1915 - la Grande Guerra: anno primo
Il 1° Novembre 1914 con I'Enciclica Ad beatissimi apostolorum principis cathedram, papa Benedetto XV (1914-1922) pronuncia la sua ferma condanna contro la guerra. Nello stesso 1914, Emilio Trenta, vescovo della Diocesi di Larino (1911-1914), emette una sua lettera-circolare per esortare il popolo a pregare per scongiurare ogni pericolo di belligeranza.
Il 24 Maggio 1915 l'Italia entra nella sanguinosa prima Guerra Mondiale.
Dal primo giorno di guerra Agostino d'Adamo da Serracapriola viene incaricato per organizzare il Segretariato Generale per gli affari civili al fronte che dirige anche nel post-guerra, fino al 31.07.1919 data in cui l'organo di Amministrazione, assolto il compito, cessa di funzionare.
Il 17 Giugno 1915 si riunisce in seduta straordinaria il Consiglio municipale di Serracapriola. Ai "Signori del consiglio" (Alfredo De Luca, Pietro De Luca, Matteo Falcone, Francesco Alberico, Vincenzo Galelli, Michele Castriota, Antonio D'Adamo, Eugenio Centuori, Biagio Cardascia, Luigi Gatta, Carlo De Nardellis, Pietro Bucci, Camillo Gallo, Fortunato Gallo ed Angelo Gabriele), il Sindaco in carica Fortunato Cardascia indirizza il suo discorso "W la guerra per il riscatto delle terre dItalia soggette allo straniero ":
"In questi momenti di fremiti e di ansie per la grandezza della patria nostra, tutti i cuori hanno un sol palpito, tutte le anime una sola aspirazione: Trento e Trieste. I nostri valorosi soldati, i nostri marinai, spiegando al vento il simbolo della nostra fede e della nostra virtù, si dirigono animosi al riscatto delle terre irredente col fermo proposito di vincere, o morire ...
Dal giorno in cui l'Italia affermò unanime la sua volontà per la guerra, ogni parola di dissenso è una colpa, ogni atto di ribellione un sacrilegio.
Tacciano gli interni dissensi, le personali discordie, le gare, sia pure generose, dei partiti. Noi da oggi non siamo che cittadini agli ordini del Comune, lieti se potremo ... rendere servigi alla pubblica tranquillità, ai sofferenti per le conseguenze inevitabili della guerra, alla incolumità del paese.
L'Italia ha voluto la guerra non per estendere le sue conquiste, o per imporre ad altri il suo dominio, o per offendere l'altrui libertà. Mai causa più giusta e più santa delle sue, mosse un popolo alla guerra. L'ha voluta per liberare, dopo un secolo di servaggio, terre sue dalla oppressione più iniqua che vi sia stata al mondo; l'ha voluta per la sicurtà ed indipendenza del suo Adriatico e del suo Paese, le cui porte sono tuttora nelle mani di un nemico irreconciliabile; e l'ha voluta per la minacciata civiltà d'Europa, la di cui salvezza è salvezza sua, è salvezza del grande principio di nazionalità e libertà di popoli.
Animati ... dal più puro amor di Patria accingiamoci concordi a dare al nostro beneamato Paese tutta l'opera nostra, e cerchiamo di superare vittoriosamente il difficile momento.
In attesa del giorno solenne i cui gli Italiani potranno gridare al mondo intero: «l'Italia ha difeso il suo nome, il suo diritto», mandiamo un Evviva al nostro Re, all'Esercito ed all'Armata".
Tutti i consiglieri comunali «si levano in piedi e gridano insieme con il pubblico» presente in aula «Viva il Re! Viva l'Esercito e l'Armata! Viva Trento e Trieste! Viva la più grande Italia!»
Il Sindaco e il Consiglio mandano inoltre <<un saluto>> ai consiglieri comunali <<richiamati alle armi per la guerra: Dottor Castelnuovo Vincenzo, De Leonardis Vincenzo e Lapolla Giovanni.>>
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Alla fine dell'anno 1915 l'Italia conta già circa 62.000 caduti in guerra..
Alla notizia certa dei "primi" morti serrani (di Marzio, Pergola, Sciandra, Vaccarelli, Pistola) il Consiglio comunale presieduto dal Sindaco Cardascia (15.04.1917) si riunisce il 13 Settembre 1915, in sessione straordinaria, per dare pubblico <<onore>> ai concittadini caduti per la Patria.
