I ruderi e i luoghi di alcune terre che si vedono nel corpo della montagna,
come pure nelle falde, fanno ritenere per certo quello che la tradizione
narra.
Alle falde di S. Angelo, vi sono contrade denominate "San Chierico"
e "Castello Pagano", dove si notano luoghi cavernosi e case abbandonate
a causa della presenza di serpenti e basilischi in grandissima quantità
che, a volte a secondo delle condizioni atmosferiche o per altre cause si
spostano, in massa, da un luogo all'altro.
Fra Salvatore da Cagnano, laico, camminando per la campagna del suo paese
ubicato su detta montagna, ai piedi della quale vi è un lago di circa
50 kmq., sul tardi, vide una moltitudine di serpi che si dirigevano verso
il lago. Fra Salvatore, vistosi circondato e in grave pericolo, invocò
San Francesco, facendo voto di farsi frate, se per sua intercessione, fosse
liberato da tale pericolo. Fra Salvatore. salvatosi per intercessione del
Santo, si fece frate. Indossato il saio, dopo alcuni mesi, atterrito dal
rigore della vita monastica e assalito da una violenta tentazione chiese,
più volte, al suo Maestro, Padre Francesco da Vico, di abbandonare
il saio e di indossare gli abiti secolari.
Padre Francesco, vedendolo, una volta per tutte, convinto di andarsene
e non avendo più alcun motivo per trattenerlo, mentre stava per lasciare
il convento, lo chiamò nella sua cella e, soffiandogli tre volte
nell'orecchio, gli disse che prima di lasciare l'Ordine Monastico, recitasse
con lui, in Chiesa, dinanzi al Crocifisso, cinque Pater Noster e cinque
Ave Maria. Fra Salvatore ubbidì.
Mentre ambedue, prostrati dinanzi al Crocifisso, pregavano videro sprigionarsi
dalle Piaghe cinque raggi di uno splendore indicibile e irradiare la Cappella.
Fra Salvatore atterrito e stupefatto da questo Miracolo, vinse la tentazione
e rimase nell'Ordine dei frati Cappuccini. Padre Francesco, testimone di
questo avvenimento, rese, con ardore grazie a DIO.
Dopo molti anni dalla sua professione, fu colpito da una grave malattia
e, meditando sul suo passato riconobbe di non aver fatto le penitenze conformi
alla sua vocazione e rammaricandosi del tempo trascorso male, piangeva ininterrottamente.
Riacquistata la salute, iniziò, con nuovo fervore di spirito alla
vita della perfezione, castigando il corpo con continue penitenze corporali;
zappando molte volte, dalla mattina alla sera, nel giardino del Signore,
per mortificare la sua carne; dormendo sulle rude tavole, con un legno per
cuscino o su un fascio di sarmenti per mantenersi sveglio durante la notte,
così, il Santo Esercizio della preghiera.
Ciò che desta meraviglia è che soffriva di atroci dolori
addominali e renali, quando, in buona salute, calzava i sandali, ma, nel
momento in cui decise di andare totalmente scalzo, per amor di Dio, non
ebbe più dolori.
Avendogli chiesto, per quale motivo, andava scalzo, considerato che non
era sano e di robusta costituzione, rispose che vista la gagliardezza della
sua indole inclinata all'insofferenza, per vincerla si era prefisso di andare
scalzo, cosicché, con tale sofferenza, poteva ricordarsi spesso della
sua imperfezione e quindi vincerla e sradicarla. In effetti riuscì
a sradicare tale imperfezione.
Il duca di Rodi, venuto a conoscenza di questo difetto di Fra Salvatore,
un giorno, lo riprese rimproverandolo in un certo senso. Il Frate, buttandosi
ai piedi del duca, in segno di perfetta umiltà, lo ringraziò
con grande affetto di cuore e disse: "Riconosco il vostro affetto nei
miei riguardi e vi ringrazio per avermi illuminato su cosa devo correggermi.
Sappiate però, che sono pieno di tante imperfezioni e difetti che
questo, in confronto agli altri miei peccati, è nulla. Offendo tanto
il mio Signore e Creatore che merito mille inferni". Il duca, meravigliato
e colpito da tanta umiltà, volle tenere, per sua consolazione, questo
buon frate, in Rodi per molti anni.
Per motivi di questua, una volta, andando a S. Nicandro Garganico, insieme
ad un confratello, trovò dimora in casa di un benefattore chiamato
Morante che soffriva, come pure la moglie, del "male francese".
Dopo aver lavati, secondo l'usanza, i piedi di Fra Salvatore, decisero,
marito e moglie, per la devozione che portavano al frate, di lavarsi con
quell'acqua sporca.
Lo fecero con tanta fede che, ambedue, guarirono da quel male incurabile.
Questo buon frate mentre andava alla questua. arrivando in una casa dove
erano due sorelle o cognate, una di esse, sentendolo arrivare si mise a
letto e chiamò fra Salvatore.
Entrato nella stanza della donna, con semplicità chiese che cosa
avesse. La donna rispose di stare ai suoi comandi e presolo per mano, aggiunse
di essersi messa a letto, per servirlo. Con atti osceni, l'eccitava ai piaceri
carnali. Ma fra Salvatore, cacciandosi la disciplina, con volto sdegnato,
si percosse severamente, e, con destrezza, uscì fuori. Parimenti
una vedova, invitandolo a scendere in cantina, per riempire un fiasco, andava
nascondendosi dietro la botte vicino ad un luogo comodo: ad un certo punto,
il frate chiese cosa facesse e perché non riempiva il fiasco, la
vedova lo invitò ad andare da lei per sollecitarlo al peccato della
libidine. Con dolcezza, fra Salvatore la riprese e la esortò a non
offendere Dio. Questo frate, per custodire la propria castità, oltre
che percuotersi con funi, ogni notte, faceva anche le quaresime simili a
quelle del padre S. Francesco.
Ne fece alcune con molta austerità, cibandosi con solo acqua e
sale oppure con insalata cruda. Molti giorni della settimana mangiava a
terra e stava con i novizi; nei giorni consueti si disciplinava con loro
in refettorio.
Una volta fu tentato di mangiare un poco di formaggio. Trasportato dai
sensi dopo che l'ebbe mangiato, in segno di mortificazione mangiò
un pezzo di "calcina".
A Vico, i genitori di una pura giovinetta di 19 anni, promessa e non
ancora arrivata all'età di marito, cercavano di ritardare la celebrazione
del matrimonio.
Parlando a questa giovinetta, una donna le chiese se sapeva come comportarsi
col futuro sposo. La giovinetta le disse di no e aggiunse "Io lo voglio
imparare". Per cui per nove mesi, peccò con essa. Il servo di
Dio, parlando con questa ed altre donne, della gravità del peccato
e la necessità di confessarsi santamente per ricevere degnamente
le grazie del Giubileo, la convinse a levarsi dal peccato ed a confessarsi.
Ad Ischitella, dopo aver liberato un ossesso, messosi in cammino, per
strada gli apparve il demonio che con improperi disse: "Smettila di
essermi contrario! Farò in modo di vendicarmi di te". Fra Salvatore,
con un semplice segno di Croce, lo scacciò. Finalmente ammalandosi;
all'inizio della malattia, esclamò: "questa è l'ultima
infermità della vita mia". Ed in quella rese la sua anima al
Creatore. Ma prima che morisse, stette per 24 ore, con gli occhi pieni di
lacrime, fissi continuamente al Crocifisso che teneva tra le mani.
|