A chi odiava Cristo, lui Filopatro, legionario di Decio, testimoniò la sua fede piegando la testa sotto la mannaia di uno sconosciuto carnefice in Cesarea di Cappadocia. Per la storia era il 25 novembre del 250 d.C. Dalla sepoltura in terra d'Asia, divenuta richiamo di credenti, i resti del martire, per volere di Costante II, imperatore, furono portati in Italia, a Quintodecimo. Il principe Arechi II, genero di re Desiderio, nel 768 d.C. traslò le reliquie di Filopatro, dai commilitoni ribattezzato Mercurio, al monastero di Santa Sofia di Benevento. La "chiesa" di Serracapriola, dal suo nascere alto-medievale e fino al 1972, fu intimamente unita a quella di Benevento-Larino: il "castrum Serrae" - anche se per breve tempo fu alle dipendenze di quella potente signoria monastica che fu Santa Sofia alla quale, il 26 Maggio 1038, venne donato dall'imperatore Corrado II. Dalla duplice filiazione derivò in Serracapriola, il culto di San Mercurio che i Longobardi beneventani promossero e irradiarono laddove esercitavano la loro egemonia.
San Mercurio risulta venerato nell'omonima chiesa serrana già nel tardo 1100. Era egli, a un tempo, anche il protettore della comunità? Ascrivergli una longevità "professionale" così inossidabile è azzardato perché manca la forza delle fonti medievali. La prima testimonianza che evidenzia l'attributo del martire è datata 1597; successivi riscontri sono offerti da Giovanni Andrea Tria, vescovo di Larino (1726-1740) e da atti contabili della "università" di Serracapriola (1745-1746).
Nel passato, il santo veniva festeggiato dai serrani il 25 Novembre, giorno del "suo" sacrificio fissato nel martirologio romano. Nel Novembre 1815, il Pontefice Pio VII, accogliendo un'istanza della comunità locale ne spostò la ricorrenza festiva, con tutti i privilegi liturgici, al 25 Agosto prima e al 5 Settembre poi, data questa ancora oggi attuale. Ignoti - (non così la vox populi che sparò una raffica di peccatori e di peccati) - il 23 Novembre 1873, rubarono il mezzobusto d'argento raffigurante il martire asiatico, donato alla collegiata nel 1762 dal decano dei canonici, Carlo Samuele. L'insano atto fece esplodere la rabbia popolare e del clero locale ed affondò il culto del santo; anche i festeggiamenti relativi segnarono una battuta d'arresto. Di ciò ne beneficiò la festività di San Fortunato che, partita in sordina nel 1751, divenne, nel volgere di pochi anni, la più pomposa, la "festissima" di Serracapriola. A ripescare dall'oblio il momento festivo in onore del protettore, ci pensò l'arciprete Luigi Centuori. Caduti i venti di guerra egli, parroco di una collegiata tonificata e rinfrescata nel 1940 con corposi restauri, ebbe il coraggio di uscire dai fantasmi del passato. Con l'aiuto di pochi volenterosi "fedeli" "promosse iniziative" perché i serrani, dal settembre 1945, tornassero a venerare "con il culto e con ogni solennità, il santo patrono".