A sostituire il Podesta De Luca, fu chiamato in qualità di Commissario prefettizio, Michele Filippi che prendeva possesso dell'incarico il 22 gennaio 1942. Era un dirigente d'azienda avulso dalla politica attiva chiamato all'incarico per le sue doti di correttezza, onestà, di fattività, doti estremamente necessari nel tragico momento che Serracapriola, come l'Italia tutta, andava traversando. L'andamento della guerra era piuttosto alterno fino all'ingresso degli americani al fianco degli alleati allorché si verificò un brusco cambiamento a favore degli alleati stessi.
Fu sopratutto il peso dell'enorme potenziale dell'industria americana ad avere il sopravvento. L'aviazione, potentissima, in breve dominò i cieli delle nazioni nemiche mentre per mare, nonostante i primi clamorosi rovesci, riusciva ad avere la meglio per assicurare i ricchi rifornimenti alle proprie truppe combattenti ed a quelle dei propri alleati.
Insomma la situazione si andava deteriorando e ne risentiva anche la popolazione lontana dalle linee del fuoco. I generi alimentari erano razionati e le autorità facevano fatica a distribuirli equamente.
Il 25 luglio 1943 trovò la popolazione serrana stordita dall'imprevisto avvenimento. Non ci furono avvenimenti degni di rilievo come non ci furono al successivo 8 settembre data dell'armistizio. Solo che il paese si andava riempendo di profughi civili e di sbandati militari che dovevano pure essete assistiti. Si erano attrezzati i locali dell'edificio scolastico per dare ricetto agli sbandati mentre alcuni civili provenienti da Foggia, quasi distrutta dai bombardamenti e da San Severo trovavano ospitalità presso parenti e conoscenti.
Il Commissario prefettizio era veramente instancabile nella sua opera di assistenza e per procutarsi gli approvvigionamenti necessari ai residenti ed agli ospiti.
Dopo 1'8 settembre la situazione diventava sempre più insostenibile. Soldati tedeschi si erano stabiliti nel centro abitato e nelle campagne circostanti e dovevano pure essi provvedersi di cibo.
I campi di aviazione di Foggia erano stati abbandonati in vista dell'arrivo degli alleati che stavano risalendo la penisola. La nazionale n. 16 costituiva l'irrinunciabile alveo di transito dei soldati combattenti. Cosi da parte dei soldati tedeschi in ritirata, si razziava un pò dappertutto.
Le stesse truppe, per la verita, non usarono violenze alle persone, ma disarmarono la polizia e la milizia.
Da ultimo chiesero, meglio imposero la consegna, sul municipio, degli apparecchi radio e si appropriarono delle automobili efficienti.
Intanto si preparavano a difesa piazzando anche qualche cannone nella zona che guarda verso il Fortore, ma finirono solamente col formare delle barricate con carri agricoli requisiti nei pressi.
Il pometiggio del 29 agosto una parte delle truppe tedesche che si era attendata tra il convento dei Cappuccini ed il macello comunale, fu bombardata dall'aviazione avversaria che l'aveva scovata pur tra le fronde degli oliveti. Gli incursori rimasero in zona circa mezzora ed oltre ai danni a mezzi procuratono morti e feriti nella truppa. Molti giovani serrani accorsero sul posto, quando gli apparecchi si erano allontanati, per soccorrere i feriti molti dei quali futono trasportati nel convento per ricevere le prime cure. Fu un riconosciuto segno di solidarietà umana pure tra i segni degli orroti della guerra.
Il Commissatio prefettizio che veniva di continuo convocato dal comando tedesco si dava gran da fare nella speranza di evitare il peggio. Le giornate si svolgevano apparentemente tranquille, ma caduta la sera si notava movimento nella truppa tedesca. Si suppose, a ragione, che si trattava di guastatori accintisi a minare obbiettivi militari o ritenuti tali.
Il Commissario Filippi si adoperò per evitare il peggio, ma pur avendo ricevuto assicurazioni, proprio nulla poté ottenere di concreto.
Sorse l'alba del 1° ottobre. I militari tedeschi mostravano un nervosismo accentuato, mal dissimuIato.
Scorazzavano i motociclisti da un punto all'altro dell'abitato e si udivano disposizioni imperiose e concitate. I cittadini ignari guardavano e tacevano.
Più tardi si sparse la voce che da lontano, verso il Fortore, si notava chiaramente il movimento di mezzi militari, che attraversato il fiume si dirigevano verso l'abitato. Ci fu un accorrere di gente che ignara del pericolo occupò le terrazze della zona di Porta Bianchini.
Qui militari tedeschi costruivano delle barricate con i carri agrili della zona, trasportati sotto minaccia a mano armata, da ignari civili che si trovavano a transitare. Le stanghe dei carretti venivano puntate in alto, in direzione del ponte sul fiume mentre un cannone semovente si spostava in continuazione sparando verso i nernici.
