto in proprio le piantine necessarie alle proprie necessità. A partire dal 1998 la crisi idrica in Capitanata e la mancata erogazione di acqua da parte del locale Consorzio di Bonifica ha messo in pericolo la Società. Siccome l’acqua del sottosuolo in questa zona è leggeremente salmastra, data la precedente esperienza di allevamento di piantine, abbiamo deciso di trasformare l’azienda in vivaio che abbisogna di pochi volumi idrici.
Come si è evoluta questa attività?
L’azienda ha iniziato la propria attività produttiva e commerciale nel campo del vivaismo orticolo; i 7.500 mq di serre inizialmente destinati a tale attività, nel 2000 sono diventati 15.000 mq, nel 2003, 30.000 mq (di cui 1.500 mq in biologico), per poi passare a 60.000 mq nel 2005 con 1.500 mq di avanterra, un capannone industriale di circa 400 mq dove è ubicata la sala di germinazione, e diversi macchinari decentrati per il funzionamento del vivaio.
Avete avuto sostegni e incoraggiamenti dagli Enti locali?
Dobbiamo dire di no. Tutto ciò che lei vede lo abbiamo realizzato con le sovvenzioni, con le nostre forze e con l’accordo che c’è sempre stato fra noi soci. La viabilità per accedere all’azienda ci è stata fatta dopo anni e anni di richiesta.
Cosa producete?
Principalmente piantine da trapianto: pomodoro per i tre quarti della produzione, per il resto in base alla richiesta: finocchio, peperone, melanzana, brassicacee, lattughe, indivie, asparago, prezzemolo, sedano, meloni ed angurie.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate nel vostro lavoro?
Data la crisi agricola italiana i rientri economici sono di lunga durata.
Quali e quanti operai lavorano?
Gli operai che lavorano in azienda sono stagionali visto il tipo di attività. Ci sono una ventina di persone quando c’è lavoro. Ne restano 4 o 5 per le ordinarie manutenzioni quando finisce il ciclo di lavoro, come in questo momento.
I vostri clienti abituali?
I nostri clienti sono gli agricoltori per lo più della provincia di Foggia, pochi altri di Macerata e Salerno. A Serracapriola fra i pochi coltivatori impegnati in questo tipo di coltura soltanto alcuni sono nostri clienti.
Come si svolge l’attività?
L’attività parte dal momento dell’acquisizione degli ordini. Per il ciclo del pomodoro gli ordini si ricevono tra dicembre e gennaio. Calcolando i tempi necessari per lo sviluppo della pianta, iniziamo la semina nelle seminiere, dopo la pianta viene messa nelle sale di germinazione e trascorso il tempo necessario, disposta in vivaio facendo i dovuti trattamenti.
Il costo delle piantine?
Il costo dipende dalle varietà e dalle sue resistenze. Per il pomodoro da industria in base alla varietà il prezzo oscilla dai quattro ai dieci euro a seminiera di 228 piante.
A conclusione dell’intervista il sig. Biagio Ferrero ha illustrato un loro futuro progetto: introdurre nell’azienda il Floating System per la coltura delle insalate e delle erbe officinali. Questo sistema di coltura non utilizza come strato di coltivazione il terreno, ormai pieno di marcescenze e sostanze nocive per l’uomo, si serve, invece di vasche della profondità massima di cm 30, ricolme di acqua e soluzione nutritiva di sali minerali.