In Capitanata ed anche nel nostro agro le due strutture rurali dominanti erano il latifondo capitalista e il microfondo contadino. Il primo caratterizzava le grandi aziende che erano gestite dai proprietari oppure erano prese in fitto da intermediari capitalisti con mano d'opera fornita da salariati fissi o avventizi. Il secondo invece era raccolto in breve spazio e formava una corona di colture intensive - orti, vigneti. oliveti. alberi da frutta - frazionate in tante piccole proprietà. Il piccolo contadino, jurnètére. quando non andava a giornata dal padrone, si recava nel suo fondo, a dorso d'asino, con i suoi attrezzi di lavoro, per tornare in paese dopo il tramonto.
I contadini non abitavano in campagna in modo permanente per l'esistenza del latifondo, per sfuggire alle insidie dei briganti, per evitare malattie infettive e per la mancanza di condizioni idonee delle strutture campestri. Essi si sentivano al sicuro solo a casa, nel "paese".
Tutto questo era irrazionale e molto dispersivo, data la grande distanza tra abitazioni e posti di lavoro, raggiungibili solo con mezzi di trasporto molto lenti. In campagna vivevano solo i pastori abruzzesi.
Oggi i mezzi di trasporto veloci hanno potenziato maggiormente negli agricoltori la tradizione di abitare in paese.

LE MASSERIE

I terreni da semina o di portata si dividevano in tante masserie, i cui conduttori si chiamavano massari di campo. Nella masseria vi era la mezzana, solitamente una sesta parte di terreno saldo per il pascolo dei buoi e degli altri animali addetti alla coltura. Il resto della masseria, diviso in parti uguali, si coltivava a semina per una metà, mentre l'altra era destinata a maggese ed a pascolo. C'era un vero codice penale per le trasgressioni nella semina o nell'arbitraria dissodazione della mezzana.
Il latifondo tradizionale. come ci dice A.Ventura nella sua ricerca sul Paesaggio Agrario del 1693 in Capitanata, si basava su due elementi: i cereali e il pascolo.
In esso dominava la grande masseria isolata e più o meno guarnita di muraglie o torri, con costruzioni (in genere raccolte intorno alla corte coordinate da un enorme edificio padronale) le quali presentavano dimensioni e condizioni molto diverse: imponenti e pretenziose le abitazioni dei proprietari; vasti i magazzini; lunghissime e quasi sempre marginali le stalle con gli addiacci annessi; povere ed antigieniche le abitazioni dei salariati allineate su di una sola fila; talvolta c'era anche l'officina del fabbro-maniscalco. Tipici esempi di grandi masserie nella nostra zona erano S.Agata, Ripalta, Tronco e qualche altra.
Espressione della media proprietà erano le piccole masserie, affidate ad un massaro che si avvaleva dell'aiuto di qualche colono e di qualche bracciante. Queste dimore differivano da quelle dei mezzadri e dei piccoli proprietari perché svolgevano funzioni più complesse ed avevano una pianta che ripeteva in piccoIo quella della grande masseria. Gli elementi costitutivi erano le abitazioni del massaro, le stalle, i magazzini, cui si aggiungeva, talvolta, l'appartamento per il soggiorno estivo del proprietario. Non poteva mancare il forno. I fabbricati potevano essere disposti lungo il perimetro di un cortile, ma anche a ferro di cavallo, a squadra, su più assi paralleli. Il cortile poteva essere completato da muretti a secco o da siepi, mentre il pozzo o la cisterna occupavano il centro del cortile.
Alle costruzioni padronali si affiancavano poi, le abitazioni dei coloni che risiedevano stabilmente fuori dei centri abitati. Queste case erano costituite da due corpi ben distinti anche se spesso erano sovrapposti sotto il medesimo tetto: la parte padronale con l'abitazione ed i magazzini del proprietario e l'abitazione del colono, le stalle e le costruzioni rustiche minori. All'umile ed angusta abitazione della famiglia colonica, occupata tutto l'anno, si contrapponeva la comoda e decorosa abitazione del proprietario. che vi si recava a villeggiare con la famiglia al tempo del raccolto. I contadini più umili risiedevano nei centri abitati, da dove si trasferivano in campagna nel periodo estivo con tutta la famiglia nel momento di maggior lavoro per sorvegliare i raccolti e fare una prima lavorazione dei prodotti."
Le principali masserie riportate da A. de Luca nel suo libro (1915) sono: Torre Mozza, Quaranta, Colle d'Arena, S.Agata di Tremiti, Vastaioli, Inforchia, Casone dell'Abate. Monacesca, S.Leucio, Caniglia, Ischia, Posta di Pettulli, Finizio, Valente, Altamura, Maddalena, De Leonardis, Pettulli, Rocchione. Maurea, Castelnuovo, De Luca, Giumentareccia, Masseria Tronco.
Sulla mappa del nostro agro, in base ai rilievi del 1957 e del 1987, sono dislocate nelle varie contrade circa 50 masserie.