Non vi sono più danari
Ma degna di eterna memoria è la grazia che Padre Matteo impetrò
dalle "mani liberalissime" del Signore, col mezzo dell'intercessione
della beatissima Vergine.
Girolamo Lombardo, ingegnere e capo mastro della fabbrica del convento
d'Agnone, inteso che i deputati non avevano più alcuna limosina nelle
mani per proseguire l'opera, andò a ritrovare il servo di Cristo
e gli disse: "Padre mio,non vi sono più danari né per
me, né per gli altri maestri miei compagni, né per i manuali;
si che se la paternità vostra non provvede a questo bisogno ci converrà
levar mano dal lavoro".
Ciò udito, l'uomo di Dio gli rispose con bocca ridente: "Fratel
mio, state di buona voglia, e non temete, che non mancheranno quattrini.
La santissima Vergine, ch'è nostra Madre, non lascerà di soccorrere
alle necessità dei suoi figli". E con questa risposta licenziato
l'ingegnere, Padre Matteo andò subito nella cappella della Madonna
a supplicarla affettuosamente, che si degnasse di sovvenire "dall'erario
della divina provvidenza" alla necessità della fabbrica.
Ottenne questa supplica così presta e favorevole spedizione, che
la mattina seguente sopra l'altare della stessa cappella furono ritrovati
sessanta scudi,"senza potersi mai intendere chi ve li avesse portati,
ancorché si facessero molte diligenze per averne qualche notizia".
Onde tutti restarono persuasi, che quello fosse stato un soccorso
miracoloso, ottenuto da Dio per la calda preghiera della sua Madre santissima,
"mossa" dalle orazioni di padre Matteo (o.c.,n.85).
Maestro dei novizi
Considerando le molte virtù che risplendevano in questo perfetto
religioso, i superiori lo promossero "al magistero dei novizi, affinché
con la sua vita divota, virtuosa ed esemplare e coi documenti insieme gl'incamminasse
sul diritto sentiero della regolare osservanza e dell'evangelica perfezione"
(cf. Annali, t.III, parte I, anno 1616, n.86).
Matteo costituito dal Signore "come specchio e modello, in cui
fissando gli sguardi i giovani entrati novellamente dal secolo nella Religione,
apprendessero la maniera del vivere santamente" (ivi), si diede con
maggior fervore nell'esercizio delle virtù e dall'unione con Dio,
sì che potevano i giovani dal contemplare le di lui azioni, "cavare
motivi efficacissimi per infiammarsi dell'amore divino" (ivi).
A mensa Padre Matteo ascoltava così attentamente la lettura,
che quando udiva qualche materia affettuosa, "o veniva ad essere come
alienato dai sensi o si risolveva in lacrime; ed una volta, sparecchiandosi
il refettorio, fu veduto non solamente rapito in estasi, ma sollevato con
tutto il corpo da terra" (ivi).
Senza cantilene
Discorreva frequentemente con i novizi e li ammaestrava del modo ora
di fare con profitto l'orazione; ora d'esaminare diligentemente la coscienza,
seguita da una confessione esatta, ma "senza di quelle cantilene inutili
e tediose, solite farsi da alcuni giovani poco bene istruiti dai loro maestri"
(o.c.,n.8).
Li aiutava, per l'acquisto della perfezione, a spogliarsi dell'uomo
vecchio e vestirsi del nuovo, suggerendo "un'intera confessione generale
di tutti i peccati, con cui l'anima viene a purificarsi e rendersi graziosa
negli occhi divini"; e per mantenersi nella grazia e meritare l'aumento
di essa, bisognava fuggire, ''qual velenoso serpente, ogni difetto volontario
e diligente esame di coscienza per vedere se si trovasse nel cuore "qualche
tarlo d'impuro affetto" o nella mente "qualche caligine di sorditezza
di mondo". Sforzandosi di levare dalla coscienza ogni colpa, perché
"la purità dell'anima era il fondamento della vita spirituale"
(cf. o.c., n.87).
continua
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