Il consigliere Alfredo De Luca propone all'assemblea di Palazzo Arranga di inviare alle famiglie dei morti in guerra le condoglianze del Consiglio; la proposta è accolta <<per acclamazione.>>
24 MAGGIO 1915
La Grande Guerra: disciplina e giustizia
La disciplina delle Forze armate italiane durante il primo conflitto mondiale veniva regolata dal Codice Penale Militare del 1869, integrato dai decreti emanati dal Governo nazionale nel corso della guerra e dalle decisioni di cui era lasciato arbitro il Comando Supremo.
Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Italiano Luigi Cadorna (Pallanza, 1850-Bordighera, 1928), della disciplina militare aveva una concezione dura, a volte brutale. Nulla egli fece per rendere meno "sanguinosi" i sacrifici cui erano sottoposti i combattenti italiani nella guerra di trincea. Grande fu lo zelo del Generale nell'applicare rigidamente le norme per reprimere ogni tentativo d'insubordinazione dei suoi soldati ed ogni loro "viltà". Le condanne agli imputati, irrogate direttamente dal Comando Supremo, od inflitte dai tribunali militari, non di rado avevano evidente l'amaro sapore della punizione esemplare. Dopo lo "sfondamento" delle linee italiane operato dal nemico austriaco sull'Altopiano di Asiago, da Cadorna attribuito al cedimento di soldati di scarso valore, furono eseguite le prime esecuzioni sommarie dei combattenti italiani. Per contenere il panico che minacciava di impadronirsi delle truppe al fronte, il 28 Maggio Cadorna ordinò, e senza che vi fossero processi, la fucilazione di alcuni ufficiali e soldati del 141° Reggimento Fanteria, messo in fuga dalle armi austriache. Fu questa la prima decimazione applicata nell'Esercito Italiano del XX secolo. E, non fu la sola ... ! Dure anche le sentenze pronunciate dai tribunali militari: fra il 24 maggio 1915, inizio della Guerra, ed il 21 Febbraio 1919, giorno in cui fu concessa un'amnistia per i reati militari compiuti, le denunzie all'Autorità Giudiziaria italiana per diserzione, indisciplina, mutilazione volontaria, renitenza alla leva, resa al nemico, furono circa 870.000. Circa 15.000 furono le condanne all'ergastolo e 4.028 quelle a morte (2.967 pronunciate in contumacia, 750 eseguite, 311 non compiute).
Fra i disertori della Grande Guerra, anche R., soldato di Serracapriola.
Del menzionato provvedimento di concessa amnistia (articolo 9, Regio Decreto 21.2.1919, n. 158) beneficiarono Aniello Luigi Gatta (Serracapriola, 1862-922) e Raffaele Terlizzi (Guglionesi, 1851 - Serracapriola, 1924), medici operanti in Serracapriola. Entrambi erano stati deferiti all'Autorità Giudiziaria con l'imputazione di aver rilasciato da Aprile a Luglio 1917, attestati sanitari falsi ad alcuni militari in licenza a Serracapriola che avevano così potuto ritardare il loro rientro al fronte delle inutili stragi.
I Serrani caduti in guerra
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Arturo Pergola, morto sul Monte Sei Busi il 19 Luglio 1915 (14° Rgt. Ftr., 6ª compagnia);
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Luigi Vaccarelli, morto sul Monte Sei Busi il 20 luglio 1915 (14° Rgt. Ftr., 10ª compagnia);
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Giovanni Baranella, morto il 24 Luglio 1915;
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Alessandro Luciano Mezzalingua, morto nel posto di medicazione di Redipuglia il 24 Luglio 1915 (14° Rgt. Ftr., 8ª compagnia) A lui la medaglia d'argento al valore «Ferito ad un braccio, rimase sulla linea di fuoco senza medicarsi finché, nuovamente colpito, non ebbe più la forza di sparare. Si mantenne sempre calmo incitando i compagni alla lotta.» Monte Sei Busi, 19 Luglio 1915.
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Pasquale di Marzio, morto nell'ospedaletto da campo numero 95 il 26 Luglio 1915 (14° Rgt. Ftr.);
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Natale Sciandra, morto sul Monte Sei Busi il 28 Luglio 1915 (14° Rgt. Ftr.);
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Giorgio Casimiro Gallo, disperso nel combattimento di Monte Sei Busi il 2 Agosto 1915 (14° Rgt. Ftr.);
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Giuseppe Pistola, morto nell'ospedale di guerra numero 47, il 4 Agosto 1915 (137° Rgt. Ftr.);
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Vittorio Rogato, morto il 25 novembre 1915;
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| Carlo Orlando, morto ii 5 Dicembre 1915;
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