Nel sito di San Matteo-Chiantinelle (Serracapriola, Foggia sono state rinvenute - nei primi decenni del secolo scorso - due statuine fittili femminili frammentarie, che rimandano alla caratteristica iconografia neolitica della Dea Madre. Queste figurine non trovano confronti puntuali in Italia, ma richiamano moduli caratteristici dell'area egeo-balcanica e in particolare della Tessaglia neolitica, Nella stessa area di rinvenimento delle statuine sono stati localizzati due insediamenti, attribuiti dalle ceramiche rinvenute in superficie rispettivamente al Neolitico Antico, a ceramica impressa e al Neolitico Medio-Recente, con ceramiche Serra d'Alto e Diana. A queste ultime fasi possono essere attribuite anche le due statuine.
   
    Quasi al centro dell'insediamento con ceramica Serra d'Alto-Diana sono state recuperate, a seguito di lavori agricoli condotti nei primi decenni del Novecento, due statuine fittili femminili frammentarie.
    I due manufatti si trovavano a breve distanza l'uno dall'altro, in un'area circoscritta, probabilmente un fondo di capanna, intercettato c sconvolto dalle arature operate a ca. 60 cm di profondità, con conseguente dispersione in superficie di frammenti di intonaco e ceramica di facies Serra d'Alto.
   
    Statuina 1
   

    Il reperto ha un'altezza di 6,7 cm e presenta una cottura omogenea, ad eccezione di una fiammata nerastra sul gluteo sinistro (fig. 2). Le superfici, accuratamente lisciate, sono di un colore che va dal giallino al giallino-rosato e conservano piccoli lembi dell'originaria colorazione rosso-ruggine lungo il corpo e nerastra in prossimità della base.
    Gli arti inferiori sono fusi in un unico blocco, quasi cilindrico ma espanso superiormente e con base piatta a sezione circolare (diam. max. 3,5 cm). Non si evidenzia alcun indizio riferibile a possibili piedi. Le gambe sono appena modellate e la loro separazione è evidenziata da un lieve incavo lineare, che anteriormente forma una Y, molto slargata, con cui sono delimitate le gambe, le cosce ed il triangolo pubico dal vertice rivolto in basso. L'ombelico è rappresentato da una sporgenza lievemente conica.
    Le braccia sono fuse col tronco c si congiungono, al di sopra dell'addome, sul petto, che si presenta ampio e totalmente piatto, senza alcun segno che possa indiziare l'intenzione del modellatore di porre in evidenza i seni; nella parte posteriore le spalle sono distinte dal tronco da due profonde scanalature ricurve che partono dalla base delle ascelle e si prolungano fino alle anche. La sovrapposizione dei polsi è stata resa con un segmento obliquo lievemente impresso, ma non vi è alcun accenno alle mani e alle dita.
    Manca del tutto il collo e la testa, sulla cui tipologia, allo stato attuale, non è possibile fare alcuna supposizione. Osservando la frattura si può ipotizzare che la testa e il collo siano stati aggiunti quando la statuina era già confezionata, dato che il loro distacco ha lasciato intatto il supporto.
    La parte posteriore delta statuina presenta una schiena modellata a forma di parallelepipedo con prominenza delle aree scapolari e una forte steatopigia delle natiche, che si presentano come un blocco unico senza alcun segno di separazione dei glutei e terminano inferiormente ad angolo retto rispetto alle cosce.
    Il profilo della statuina, in sintesi, evidenzia una parte superiore, corrispondente al tronco, quasi piatta, mentre la parte inferiore appare molto più massiccia e nettamente volumetrica.
    Questa particolare conformazione della figurina pone il problema della sua postura, la cui interpretazione non è univoca. In funzione della sua posizione eretta possono considerarsi alcuni aspetti strutturali: la base piatta abbastanza ampia da permettere che il manufatto si tenga in equilibrio; la forma arrotondata delia parte posteriore delle gambe, che dovrebbe essere appiattita se le stesse gambe fossero state modellate per aderire ad un supporto o sedile; le ginocchia che sporgono di poco rispetto all'asse del busto, anche se di profilo le gambe vengono rappresentate piegate ad angolo retto; lo sviluppo enfatico dei glutei, che sembrano essere stati modellati per una visione a 360° e che non favorisce una posizione seduta, posizione che avrebbe invece consigliato un appiattimento della parte posteriore.
    Altri elementi, come la superficie molto piccola del triangolo pubico rispetto a quella più estesa dell'addome, la mancanza di qualsiasi indizio cli separazione dei glutei, la terminazione ad angolo retto delle natiche rispetto alle gambe, fanno propendere, invece, per una postura della statuina seduta su uno scranno-trono privo di schienale, modanato nella parte anteriore per poter ospitare la curvatura delle gambe e predisposto per accogliere la base delle natiche ad angolo retto.
   
