"Un Cappuccino completo"
Lo definisce Crispino Di Flumeri nella presentazione dei "Cenni
biografici" del Servo di Dio: esemplare personalità cappuccina,
dalle caratteristiche poliedriche e plastiche, "plasmata al riverbero
dell'originario impulso riformatore; uomo di preghiera e di austerità,
con solida cultura che gli consente, ad un tempo, di poter predicare in
modo efficace la parola di Dio, di insegnare con competenza discipline filosofiche
e teologiche e di esprimere con fermezza il suo personale pensiero su alcuni
problemi; uomo di 'governo' e nello stesso tempo educatore di una giovane
provincia religiosa: uomo del popolo per scelta consapevole anche di fronte
ad alternative più prestigiose. Si direbbe un Cappuccino completo,
il padre Matteo d'Agnone, che riassume in se tutte le potenzialità
di cui può essere capace un Cappuccino".
Scorrendo le pagine dei cronisti, non sarà difficile giustificare
il loro giudizio sul Servo di Dio: "fu uno dei soggetti più
qualificati che furono nella Religione [cappuccina] a suo tempo". ,
"splendore della nostra Provincia".
Padre Matteo: dotto, scrittore, predicatore e santo uomo cappuccino.
Dotto
I doni di intelligenza e volontà di cui Prospero - il futuro Padre
Matteo - era ricco, "erano segni evidenti di un impaziente futuro che
voleva divenir presente": modesto e di "bellissimo ingegno".
I genitori, lusingati dall'ottimo risultato negli studi, iscrivono il
figlio all'università di Napoli per laurearsi in filosofia e medicina.
I progetti dei signori Lolli "caddero come foglie secche in autunno",
quando il figlio manifestò di voler vestire la "tonaca cappuccina".
Quale "chierico di buon talento", fu mandato a Bologna ed il
padre lettore (cioè insegnante) si accorse subito di trovarsi dinanzi
"ad una intelligenza profonda e ricca di alta spiritualità".
Terminati gli studi teologici, conseguito il dottorato, Padre Matteo
torna nella sua provincia religiosa di origine e nel 1596 ha l'incarico
di lettore (cioè insegnante) di logica.
Il valore pedagogico del suo insegnamento non lasciava possibilità
ad incertezze. Alla santità della vita "quest'uomo di Paradiso"
congiungeva una soda dottrina filosofica e teologica ed i superiori non
esitarono a dargli l'incarico di "Lettore" di teologia agli studenti
cappuccini.
Il suo metodo didattico era scheletrico, parole semplici, capito da tutti,
dotato di profonda dottrina: "era di intelletto perspicace, aveva gran
dono di natura nel comunicare le più difficili questioni con meravigliosa
facilità e chiarezza: onde da tutti era capito e senza difficoltà
appreso". E la sua dottrina e chiarezza di esposizione era "la
maggiore che fra i dottori si ritrovava".
Scrittore
I frati Cappuccini si preoccupavano "più di fare che di scrivere".
Così si comportava anche Padre Matteo e, per nostra disgrazia, non
sono pervenuti sino a noi neppure tutti i suoi manoscritti. Il breve manoscritto:
Quarantacinque motivi spirituali divisi con ordine per tutti i giorni
della settimana, che Padre Matteo stese per uso dei novizi cappuccini
e che aveva lo scopo di "sollevare il cuore dalla terra al Cielo",
si è smarrito. Dai cronisti del tempo sappiamo che il contenuto di
tale scritto verteva su questi temi: esame di coscienza, confessarsi bene,
orazione mentale, come vincere le passioni, compostezza religiosa. La stessa
sorte ha subito l'altro scritto: Proteste per l'ora della morte,
indirizzato principalmente ai suoi novizi, ma che se ne servivano tutti
i religiosi della provincia, per essere "affettuose e divote".
Peccato che questi "fiori della sua spiritualità non siano
arrivati a noi, subendo la sorte di tanti altri suoi scritti [...]. Quei
beati pensieri avrebbero certamente costituito un prezioso cimelio del Padre
maestro Matteo. Avrebbero detto anche a noi la parola che veniva pronunziata
quando il convento era spoglio e freddo, la mensa povera, il saio ruvido,
dando vita più forte, anche a distanza di secoli, a quella tradizione
spirituale che forma l'ossatura della pedagogia francescana e cappuccina".
Recentemente sono stati pubblicati i Pensieri, scelti tra
gli scritti del Servo di Dio e presentati con "profonda soddisfazione"
dal padre provinciale Mariano Di Vito: "le perle più splendide
sono proprio quelle in cui p. Matteo contempla, illustra ed appassionatamente
presenta Gesù ed il mistero di gloria e d'amore della Sua Croce [...]".
"La centralità sostanziale della persona di Gesù
e l'amorosa contemplazione del Crocifisso, tipici elementi della teologia
e della spiritualità francescana, sono come il filo rosso di tutta
la raccolta [...]".
"Nei pensieri 'morali' colpisce la positività e la propositività
del suo argomentare: il peccatore è invitato, spinto a guardare ed
innamorarsi del bene, piuttosto che 'impaurito' dalle fiamme dell'inferno
[...]".
"La saggezza serena e concreta di p. Matteo, maestro di spirito,
appare in tutti i testi che riguardano i vizi e le virtù, dove [...]
s' intravede il suo personale itinerario spirituale, solido e sereno al
tempo stesso. Illuminante è la riflessione - non sarebbe fuori luogo
chiamarla 'ammonizione' - sulla preghiera: '... l'orazione non consiste
in molto tempo, in molte parole, in un groviglio di mente... Pregare con
sdegno nel cuore è come medicare la ferita lasciando dentro il ferro".
