A breve distanza dalla cittadina di Serracapriola, nella Capitanata,
e propriamente accanto alla strada che porta allo scalo ferroviario, sorge
sopra un piccolo colle, mistico, solenne, il convento dei Padri Cappuccini.
Dalla sua.loggia - che guarda ad oriente - si gode un panorama incantevole,
si scorgono i monti del Gargano, la vasta pianura di S. Severo, popolata
di vigneti, di mandorli e di ulivi, il lago di Lesina, l'isola di Tremiti,
che ride nelle acque dell'Adriatico nostro.
E' lontano dal mare circa 13 chilometri.
Fu fondato, nel 1531 dalla Signora Antonicca o Antonia del Balzo, principessa
di Molfetta e padrona di Serracaprlola. Quest'anima generosa lasciò
anche a Molfetta, monumenti di fede e di pietà; fu grande appassionata
del bello e specialmente delle lettere.
A lei dedicò "L'Oronte gigante" Antonlno Lessio, poeta
Salentino. Il lavoro è uno dei più rari, fra i libri di cavalleria,
stampato a Venezia nel 1531. (Cfr. Benedetto Croce - Aneddoti di varia letteratura - Napoli 1943 - Volume I° pp. 141-153.)
La suddetta nobildonna, vedendo un giorno per le strade di Serra i questuanti
cappuccini del convento di Larino, vestiti di rozzo saio, scalzi, con gli
occhi bassi, rimase profondamente ammirata della lora pietà, della
loro modestia, e ben presto, col permesso di Mons. Sardato, Vescovo di Larino,
fece edificare per i Padri Cappuccini il convento di cui parliamo.
Sul principio era molto piccolo: vi potevano abitare appena sei o sette
religiosi, ma poi fu ampliato e destinato a luogo di noviziato. Più
volte fu anche luogo di studio dei religiosi.
Fra le mura passarono come visioni di paradiso vari frati di santa vita,
i quali rifulsero per il loro apostolato di bene, per il loro amore gigante
verso Dio. I più conosciuti sono: P.Urbano da Manfredonia, P. Crisostomo
da Guglionesi, e specialmente P. Matteo da Agnone, vero eroe di santità,
il quale dorme il sonno dei giusti in Chiesa accanto all'Altare maggiore.
Fu chiuso questo nostro convento, durante l'iniqua soppressione del l866
e riaperto neI 1880 dal P. Mariano di S. Nicandro Garganico dopo che ebbe
predicato tra i serrani, con grande successo, la quaresima.
Mentre i frati furono assenti, addivenne una casa colonica; le sue porte
erano spalancate a tutti i pastori dell'Abruzzo, che con grandi schiere
di armenti vi entravano di notte e di giorno, e anche l'orto era a loro
disposizione. Che dire poi della Chiesa? Senza vigilanza in breve tempo
comparve brutta, lurida, desolata: il culto venne a mancare, e solo di tanto
in tanto celebrava all'altare della Madonna il pio Sacerdote D.Francesco
Finizio. Queste notizie le obbiamo apprese dalla Signora Raffaella Di
Marzio, novantenne e da Signor De Tolis Giulio di 85 anni.
Attualmente il convento ha trenta celle, vari locali sottostanti, un
chiostro non molto grande, un discreto cortile con la tradizionale cisterna
francescana.
Degna di menzione è la biblioleca, ricca di 3500 volumi, tra
cui non mancano ottime opere scritturistiche, patristiche, storiche, letterarie.
Sulla porta del refettorio, nella parte interna vi è un quadro,
da pochi conosciuto, di grande valore artistico, di autore ignoto. Rappresenta
la Vergine che guarda e adora il Bambino: ha a destra S. Giovanni Battista
e a sinistra Santa Caterina di Alessandria vergine e martire. E' lavoro
del 1777. Un altro quadro artistico è quello del Redentore in atto
di cadere sotto la croce. Trovasi a destra di chi entra in sagrestia dalla
porta del chiostro. È logoro, consumato dal tempo in alcuni punti;
però è bello espressivo, lo sguardo di Gesù ha un fascino
di amore e di dolore infinito.
L' orto del convento è di circa due ettari e mezzo: il più
grande dei conventi della monastica provincia di S. Angelo.
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