San Giovanni Rotondo: 20 settembre 1918, Venerdì mattina, dopo la messa, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, mentre è assorto nella preghiera, padre Pio da Pietrelcina riceve nel suo corpo le Stigmate della Passione di Cristo.
Meraviglioso e visibile, quel dono diventa notizia; la stampa divulga la "cosa". Nasce il fenomeno del "frate santo del Gargano". Al Convento di San Giovanni Rotondo, ove il frate di Pietrelcina è di famiglia dall'anno 1916, iniziano ad affluire pellegrini che diventano folle. Oltre alle "voci" garganiche, alla Congregazione del Sant'Uffizio, l'ex Inquisizione, giungono lettere dai contenuti contraddittori: alcune accusano il frate di essersi procurate le stigmate con acido fenico e veratrina, altre esaltano la pura santità del cappuccino Francesco Forgione.
Per Padre Pio, amatissimo, invocato da devoti e miscredenti attestati in ogni dove del mondo, inizia un calvario terreno lungo e severo fatto di ostilità, diffidenze... che arrivano anche dai suoi stessi confratelli e dalla Chiesa di Roma.
Il 14 giugno 1921, alla porta battitora del Convento di San Giovanni Rotondo, terzo della provincia di Sant'Angelo per antichità di fondazione (1538), bussa un frate dell'ordine dei Carmelitani Scalzi, Raffaeflo Carlo Rossi (1876 - 1948), Vescovo di Volterra. Per mandato del Sant'Uffizio egli deve inquisire, con il massimo riserbo, il frate stigmatizzato. Allo scopo, dal 14 al 21 giugno 1921, il vescovo inquisitore interroga, verbalizzandone e secretandone rigorosamente ogni loro dire, Giuseppe Prencipe, parroco di San Giovanni Rotondo; Domenico Palladino, economo della stessa parrocchia garganica; padre Pietro da Ischitella (Domenico Paradiso), Provinciale dei Minori Cappuccini di Sant'Angelo in carica dal 5 luglio 1919; padre Lorenzo da San Marco in Lamis (Nicola Ciavarella), Guardiano del Convento di San Giovanni Rotondo dal novembre 1919; padre Pio da Pietrelcina. E per un'indagine a tutto campo e senza pregiudizi, Monsignor Rossi (nel 1930 elevato alla dignità cardinalizia) interroga (se necessario, lo fa più volte) anche i frati della comunità religiosa presso cui Padre Pio vive: Ignazio da Jelsi (Salvatore Testa), Romolo da San Marco in Lamis (Michele Pennisi), Lodovico da San Giovanni Rotondo (Giovanni Miglionico), Cherubino da San Marco in Lamis (Ciro Martino) e Luigi da Serracapriola. Il frate serrano, interrogato dal Vescovo Rossi la mattina del 17 giugno 1921, ore 8.00, viene "riascoltato" anche il 19 giugno (ore 8.00).
Di seguito, la prima deposizione resa dal cappuccino serrano (17 giugno 1921), integralmente tratta da Francesco Castelli (Prefazione di Vittorio Messori), Padre Pio sotto inchiesta. L'«autobiografia» segreta. Edizioni Ares 2008. Seconda Edizione. (Pagine da 191 a 196).
Prima Deposizione del P. Luigi da Serra Capriola Cappuccino
<<Davanti a me infrascritto Visitatore Apostolico, nel Convento di S. Giovanni Rotondo dei Minori Cappuccini, è comparso, chiamato il M.R.P. Luigi da Serra Capriola, il quale, prestato giuramento de veritate dicenda al tocco dei SS. Evangeli, così depone ed espone:
Interr. Delle sue generalità.
Risp. Mi chiamo P. Luigi da Serra
Capriola, Sacerdote Cappuccino, fu
Francesco, al secolo Nicola Consalvo,
di anni 45, dimorante in questo Convento dal Settembre 1919,- però cero stato un anno e mezzo circa cinque anni fa, al principio della guerra.
Interr. Sul conto del P. Pio da Pietrelcina.
