Nel dopoguerra, quando stazionavano a Serracapriola gli alleati, (sindaco Daniele Giacci, dal 22 maggio 1944 al dicembre 1945, e fondatore della Democrazia Cristiana locale) un gruppo di giovani, appassionati di musica, tra cui Giuseppe Giuliani, segretario della D.C. locale e Ennio Giacci, frequentavano i frati padre Ilario da Teano (Leopoldo Palmieri) e padre Ludovico (Felice Di Gioia) da S.Marco in Lamis, rispettivamente superiore e organista del convento dei cappuccini.
Luigi Di Girolamo alla viola, Giuseppe Pucarelli alla fisarmonica e Gabriele D’Amato al trombone d’armonia con padre Ludovico all’organo e i gemelli Liborio e Pietro de Leonardis, cantanti, accompagnavano le messe cantate nella chiesetta della Madonna delle Grazie, già affrescata nel 1943 dal pittore Amedeo Trivisonno. Questi per dipingere nel presbiterio l’affresco “del turco folgorato dal raggio di Luce” prese a modelli: l’ufficiale delle truppe alleate Mr. Jesson per rappresentare il gentiluomo con il mantello e i fratelli de Leonardis i due frati. Questo coro, battezzato “Lorenzo Perosi” per l’esecuzione delle opere sacre di quest’autore, si arricchì di altri elementi: Antonio Balice, Guido Petti, i fratelli Ermanno e Vittorio Gianserra, Giovanni Cavalli. Questi e altri giovani artisti, poi, s’impegnarono sia in attività musicali che teatrali, alternandosi tra sacro e profano, dal 1945 fino al 1947.
Intanto gli universitari, che avevano la sede ai piani superiori del palazzo Vincenzo de Luca, accarezzavano l’idea di organizzare una filodrammatica. Liborio de Leonardis di Antonio, studente in medicina all’università di Bari, scoprì il testo teatrale “Goliardi, che mattacchioni!”. Da qui la nascita della filodrammatica, denominata “Che Mattacchioni!” e la prima opera in cantiere. Il tutto ideato e organizzato dal regista Ennio Giacci.
Era una commedia musicale imperniata sulla festa della matricola universitaria. Si formò un’orchestra composta da elementi che conoscevano la musica: Domenico de Vito al piano, Alessio de Vito e Luigi Di Girolamo al violino, Giuseppe Pucarelli alla fisarmonica, Antonio D’Amicis (Pelill) alla tromba, Antonio Balice al clarino, Guido Musano e Giuseppe d’Aragona alle chitarre. Mancava la batteria. L’interprete della compagnia, Aurelio Giacci, che conosceva l’inglese, riuscì a convincere un aviere della RAF, batterista dei militari inglesi, ad entrare nell’orchestra con la batteria. Il gioco era fatto.
Con la mediazione dello stesso Aurelio si riuscì ad ottenere dagli alleati anche il materiale per l’allestimento delle scene che si trovava in un deposito dell’ edificio scolastico delle “Scuole Elementari Maschili”: legno, vernici e altro, utili per lo scopo. Vincenzo Cardascia insieme a un suo collega falegname costruì le scene.
La regia di questa prima opera e delle altre successive venne affidata a Ennio Giacci. Gli interpreti principali erano i fratelli Liborio e Pietro de Leonardis, Aldo de Girolamo, Domenico Paolantonio (cantante di talento) e Liborio de Leonardis di Antonio che, ammalatosi la sera del debutto, venne sostituito da Aurelio Giacci. Questi, costretto ad improvvisare la parte, con l’aiuto del suggeritore Beniamino Castriota, ebbe un lusinghiero successo. Fra gli orchestrali invece Luigi di Girolamo, che doveva esibirsi in un a solo di violino fu costretto ad assentarsi per la frattura di un piede. Il collega Alessio De Vito, molto emotivo, si rifiutò di sostituirlo. Così all’ultimo momento il di Girolamo, con l’arto ingessato, fu portato a dorso d’asino (per l’abbondante nevicata) in teatro e piazzato di peso al posto giusto. L’ottima esecuzione del pezzo lo ripagò dell’«eroico» sacrificio.
Dopo si passò al varietà. Andò in scena la rivista musicale “Frizzi, spruzzi, tutti lazzi”. Gli attori erano gli stessi dei precedenti spettacoli con qualche nuovo “acquisto”, come Italo Carriero, abile chitarrista, che si rivelò un ottimo attore comico con doti artistiche eccezionali e il bravo cantante Ernesto Giannini. Questa fu l’occasione propizia per rendere stabile l’orchestra “Scintilla” con Luigi Di Girolamo al violino, Giuseppe Pucarelli alla fisarmonica, Guido Musano alla chitarra, Guido Petti al sax soprano, Antonio d’Amicis al flicornino, Antonio Balice al clarino e Ermanno Gianserra alla batteria. La mancanza della presenza femminile nel corpo di ballo, necessaria per il tipo di rivista, costrinse il regista a far vestire con abiti femminili di carta dei maschietti, (Vittorio Gianserra, Nicola Finizio) che ballando mostravano le gambe pelose, suscitando l’ilarità degli spettatori. (E a dire che nel 1935 e nel 1936 già c’era una compagnia mista!) Purtroppo la guerra porta sempre ad un’involuzione di mentalità, di progresso, di civiltà. Anche perché, data la presenza degli alleati in paese, alle ragazze veniva vietato il contatto con ogni ambiente esterno alla famiglia.
L’orchestra Scintilla, che animava anche i matrimoni, aveva un contratto fisso con l’esercente del “Caffè Moderno” sig. Iannuzzi per dare dei concerti, dal 16 giugno al 21 settembre 1946, di domenica dalle ore 18 alle 23. In giacca bianca col distintivo COS e pantaloni blu si cantava e si suonava la sigla “Quando suona l’orchestra Scintilla / più felice mi sento nel cuor / Vivo solo e non penso più a nulla / ma solamente al ritmo dell’amor / Ritmo uhé, dolce frenesia di passione / sei per me solo un grande sogno d’illusione.”
In un’altra commedia anche Roberto Magnocavallo interprete de “Il capitano Spak” , con baffi e pizzetto, si rivelò un eccellente attore.
Al suo attivo questa filodrammatica mise in scena anche una rappresentazione di carattere religioso. Padre Ilario da Teano fece rappresentare un testo sulla vita di San Francesco, il dramma sacro in tre atti di Angelo Burlando “Il Cavaliere dell’Amore”. Antonio Balice interpretava la figura di Francesco. Con il ricavato della rappresentazione fu eretto un altare sotto la statua di S.Antonio e la targa con dedica della filodrammatica universitaria, che, in seguito alle varie ristrutturazioni del convento, fu rimossa e questo certo non suscitò l’approvazione del regista Ennio Giacci.
“ Chi ha ucciso il banchiere Morris ? ” fu un’altra commedia messa in scena da questa compagnia dove l’attore-assassino del banchiere era Antonio Balice, detto “Animasanta”, poliedrico artista di teatro, della musica e del pennello. I ragazzi all’uscita del teatro a chi chiedeva chi fosse l’assassino del banchiere rispondevano pronti “Ntoneje Anemèsante”. L’enigma veniva svelato non solo verbalmente ma anche per iscritto, da anonimi buontemponi, sul manifesto pubblicitario affisso “al cartellone del Cinema Teatro Palazzo” (u chèrtellone) ed era visibile da lontano più del titolo della commedia.
Da frammenti di ricordi di Beniamino Castriota, Ennio Giacci, Luigi Di Girolamo, Guido Petti.

Seracapriola, 8 agosto 2003