Il corpo era intero
Divulgatasi la notizia della morte di fra Matteo per la Serra, concorsero
tutti, "uomini e donne, piccioli e grandi" al convento "a
riverire e venerare il suo corpo", succedendo vicendevolmente gli uni
agli altri nel celebrargli il funerale: incominciarono prima i confratelli
della Congregazione a recitargli l'Officio dei morti: indi il Clero di San
Mercurio, poi quello di Santa Maria gli fece l'esequie con la Messa cantata;
ed infine i frati con le solite cerimonie l'accompagnarono alla sepoltura:
"nel qual mentre fu portata una cassa di legno, fatta fabbricare dalla
Comunità della Terra con istanza del Magistrato, che vi fosse collocato
il cadavere, come si fece; né partì il popolo di chiesa, che
prima non gli baciasse le mani divotamente e i piedi; e molti divoti si
fecero dare dai Frati dei pezzetti dell'abito per conservarli come reliquie"
(o.c., n. 115).
Sei mesi dopo il felice transito di fra Matteo, i padri Simeone da Orsara
e Girolamo dalla Serra e fra Raffaele da Agnone, "curiosi di vederlo",
si risolvero di mezzo giorno, in tempo di silenzio di aprire la sepoltura:
"calativi dentro tutti tre, schiodarono la cassa e trovarono quel benedetto
corpo del tutto intero, con la bocca alquanto aperta e la lingua così
rubiconda e vivace, come se allora solamente avesse spirata l'anima".
Ripieni di "indicibile consolazione", lo baciarono riverentemente;
e l'uno di essi, "ch'era agitato fortemente da stimoli sensuali, presosi
un pelo della di lui barba, e postolo sul petto, restò libero da
questi ardori libidinosi".
Tre anni dopo circa il 1619, padre Girolamo da Napoli, guardiano del
convento e maestro dei novizi, si calò nella sepoltura e, aprendo
l'arca, "vide che il corpo era intero, eccetto la faccia alquanto offesa,
e sentì che rendeva un soavissimo odore. L' andò tutto palpando,
e dopo avergli baciate le mani, uscì dal sepolcro ripieno di contentezza
spirituale; e fu cosa di gran meraviglia, che gli restò addosso una
fragranza di Paradiso, che durò lungo tempo, e lo tirava fuor di
se stesso" (o.c., n. 117).
Vide con gli occhi corporei
Intorno allo stesso tempo, trovandosi nel noviziato di Serracapriola
fra Antonio da Castagna, laico, "vecchio di vita esemplare e commendabile",
vide "con gli occhi corporei" che fra Matteo stava al suo luogo
nel coro, salmeggiando insieme con gli altri, "con voce angelica, anzi
che umana".
Fra Antonio, stimando che tutti quelli ch' erano in coro lo vedessero
anch'essi, restò grandemente meravigliato, quando col parlar coi
frati, s'accorse d'averlo visto lui solo (o.c., n. 117).
Pecorella perduta e ritrovata
Nel medesimo anno 1619, Antonella di Maronza, vedova della Terra di Agnone,
avendo mandato alcune sue pecorelle in Puglia in compagnia di altre, sotto
la custodia di un suo cognato, fratello del marito morto, nel ritorno ad
Agnone vennero tutte a salvamento, eccetto una sua, che si smarrì
per la strada. Ciò inteso, la semplice donnicciuola, inginocchiatasi,
alzò la voce dicendo: "Fra Matteo mio, che tanto mi consolaste
quando eravate vivo, vi prego a volermi consolare anche ora, che siete morto,
per aver raccomandata la pecorella mia perduta".
Ma per quanto diligenza usasse, non le fu possibile tutto quell' anno
di ritrovarla, ne avvenne alcuna notizia dai paesani, che venivano dalla
Puglia con le loro greggi. L'anno però seguente 1620 nel ritorno
delle pecore alla montagna, vider nel mezzo di esse quella che aveva smarrita,
con tutta la lana addosso e una agnelletta appresso, né si poteva
sapere il come, né il donde fosse venuta. Onde, stupita, l'Antonella
rendette affettuose grazie a Dio, che per i meriti del suo Servo con modo
tanto meraviglioso aveva custodita e fatta ritornare alla greggia insieme
col parto dell'agnellina (o.c., n. 118).
Una scala calata dal Cielo
La signora Ginevra Buca, moglie del signor dottore Giovanni Battista
Gagliarducci di Agnone, attesta come l' anno 1622, avendo partorita una
figliuola, alcuni mesi dopo, per travaglio d'animo in lei cagionato da vari
sinistri accidenti, per alquanti giorni mangiò così poco,
che venne a perdere il latte con cui nutriva la creatura. Temendo, per ciò,
che non ne patisse la creaturina notabilmente, una sera prima di mettersi
a letto, la raccomandò a Dio, pregandolo che per i meriti di fra
Matteo si degnasse di mantenerla per quella notte.
Essendosi, poi, posta a dormire, le parve di ritrovarsi in una bellissima
chiesa, "dentro di cui calasse dal Cielo una scala e che per essa scendesse
un Frate in abito di Cappuccino, con le mani ed i piedi impiagati, da lei
stimato il padre san Francesco suo molto devoto, che nell'ultimo grado fu
incontrato da due altri Cappuccini, l'uno dei quali portava nelle mani una
scatolina e l'altro una caraffina di licore come di vino. Dicendo appresso
il Serafico Padre a quei due, che consolassero l'afflitta donna e la soccorressero
pietosamente".
Alla signora Ginevra sembrò che se le accostasse quegli che aveva
la scatolina e la interrogasse con dirle: "Conoscete voi, ch'io mi
sia? Io sono fra Matteo d'Agnone a cui vi raccomandaste ieri mattina. State
allegramente, figliola, e confidate in Dio che otterrete quanto desiderate".
Ciò dicendo - asserisce la signora Ginevra - fra Matteo le pose
in bocca uno di quei confetti e le diede a bere un sorso di quel licore,
che teneva nelle mani il compagno: onde tutta si sentì ricreata.
Sparendo nel mentre la visione, risvegliatasi ella si ritrovò
con le poppe non solo piene di latte, "ma che stillavano per il petto
in guisa, che bagnarono gran parte della camicia".
Così, piena d'allegrezza, la signora Ginevra destò il marito
e, raccontatagli la visione, lo assicurò della grazia ricevuta per
i meriti di fra Matteo. E non solamente poté allattare quella notte
la creatura, ma per l' avvenire ancora, non mancandole mai il latte, sin
tanto che la bambina non fu in essere di non né aver più bisogno.
Cagionò questo fatto gran meraviglia a tutta la Terra, per cui
si sparse la fama di un tanto prodigio a gloria di Dio e del suo Servo Matteo
(o.c., n. 119).
Padre Matteo D'Agnone: robusta figura di un Cappuccino della generazione
immediatamente successiva alla fondazione dell'Ordine e della piena fioritura
della provincia di Sant'Angelo (Foggia), la quale già nel 1599 contava
164 religiosi cappuccini.
continua
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