Sul giornale di Serracapriola IL BORGO di Novembre-Dicembre 1955 Anno III diretto da Primiano Magnocavallo e don Adamo D’Adamo venne pubblicato: “Due recenti scoperte – Nuove tesi sulla storia di Serracapriola” del Dott.Vincenzo Castelnuovo (1879 +1935).
Prima di esporre le sue tesi storiche su Serracapriola il Castelnuovo svolge una dissertazione sulle arti, le scienze, la filosofia, la religione dei Frentani, di cui l’Urbs Frentana – cioè secondo Castelnuovo l’antica Serracapriola era capitale. La rilevanza storica dei Frentani e soprattutto i loro rapporti con i Romani sono oggetto di studi specifici e ancora oggi in merito le memorie di Mons. Tria sono di utile consultazione. L’originalità dello studio del Castelnuovo è nel tentativo di delineare la civiltà frentana alla luce dei locali rinvenimenti archeologici. Notevoli in queste pagine l’acume delle osservazioni e la vera somiglianza delle interpretazioni.
Più di uno potrà sorridere leggendo che la grande filosofia classica ha avuto i suoi precursori nei Frentani. Il Castelnuovo porta qualche argomento, anche se tenue e inadeguato alla ipotesi. Ma, domandiamo, chi può dimostrare il contrario?
“Colpiscono la nostra attenzione innanzi tutto vari saggi di pittura decorativa sobria ed elegante ad ornamento del vasellame; altre gialle o brune sul fondo naturale dell’argilla: altri sul fondo di patina nera svolgono un disegno floreale in rosso, ovvero una figura geometrica: qualche volta è il rosso che forma il fondo della pittura e il nero viceversa è sovrapposto. Limitiamoci per ora a considerare tale espressione della pittura come fine a se stessa, come semplice arte decorativa, salvo in seguito a vedere se può essere interpretata come indicazione specifica del contenuto del vaso. La scultura ha un grado di sviluppo abbastanza progredito. Possediamo soltanto dei bassorilievi: alcuni di essi, rappresentanti facce muliebri, sono di meravigliosa fattura; uno di tale esemplare, e precisamente quello sulla lucerna della V tomba, è il prodotto originale della stecca dell’artista che ha modellato una faccia rude ed angolare dalle sembianze virili: tutti gli altri sono il prodotto di un calco sull’argilla, metodo che, mentre rivela la produzione in serie, mostra altresì l’arte della scultura più progredita: è facile argomentare che in possesso di tale metodo le applicazioni potevano essere varie con lievi varianti, e ciò per l’applicazione sui metalli fusi e per il conio delle monete.
I metalli sono intanto conosciuti, il ferro per fabbricare le armi, il rame per le coppe della bilancia e le fibule, ed anche la mescolanza dei metalli come l’ottone è conosciuto ed usato nella cintura del milite.
Mancano oggetti di metalli eletti e preziosi come l’argento e l’oro, ma nulla ci vieta di credere che essi fossero in uso, e che possano ulteriormente essere rinvenuti quando gli scavi potranno essere eseguiti con metodo e soprattutto con sorveglianza.
Se mancano intanto monete di metallo, i due esemplari di medaglioni eseguiti col calco sull’argilla della solita faccia muliebre, potevano servire con un valore convenzionale a facilitare lo scambio delle merci, ed essere considerate quindi la prima moneta del popolo Frentano.
Dalla tomba del bottegaio rileviamo che esiste un sistema di pesi, di misure di capacità per i liquidi: ulteriori studi mostreranno i rapporti e i ragguagli con le unità di peso e di capacità di altri popoli posteriori nella storia.
Anche la meccanica aveva le sue applicazioni: così la bilancia del bottegaio presuppone una leva di terzo grado; così le tre fibule sono la felice combinazione dello spillo con la spirale e col gancio.
L’industria del fabbricar vasellame era assurta presso i Frentani a vera arte; essi fabbricavano vasi con argilla di varia qualità e colore, gialla, azzurra e rossiccia. Creavano vasi armonici dalle varie forme proporzionate.
Anche oggi esistono nel nostro abitato, forse eredi di quegli antichi figulini, alcuni vasai, ma essi sono ben lungi dal produrre vasellame che possa competere per la perfezione delle forme con quelle di remota antichità…….
La nostra collezione possiede dei meravigliosi piatti a scodella di forma simile a quelli che usavano gli Etruschi, e di cui uno si ammira nel Museo Vaticano, e la cui figura è riportata dal Bogara nel “Gli Etruschi e la loro civiltà”: pare anzi che un esemplare di tale piatto o coppa non manchi mai in nessuna tomba…
La nostra collezione possiede ancora delle anfore meravigliose di cui avremo occasione di riparlare, degli orciuoli, scodelline, un vaso col collo ad imbuto, evidentemente da travaso. Molti di questi sono raccolti nella II tomba che noi abbiamo chiamato -dell’esercente l’arte salutare- perché lo studio della forma di questi recipienti e le figurazioni sulla faccia esterna ci hanno indotto a credere che essi costituiscono il gabinetto ed i frammenti di un vero trattato di farmacologia.