Predicatore
Padre Matteo dai Notamenti di padre Gabriele da Cerignola
è presentato come il più rinomato dei predicatori della provincia
di Sant'Angelo (Foggia). Di lui si rileva la chiarezza cristallina, facilità
d'esposizione ed il grande fervore spirituale.
Tuttavia - fa rilevare il curatore delle fonti cappuccine - "non
fu un grande predicatore itinerante, richiesto dalle varie città
d'Italia, come altri confratelli del suo tempo. Il suo apostolato, eccetto
una parentesi iniziale nel territorio bolognese, si racchiuse prevalentemente
nei confini della sua provincia [...]. Eppure la sua testimonianza non è
priva d'interesse".
E poiché non è raro che gli antichi predicatori cappuccini
abbiano appuntato sui loro scartafacci e manoscritti alcune note autobiografiche,
soprattutto per indicare gli anni ed i luoghi della loro predicazione, così
ha fatto anche padre Matteo in una Nota delli luoghi nelli quali ho
predicato io fra Matteo di Agnone, capucino inutile, l'avvento e la quadragesima".
La raccolta del materiale predicabile di padre Matteo è contenuta
in un manoscritto dal titolo. Fasciculus Myrrae..., datato
1594.
Compilazione con intento pastorale: muovere gli animi degli ascoltanti
ad accogliere la grazia di Cristo nella conversione e nel sacramento della
confessione per celebrare una degna Pasqua. Frutto di letture di autori
spirituali, santi padri, dottori, scrittori e mistici medioevali e moderni
e di meditazione personale.
Il biografo del Servo di Dio, sfogliando l'unico manoscritto di padre
Matteo a noi pervenuto, vi scorge il suo pensiero teologico fondato su una
"profonda conoscenza" della Bibbia, da cui ricava "il suo
Cristocentrismo". E inoltre la scuola francescana, che "per essere
cristocentrica è conseguentemente mariana", può annoverare
tra i suoi migliori discepoli il p. Matteo.
Lo possiamo definire "il difensore della Madonna Assunta. Egli ne
ha sempre parlato come di un fatto certo e come se fosse stato già
definito dalla competente autorità".
Gli elementi costitutivi della sua riuscita sono due: preghiera, accompagnata
da digiuni e scrupolosa preparazione teologica. Non predicava le verità
divine "per convenienza", ma la sua dottrina evangelica "si
identificava con il suo vivere: questo era il segreto che dava valore e
incisività al suo insegnamento".
Verso gli altari
Oltre alla curiosità dei frati di "rivedere il corpo"
di Padre Matteo, dopo appena sei mesi e dopo tre anni dal suo decesso, nel
1751 vi fu una prima ricognizione canonica.
Il 5 maggio 1751 mons. Scipione De Laurentiis, vescovo di Larino, si
recò nel convento dei Padri Cappuccini di Serracapriola, dove si
trovava sepolto il corpo di Padre Matteo, come affermavano gli anziani.
A porte chiuse, alla presenza di alcuni personaggi del clero, "fu esumato
il predetto cadavere, vicino al quale fu trovato un vecchio mattone, rotto
da un lato con la seguente inscrizione: "Qui giace il corpo di Matteo,
Agnonese, Predicatore".
Le ossa, poste in una cassetta di cipresso, furono collocate "al
lato dell'epistola dell'altare maggiore, vicino alla parete".
La seconda ricognizione canonica fu eseguita 1'11 ottobre 1978. Il 3
gennaio 1978 il vescovo di S. Severo mons. Angelo Criscito, trovandosi le
ossa del Servo di Dio Padre Matteo "in luogo molto umido, decreta che
venga posto in cornu epistulae, sollevato da terra".
Con lettera personale mons. Angelo Criscito nominò i periti d'ufficio.
Avvenuta la ricognizione delle ossa, l' 11 del mese di ottobre 1978, steso
il verbale, "i resti mortali [di padre Matteo] furono sistemati in
un'urna di zinco, debitamente sigillata, avvolta a sua volta da una antica
e originaria cassetta di cipresso. Soltanto che il luogo di deposizione
[è] più alto del precedente di oltre un metro e ricoperto
da una lapide in italiano".
Qui riposano le ossa del Servo di Dio
Padre Matteo da Agnone Cappuccino
Ministro Provinciale - Profondo teologo - Potente esorcista
Assertore della Regalità di Cristo e dell'Assunzione
della Madonna
Ebbe il dono dei miracoli e delle profezie
Morì in concetto di Santità
in questo convento di Serracapriola
il 31 ottobre 1616
I Ricognizione canonica 5.5.1751
II Ricognizione canonica 11.10.1978
Il 2 aprile 1984 lo stesso vescovo di San Severo mons. Angelo Criscito
dava inizio al processo informativo diocesano, in seguito alla lettera postulatoria
del padre provinciale Pietro Tartaglia (15 dicembre 1983) per la costituzione
di una commissione di periti storici, secondo le indicazioni approvate dalla
Santa Sede.
La commissione dei periti storici è composta da mons. Giuseppe
Stoico, mons. Giovanni Giuliani, padre Cipriano De Meo e can. Giuseppe Valentino
- notaio.
Il postulatore generale dei Cappuccini nomina vicepostulatore il cappuccino
padre Cipriano De Meo; ed il 17 ottobre 1984 ha luogo la prima riunione,
nella curia vescovile di San Severo, dei periti storici e il vicepostulatore
presenta ai membri della commissione storica gli scritti del Servo di Dio,
per un accurato studio da parte dei teologi mons. Giuseppe Stoico e mons.
Giovanni Giuliani. Ma data la necessità di una trascrizione di detti
scritti, per tale lavoro fu incaricato il vicepostulatore, che terminò
il lavoro dopo cinque anni: trascrizione stilata in 13 volumi.
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