Risp. Io insegno dal 1919; lebbi discepolo per pochissimo tempo; lo vidi qualche altra volta di passaggio, in qualche Convento di studio. Ricordo che parecchie cose piuttosto prodigiose si dicevano di lui: che a Venafro andava in estasi, che una volta avrebbe scritto una lettera in greco, senza conoscere questa lingua, mentre egli, indirettamente, potendo, avrebbe fatto capire un giorno che questa lingua l'aveva dimenticata: dunque, prima qualche cosa ne doveva sapere; che a Foggia si sentivano molti rumori, mentre egli se ne stava nella sua cella, e li sentirono anche i frati tutte cose da me sentite dire.
A Foggia egli era ammalato e non dato al ministero; alla vita più attiva, funzioni ecc. si è dato qui. Certo, fama comune era che P Pio è stato sempre un buonissimo religioso, e i compagni raccontano che quand'era studente spesso lo trovavano piangente. A i fatti <<prodigiosi» la maggior parte dei Religiosi prestavano poca fede, eccettuati tre o quattro che raccontavano queste cose (P. Benedetto, p.e.). P Benedetto è il Direttore: gli scrive e noi supponiamo che alcune lettere stampate da detto Padre nel libretto Ai desolati di spirito sieno lettere scritte a P. Pio. Dicono pure che P. Benedetto tiene tutte le note per scrivere la vita del P. Pio. Venuto io qui di Pasqua 1915, poco dopo venne P. Pio, per le premure di P. Paolino Guardiano, più che per cambiamento d'aria, e qui rimase trovandosi meglio. Allora non aveva la confessione; gliela dette lArcivescovo quando cominciò a diffondersi la fama di fatti prodigiosi. Venuto qui con questa fama, devote venivano per consigli spirituali (non confessava ancora): quello che io ho veduto che in quel tempo di tanto in tanto si ammalava e sudava in modo straordinario, tanto che erano costretti a cambiargli la biancheria. P. Paolino diceva che anche allora il termometro saliva sopra 40°: ed io attribuivo ciò a disposizione naturale, mentre P. Paolino me lo presentava come fenomeno soprannaturale. Cose straordinarie non ci furono allora. Si racconta che si ruppero anche i termometri più volte; me lo hanno detto. Poi io fui chiamato al servizio militare e nel frattempo, anzi prima, fu chiamato pure P. Pio.
Tornato io dopo il servizio militare in altri Conventi, seppi dai giornali le notizie che si diffondevano riguardo a P Pio (i fatti del gobbo ecc., della sua vita, del mangiare, delle apparizioni di lui ecc): poi venni a S. Giovanni Rotondo quando continuava ancora laffluenza di gente che aveva avuto il colmo nel Giugno, Luglio, Agosto 1919. Però di straordinario, di guarigioni ecc. io nulla vidi, e a quanto mi consta, nulla è successo, almeno sul posto. Antecedentemente si era detto del Cancelliere della Pretura di S. Giovanni che aveva ottenuto guarigione di un piede - era caduto dalla scala -, ma pare che da lui stesso il caso sia stato messo in dubbio. Si diceva pure di uno storpio di S. Giovanni Rotondo che avrebbe camminato senza bastone: io ebbi la notizia dal P. Paolino mentrero a Venafro; quando venni qua rividi questo storpio che conoscevo prima e camminava con due bastoni: adesso va con uno, ma è storpio come prima: solo che invece di appoggiarsi a due bastoni si appoggia ad uno. Notai che cera una specie di frenesia in tutti, molta esagerazione, ma quando venni qui non riscontrai proprio esattamente tutto quello che si diceva.
Trovai pure che P. Pio celebrava dopo aver confessato moltissimo, verso le 11,1/2; questa Messa era considerata come solenne, il popolo aspettava con molto concorso, i sacerdoti presenti, forestieri, si reputavano ad onore servire. La Messa in cotta ecc. Questo pian piano labbiamo abolito. La Messa era sempre accompagnata coll'organo, mi pare che fosse quasi sempre in canto, fu dovuto cambiare anche lorario della scuola. Ma si suonava anche se Messe lette. Ora no, solo la Domenica canta. Insomma, c'era molto apparato esteriore.