Vediamo così che le anfore contengono la colatura dell’infuso e decotto di erbe e fiori dal dipinto che è sul corpo del vaso; ovvero la soluzione salina di un minerale indicato a mezzo di una figura geometrica che si può interpretare come la formula chimica di cristallizzazione del minerale usato (simbolismo questo, come negli altri casi). A conferma di tale ipotesi sono i residui del contenuto di tali anfore, che reggono al confronto delle figure, a volte di minerale, a volte di vegetale, e che ulteriori esami potrebbero determinare con esattezza.
Dal dipinto sugli orciuoli sappiamo ancora che essi contengono olio per la forma della foglia e del seme di olivo; che le scodelline contengono unguenti fatti di sostanza grassa con l’aggiunta di un minerale; essi infatti portano da una parte una linea ondulata che rappresenta a meraviglia la sostanza grassa, sugna o vasellina lavorata da una spatola, e dall’altra parte una figura geometrica, la cristallizzazione del sale aggiunto al veicolo grasso. (In questa figurazione oltre che del simbolismo vi è anche dell’impressionismo). Esiste presso i Frentani una scienza medica, indubbiamente empirica, con elementi di chimica farmaceutica.
Se altri elementi non verranno fuori da futuri ritrovamenti, allo stato attuale possiamo dire in base alle nostre osservazioni che è una forma di scrittura (decorativa tra arte e scrittura) dei Frentani: similmente come oggi un frutto o un fiore dipinto sull’etichetta di un vaso indica il contenuto.
Stabilito dunque che le figurazioni sui vasi sono elementi di scrittura, possiamo affermare che la pittografia servì ai Frentani per fissare il pensiero umano nella sua primitiva espressione: come dalla pittografia in seguito attinse la scrittura alfabetica possiamo ancora dedurlo dalle seguenti osservazioni: la figura 2 che come abbiamo detto ci dà l’idea del moto di una sostanza grassa, può rappresentare le onde del mare o il mare stesso: sempre dunque il movimento. La lettera M anche nell’alfabeto greco ed in quello etrusco che ha più ondulazioni delle consorelle, e tutte ricordano e hanno avuto origine dalla scrittura pittografia primitiva.
Si potrebbe ancora ripetere per la lettera G, deduzione di analogia con la goccia pendente della fig.3.
Ulteriori studi, e su più abbondante materiale, potranno confermare, correggere ed anche negare queste nostre deduzioni affacciate come timide ipotesi.
Quello che non si potrà negare è che i Frentani attingessero dall’osservazione della natura l’essenza della loro scienza: ne vediamo gli elementi nei dipinti di fiori e foglie (botanica) e nelle forme geometriche dei cristalli (mineralogia): e nella produzione del cerchio a perfezione, su tutti i piatti funerari, in pittura o in rilievo, noi scorgiamo l’osservazione astronomica della rotondità del sole e della luna: i Frentani sono così in possesso delle figure geometriche che per essere perfette sono di natura matematica: ecco perché presso i popoli ai primordi della civiltà i disegni geometrici sono anche l’espressione dei numeri in cifre.
Mettiamo in rapporto questo contenuto scientifico posseduto dai Frentani con le seguenti osservazioni filosofiche:
La fiaccola a luce perenne che troviamo in alcune tombe , o che si interpreti come la lucerna che serve al trapassato per illuminare la vita dell’oltretomba, o che sia il simbolo della perennità della luce delle virtù praticate dal defunto, ci fa conoscere che i Frentani credevano all’immortalità dell’anima.
E il rito Gianico nel crapulare che si compiva sulle tombe, poiché l’anima era considerata immortale, rappresentava il passaggio dalla vita alla morte come un fenomeno relativo nella legge armonica del cosmo che tutto comprende mentre nelle danza – cerimonie con cui il rito si chiudeva – questo rappresentava l’elemento basilare per la conservazione e l’espansione della stirpe.
Ne vien fuori così un sistema filosofico che attinge dall’osservazione della natura, l’ordine matematico, la perfezione dei rapporti, l’amore – La filosofia greca con Platone, Eraclito e Pitagora ha avuto i suoi precursori nei Frentani.
Ma ordine, armonia, perfezione, amore sono gli attributi della divinità, ed ecco come la scienza, la filosofia ed il rito formano un tutt’uno con la religione da cui derivano; ecco come lo scienziato filosofo è anche sacerdote.
La seconda parte delle “Nuove Tesi sulla Storia di Serracapriola” del Dott. Vincenzo Castelnuovo, che tratta anche il dialetto serrano, venne pubblicata dal giornale “Il Borgo” di Gennaio-Febbraio 1956 Anno IV.
Il Castelnuovo nel generoso sforzo di penetrare il mistero che avvolge le origini millenarie di Serracapriola, poiché la vasta necropoli scoperta presume l’esistenza di una grande città fin dal periodo osco-frentano ricorre anche agli strumenti della moderna filologia ed etimologia, trattati in questa seconda parte (vedi DIALETTO).