Chiamato da padre Ilario da Teano, mio vecchio ed affettuoso amico, infervorato,
anzi catechizzato, dalla sua eloquente parola mi accinsi, col suo prezioso
aiuto, a dar mano ai lavori di pittura e decorazione nella chiesa di S.
Maria delle Grazie, dell'annesso Convento di Serracapriola.
La chiesetta costruita con semplicità tutta cappuccina, da modesti
costruttori del cinquecento, ha una volta a botte che si gira su due pareti
che portano archi affatto simmetrici e piccole finestre quadrangolari.
Se nella volta il motivo decorativo veniva suggerito da quello architettonico,
sulle pareti è stata una vera impresa eseguire degli affreschi che
fossero il completamento della sovrastante decorazione e il vero motivo
intenzionale di dette pitture.
Questi effetti parietali dopo varie considerazioni tecniche furono eseguiti
non tenendo conto di alcun vincolo geometrico e li stesi fra gli archi disuguali
delle pareti e i peducci della volta, liberamente, in continuità,
proprio, per eludere la disuguaglianza spaziale della costruzione. L'arduo
compito mi suggerì così lo stile da dare al complesso pittorico,
e il risultato è stato giusto e di un sapore rinascimentale. I soggetti
degli affreschi mi sono stati suggeriti dal P.Ilario che mi espresse, prima
dell'inizio dei lavori, anche il loro collocamento. A sinistra entrando,
l'affresco va da un capo all'altro della Chiesa e si snoda liberamente fra
archi e volta. Rappresenta S. Francesco che ammansa il lupo. La scena è
espressa con semplicità in un paesaggio avvivato dal verde dei campi
e da scene che restano in sottordine a quella principale del Santo che è
al centro. Nello sfondo è un paese col suo castello riprodotto dal
castello di Serracapriola per avere uno spunto di verità e, dato
lo stile prescelto, per riallacciarmi alla tradizione artistica dei quattrocentisti
che amavano riprodurre nelle loro pitture luoghi e cose della loro epoca.
A queste considerazioni tecniche fanno riscontro quelle di carattere
spirituale-educativo e cioè: nella scena a sinistra raffigurante
una famiglia di pastori ho voluto significare come sia sicuro vivere sotto
la protezione del Santo, capace di ammansire i lupi attentatori alla vita
pacifica e onorata dalle famiglie cristiane.
Più in là, un pastore ripara le sue pecore che grazie alla
intercessione del Santo sono ormai al sicuro. La colorazione ottenuta dopo
varie difficoltà d'indole tecniche ha funzione di reggere e legare
la volta sovrastante che palpita in un intreccio di azzurri e ori; Di fronte
all'affresco di S. Francesco vi è quello di S.Antonio che predica
ai pesci. Qui la scena è ancora più semplice perché
poco spazio rimaneva tra gli archi e la volta.
Però il senso di grandiosità è reso, grazie allo
stesso motivo stilistico e alla medesima intenzione con i quali ho eseguito
l'affresco di S. Francesco.
Nella volta è l'affresco delle Stimmate che, innestate con una
cornice tra la decorazione, avviva con la sua colorazione brillante e col
gioco delle sue masse, tutta la volta.
In questo affresco, per la sua disposizione aerea, gli elementi sono
in prospettiva dal sotto in giù, rendendo più drammatica e
più veritiera la composizione. Nel presbiterio a sinistra vi ho dipinto
l'Annunziata ricavando un motivo architettonico quattrocentesco con un portichetto
che s'innesta ai peducci della volta come per un sostegno.
Una cortina di un colore caldo, stesa fra colonna e colonna, segna, definisce
e meglio mette in evidenza la figura della Vergine che, inginocchiata, con
atto di ingenua semplicità riceve l'annunzio della sua Maternità.
L'Angelo Annunziatore è rappresentato fuori dal portico volante
e leggero nell'azzurro e in atto di proferire le parole ave Maria, la colorazione
qui è ottenuta con il gioco di gialli, oro, azzurri e bianchi. A
destra è il miracolo della Madonna delle Grazie.
Una luce abbagliante e punitrice scende dall'alto da una nube minacciosa
e investe il saraceno che, riverso, rimane colpito a morte. Il quadro della
Vergine che, il turco, per sfregio, ha divelto dalla cornice dell'altare
ha seguito il sacrilego nella caduta e rimane ritto e appoggiato al paliotto.
Quella stessa luce che scende dall'alto e che taglia trasversalmente il
quadro, illumina a destra due figure di frati sbigottiti dal miracolo e
a sinistra, altre figure di uomini con bambino, anch'essi sorpresi e interdetti.
La colorazione qui è più realistica e la tecnica più
aderente al mio sentimento perché in quest'ultimo lavoro più
che le norme stilistiche e reminiscenze classiche hanno potuto su di me
sentimenti di amor filiale per quella Vergine tanto amata e tanto implorata
che di tanti miracoli ha reso Venerabile questo Santuario.
In queste pitture sono stato coadiuvato da un valente artista serrano:
il prof. Nicolino Bucci che tanta parte preziosa ha svolto per la riuscita
dell'opera lavorando incessantemente e sapientemente. Gli sono grato con
i suoi concittadini e con essi gli tributo un pieno e meritato plauso. Se
in quest'opera vi è qualcosa di buono non si creda che il merito
sia tutto mio, perché in tempi calamitosi come il 1943, fra il rombo
minaccioso di aeroplani incursori, fra boati e tristi echi di bombardamenti
che scuotevano la terra di Puglia, fra lotte di sentimenti, paura, terrore
sparso sui visi di tanti sfollati che venivano al Santuario per piangere
sulla sorte dei loro cari, chi poteva mai darmi la chiarezza di idee, lo
slancio di amore per quest'opera e il superamento di ogni difficoltà
se non la Vergine?
A Lei la mia fede e il mio ringraziamento.
F.to Amedeo Trivisonno
|