    I particolari anatomici sopra evidenziati, insieme alla volumetria plastica dell'espansione dei fianchi, costituiscono elementi inequivocabili per far ritenere femminile questa statuina, anche se fra gli attributi specifici manca la rappresentazione dei seni,
    L'analisi iconografica complessiva del manufatto evidenzia il trattamento piuttosto sommario della parte superiore del corpo (braccia fuse col corpo e incrociate sul petto senza accenno di mani e di dita), ispirato ad un moderato schematismo aderente in un certo qual modo alla realtà anatomica, a cui si contrappone una restituzione alquanto realistica ed accurata della parte mediana e inferiore (addome, triangolo pubico, natiche, gambe).
    Nell'ambito della vasta casistica est-europea di statuine fittili neolitiche, un confronto puntuale può essere istituito con la peculiare stilizzazione del sesso femminile, rappresentato come un triangolo con il vertice rivolto in basso e con l'indicazione delta vulva tramite un cerchietto inciso al centro del triangolo e all'apice del prolungamento del segmento verticale che divide le gambe, come nella così detta "Dea di Vidra" della cultura Gumeinita (DUMITRESCU 1972, tav. 56). In altre statuette, come quella coronata con l'aureola di Turdas (cultura Vinca-Turdas), il sesso femminile è indicato con una Y, chiusa da un arco di cerchio, posta sul petto fra i seni (caso di trasposizione del simbolo sessuale rilevato anche a Cala Scizzo, vedi oltre) e con il segmento verticale che si allunga oltre il punto di convergenza dei tre tratti della Y, a simboleggiare lo stesso particolare organo (DUMITRESCU 1972,tav.37:1).
    Il medesimo segno a Y, con segmento verticale molto lungo che parte sotto la bocca, si ritrova nella statuina della Grotta di Cala Scizzo (GENIOILA, TUNZI 1980, pp. 137 segg., fig. 6), riferibile alle stesse facies tardo-neolitiche nella Puglia centrale. Gli Autori hanno proposto di interpretare questo stilema come "una originale trasposizione del sesso femminile, in cui si registra la sostituzione della bocca con la vulva e le sue appendici", assegnando al prolungamento del segmento verticale anche la funzione di "indicare lo stretto accostamento delle gambe".
    Sembra pertanto che la Y molto aperta, presente in molte delle statuette femminili del V-IV millennio dell'altra sponda adriatica, oltre che a segnare i lati rivolti in basso del triangolo pubico e l'andamento delle cosce-gambe. abbia anche una valenza simbolica primaria, quale rappresentazione fortemente stilizzata delta vulva, simboleggiata dal prolungamento superiore del segmento verticale nelle figurine più antiche e arricchita della rappresentazione di particolari anatomici all'interno del triangolo pubico in quelle più recenti,
    In termini più generali e complessivi, questa statuina di S. Matteo-Chiantinelle trova
    riscontri - talvolta anche abbastanza stringenti - fuori della penisola, in un frammento della parte medio-bassa di una figurina dalmata inquadrabile nella cultura di Danilo (KOROSEC 1964, tav. XXXIII:l), in alcune statuine femminili integre rinvenute in Romania a Mindrisca, a Tirpesti e a Traian-Dealul Fintinilor della fase medio-finale della cultura Precucuteni II e III, datata fra gli ultimi secoli del V e la prima metà del IV millennio (DUMITRESCU 1972, tavv.44:3,4,7;45:1-4). ed in altre più antiche di serpentino e di marmo rinvenute in Anatolia (Diosas, p. 140, n. 14; p. 141, n, 16) e in Tessaglia, a Magoula Bezil in marmo (Neolitbic Greece, p. 311) ma anche a Sesklo, Zappeio e Prodomos (Diosas, nn. 25, 30, 31; pp. 149, 152.), che presentano un modulo analogo e confronti non sempre molto puntuali nella parte mediana e bassa del corpo.
    Nell'ambito della produzione plastica neolitica italiana la statuina in oggetto può essere confrontata in modo convincente con la figurina abruzzese dalle Sorgenti di San Callisto (Popoli), che si presenta con le gambe flesse e semi seduta (MATTIOCCO 1981, tav. IV), posizione che si ripete per ben ventuno volte nelle statuine sedute e a gambe flesse rinvenute nell'edificio di culto del sito di Isaiia (cultura Precucuteni) nella Romania nord-occidentale (URSULESCU 2002, fig. 8).
    Il reperto abruzzese, anche se si differenzia per la postura da quello di S. Matteo-Chiantinelle, presenta gli stessi elementi essenziali che connotano un modello iconografico di rappresentazione della figura femminile ampiamente diffuso nell'area egeo-anatolica e balcanico-danubiana e i cui riverberi periferici si riscontrano anche nell'area centro-meridionale della nostra penisola. come è possibile ipotizzare sulla base di alcuni frammenti di "donne sedute" provenienti da varie località, come quelli di ambito medio-tirrenico ad affinità VBQ di Sesto Fiorentino (Sarti, in FUGAZZOLA DELPINO et al., 2001, p. 35), quelli del Barese da ascrivere alla cultura di Serra d'Alto, rinvenuti a Santa Candida (COPPOLA 1988, fig. 47) e a Lama Belvedere (L'ABBATE 1986, fig. 32) e, infine, quello campano di Paestum, rinvenuto in contesti di Serra d'Alto nei pressi del tempio di Cerere (inedito; informazione personale di P. Taiamo).
    Sembrano estranee a questa tipologia, invece, le coeve statuine di Grotta Cala Scizzo, Grotta Pacelli e Baselice, per le quali si deve forse pensare a temi ideologici e religiosi diversificati, o a più significati e a più ruoli distinti assunti dalla figura femminile (BAGOLINl 1978; BAGOLINl, CREMONESI 1992). anche nell'ambito delta stessa cultura di Serra d'Alto.
   