Questi che intanto si avvicinavano all'abitato, sparavano a loro volta. Una cannonata colpi la casa Facciolli - ora Castriota, a Porta Bianchini, un'altra il palazzo Vincenzo de Luca, di fianco al castello.
Ma erano solamente le prime avvisaglie delle atrocità della guerra.
Un giovane soldato tedesco che si era rifugiato in una casa o vi aveva inseguito un ragazzo, fu trucidato da una donna a colpi di zappa nonostante invocasse la mamma, in ginocchio. Qualche tempo dopo, impossibilitata a dimenticare, la donna usci di senno e fini col morirne.
Era circa mezzogiorno ed ormai con l'avvicinarsi delle truppe alleate ed i sempre più frequenti cannoneggiamenti, i cittadini si erano rinchiusi nelle case o nei casolari di campagna. Ognuno aveva intuito il pericolo imminente ed aveva cercato rifugio nei posti ritenuti più sicuri.
Nei pressi della chiesa della Trinità furono visti soldati tedeschi che correvano in tutte le direzioni. Facevano grandi segni ai civili, ancora in strada di allontanarsi e cercarsi un rifugio.
Poi, un boato immenso che sembrava preannunciasse la fine del mondo. Il torrino dell'acquedotto pugliese era saltato letteralmente in aria come un fuscello. Lo spostamento di aria e la caduta dei frammenti causarono danni gravissimi in tutto il paese e, naturalmente sopratutto nel vicinato ove alcune case crollarono, volte e solai risultarono gravemente lesionati, tanto da richiedere l'abbattimento e la ricostruzione, porte scardinate, tettoie divelte, infranti i vetri di tutto il paese.
Ad intervalli quasi regolari, fra schianti fragorosi furono fatti saltare con le mine due cabine in muratura per la trasformazione dell'energia elettrica ed una lunga fogna bianca per la raccolta e lo smaltimento di acque luride e piovane. In precedenza, lontano dal centro abitato era stato abbattuto il ponte sul Fortore che fu sostituito, dagli alleati, da un ponte in ferro provvisorio estremamente necessario per i collegamenti, tra la Puglia ed il Molise, dei servizi civili e militari.
Cessato il fragore degli scoppi, i più audaci iniziarono ad uscire dai rifugi per ricercarsi e rendersi conto dei danni riportati dalle proprie cose. Fu rinvenuto, purtroppo, il cadavere di una vittima dello scoppio del torrino. Apparteneva all'agricoltore Lorenzo De Luca che era di ritorno dalla campagna ed era stato investito dalle macerie.
Ci fu un periodo di calma. Ma ben presto ricominciarono gli spari. Un camion della retroguardia tedesca carico di soldati e materiali fu assalito da civili, mentre arrancava sulla salita dello stradone, e fatto segno a colpi di mitra, fucili, bombe a mano. I soldati, colti di sorpresa, furono trucidati sul posto mentre il camion, alleggerito dei materiali, veniva dato alle fiamme.
Intanto le truppe alleate, sia pure con molta circospezione, si erano avvicinate al centro abitato accolte festosamente dalla popolazione euforica per lo scampato pericolo.
Non si sa dove si fosse rifugiato, durante le deflagrazioni, il Commissario al Comune Michele Filippi.
Era stato visto, poco tempo avanti, mestamente seduto su una panchina al Corso, la fronte corrucciata, sicuramente pensoso dei gravi momenti che la popolazione attraversava.
Poi fu dei primi ad uscire allo scoperto e lo si vide implorare prudenza ai facinorosi, temendo, evidentemente, la feroce ritorsione dei tedeschi in ritirata.
Voleva salvare il salvabile e questo era rappresentato dal grano contenuto nei magazzini del Consorzio agrario. Il comando tedesco, insieme alle chiavi del torrino e delle cabine elettriche, si era fatto consegnare le chiavi dei magazzini il tutto da "proteggere da malintenzionati"!
Accompagnato dunque da un sottufficiale inglese e seguito da alcuni civili anch'essi preoccupati della sorte del grano, il Commissan'o si portò al Consorzio dove si misero ad armeggiare per aprire una porta. Ci erano appena riusciti quando ancora una volta deflagrò un tremendo scoppio. Il magazzino era stato minato! Oltre al sottufficiale inglese ci rimisero la vita, insieme al Commissario Filippi altri sette civili: in tutto nove morti.
E con la tragica morte di Michele Filippi la serie degli amministratori del periodo fascista e per Serracapriola si concludeva luttuosamente il primo ottobre del 1943.
Erano le ore tre del pomeriggio.