Quanto a P Pio non diceva né si, né no: lasciava fare. Semplicità, sempre impassibile, a qualunque onore ecc. Non abbiamo veduto sia mai uscito dalla sua semplicità.
In quanto alle stimmate. Io non ho avuto occasione che di vedere quelle delle mani; all'altare, ministrando da Diacono: non ho osato di domandar mai di vederle accuratamente. E sono stato presente quando le vide un medico militare che venne per visitarlo e vedere se come tubercolotico doveva avere la pensione. Così quando altri visitatori le hanno vedute. In quanto al resto so da quanto hanno detto medici che lo hanno visitato.
Quanto al profumo posso attestare di averlo sperimentato pur io, sia nella stanza e molte volte passando per il corridore, vicino a lui, e nella stanza dove sto io e dove egli dormi alcune sere, nel tempo che facevano il pavimento nuovo alla sua, e dove lasciò un pannolino bagnato di sangue. Dal berrettino pure e dai guanti ho inteso il profumo. Non saprei spiegare la natura di questo profumo.
Interr. Sull'origine delle stimmate.
Risp. Non si sa con precisione. Dicono sieno avvenute in venerdi 20 Settembre 1918, in Coro, davanti ad un crocifisso che ora sta in libreria. Le prime ad accorgersene furono alcune devote che frequentavano la chiesa, e poi P Paolino.
Interr. Quello che pensi di dette stimmate.
Risp. Come fatto soprannaturale non lo saprei attestare, avendo inteso che si possono dare stimmate di altra natura e che ci sono stati molti stimmatizzati. Credo che sia uno dei segni di santità, ma non lunico e decisivo, e che occorre sia unito con altri, con tutto il complesso della vita dello stimmatizzato.
Interr. E allora che pensi a riguardo circa P. Pio? Ci sono gli altri segni?
Risp. In quanto alla vita non ho niente da dire; di straordinario, di vita straordinaria, non ci vedo nulla esternamente. Una vita alla buona, comune, ordinaria. La sera si trattiene più a lungo in Coro o in Chiesa, mentre noi stiamo a cena; è attento, più degli altri.
Interr. Sulla pratica delle virtù religiose.
Risp. Non saprei attestare nulla di straordinario o di eroico; tutto comune come nel resto. Credo sia stato sempre trattato con una specie di riguardo. Non potrei dire che esternamente ci sieno stati atti non virtuosi.
Qui il teste nota che P. Pio parlando con altri sembra dire qualche cosa in particolare, saranno giaculatorie, v'è chi
dice che parla coll'Angelo Custode...
Interr. Su quanto si dice del poco cibarsi del P. Pio.
Risp. Prima, quando a mezzogiorno mangiava con noi, vedevo che non mangiava molto, ma insomma mangiava: ora mangia coi Collegiali e quindi non so. Allora mangiava taglierini, verdura con olio, patate con olio, latticini, qualche piccolo pezzetto di pane di Spagna che gli facevano le devote, e specialmente frutta. La sera, pur lo stesso, ma molto meno. Ora la sera non va nemmeno coi Collegiali: non scende; prende qualche cosa, cambiando sempre: sardine; poi aveva cominciato a prendere una tazza di cioccolata, e frutta quando ci sono. Beve birra. E parecchie sere non prende niente.
Interr. Sull'uso di medicine.
Risp. Pillole, chinino ecc. e anche alle mani par che abbia usato tintura di iodio.
Qui il teste dice che P. Pio fu gravemente ammalato per l'Immacolata del 1919 e il 5 Maggio 1920 e allora credevamo morisse; si era diffusa la voce che dovesse morire a 33 anni, quanti allora ne compiva. Guarì e si rimise. Dicevano che per le feste solenni doveva ammalarsi: le devote dicevano che soffriva per qualche peccatore.
Tutte queste lette e approvate, il P. Luigi fu dimesso, previo il giuramento de secreto servando che prestò al tocco dei SS. Evangeli e in conferma di tutto si sottoscrisse.
P. Luigi da Serra Capriola, Cappuccino
Acta sunt haec per me,
Visitatorem Apostolicum
L. S. Fr. Rapahel C., Episc.
Volaterr. Visit. Apost.
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