    Statuina 2
   

    Il frammento di ceramica d'impasto nerastro depurato, con superfici ben lisciate dello stesso colore, rappresenta l'intera gamba e natica sinistra di una statuina di donna seduta (fig. 3).
    L'altezza residua del frammento è di 4,8 cm, ma la probabile altezza dell'intera statuina avrebbe potuto raggiungere gli 8-9 cm.
    L'attribuzione ad una figura femminile è indiziata da una certa accentuazione del gluteo nettamente sporgente oltre la linea dei fianchi, pur non apparendo affatto steatopigico. Si tratta di una rappresentazione ad altissimo rilievo; la gamba sembra si espande inferiormente, quasi ad indicare l'attacco del piede con la punta rivolta in basso ed il tallone in alto, ma in effetti la parte posteriore è legata ad un supporto di argilla di non grande spessore, che funge da sedile su cui poggia la natica ed appare appiattito nella parte posteriore.
    Il bacino, molto frammentato, sembra modellato a tutto tondo, ma con la parte posteriore, che è la più integra, appiattita. La base è ridotta ad una piccola superficie rettangolare.
    In sintesi il frammento apparterrebbe ad una statuina di donna seduta su un supporto fisso, con le gambe ritratte indietro, come suggerisce l'angolo acuto di flessione costituito da gambe e cosce, ed i piedi posizionati sulla punta, progettata per essere appoggiata o fissata ad un supporto verticale a superficie piatta, posizione desunta dalla minima dimensione della superficie della base e dalla superficie piatta della schiena e del sedile-supporto.
    Il frammento conservato termina superiormente con un piano a superficie piana con due fori molto profondi, probabilmente destinati a fungere da alloggiamento di piolini in legno o in osso per sostenere e ancorare la parte superiore del busto, modellata a parte.
    Del modello di "donna seduta" si conoscono, come si è visto sopra, numerose attestazioni nelle diverse culture neolitiche dell'Europa sud-orientate, ma in nessun caso è stata riscontrata una statuina con le gambe ritratte all'indietro e seduta su un supporto solidale con le gambe, che nella fattispecie, più che uno sgabello o sedile, potrebbe essere un accorgimento tecnico per assicurare la statica delle gambe reclinate. I fori per l'ancoraggio del busto possono portare ad ipotizzare un manufatto composito, secondo tipologie ben note in ambito balcanico-danubiano, dove "la pratica dello smontaggio delle varie parti e la rideposizione in una fossa votiva" assume valenza strettamente culturale (FUGAZZOLA, TINE' V. 2002-2003, p. 36).
    Riprendendo l'interpretazione proposta per la statuetta di Tufarelle di Allumiere, il frammento di S. Matteo-Chiantinelle potrebbe essere riferito ad un acrolito, cosa che lo avvicinerebbe ai manufatti caratteristici della fase di Rachmani in Tessaglia (FUGAZZOLA, TINE' V. 2002-2003, p. 36).
    Nessun confronto è possibile per questo esemplare con la coroplastica femminile neolitica italiana, dove non si rinviene alcun esempio di statuetta seduta completa di supporto.


Devo alla cortesia del duca dott. Antonino Maresca di Serracapriola, che qui ringrazio, l'avermi permesso a suo tempo di analizzare e documentare le due statuine fittili di sua proprietà.