Relazione dettata e firmata dal dottore Ghini e compagno
Volgeva il tramonto del 30 Settembre1943, quando insieme al mio concittadino,
Padovani Giovanni, avendo passato il fiume Fortore, nei pressi
di Serracapriola, camminavamo con la ferma speranza di sorpassare
la linea di fuoco tenuta dai tedeschi, quando tutto ad un tratto
fummo fermati da una pattuglia che, con voce minacciosa, mi chiese dov'erano
gli inglesi. Risposi che non li avevamo visti affatto avendo sempre
attraversato le vie di campagna.
Ci obbligarono di seguirli e dopo vario cammino, stanchi, affamati giungemmo
ad uno dei loro comandi. Condotti alla presenza di un ufficiale,
dopo varie domande costui, non tenendo conto dei nostri documenti,
ci qualificò come spie e ci condannò a morte!!!
Da due militi fummo spinti in una macchina e portati fuori dal paese.
Durante il breve viaggio invocammo, piangendo dirottamente il Signore,
la Vergine e tutti i Santi.
Giunti al luogo da loro stabilito, presso un piccolo edificio, i militi
ci misero con le spalle al muro e poi caricarono le pistole automatiche....Era
giunto per noi l'ultimo momento della vita.
Una languida speranza ci conforta. Dall'interno dell'abitato partì
una voce che chiamò l'ufficiale che ci accompagnava. Invocammo,
allora, con più fiducia la Madonna. Dopo alcuni minuti,
ci fecero entrare di nuovo in macchina dicendo che ci avrebbero fucilati
all'alba del dì seguente e ci condussero nella località
detta "macello" dove ci chiusero in una stanza. Passammo
tutta la notte perplessi, piangendo e pregando con vivissima fede!
Al mattino alle ore otto, i tedeschi aprirono la porta della prigione
e ci ordinarono di pulire il cortile e di spaccare la legna. La speranza
della salvezza si fece più viva nei nostri cuori. Alle ore ll,30
l'ufficiale ci accompagnò di nuovo nella prigione e con la rivoltella
in mano ci disse che avrebbe dovuto fare "kaput" ma che aveva
avuto compassione di noi; chiuse la porta e andò via.
Riconoscemmo subito l'aiuto celeste, ci abbracciammo e, commossi, piangemmo
come bambini.
Dopo alcune ore, per la stanchezza e per la fame, dai nostri cuori partivano
lamenti che furono ascoltati da alcuni passeggeri; costoro, con
violenza, spalancarono la porta della prigione e ci diedero la libertà.
Mentre stavamo nel cortile del macello udimmo il suono di una campana
che partiva dal vicino Convento dei Cappuccini, corremmo verso
la Chiesa, era aperta, entrammo,vedemmo sull'altare Maggiore, in un folgore
di luce, la Vergine delle Grazie.
Con profluvio di lacrime cademmo ai suoi piedi. La pregammo tanto tanto
e La riconoscemmo nostra salvatrice.
Nella vita mai dimenticheremo la Vergine delle Grazie di Serracapriola
e tutte le gentilezze che ci usarono in questa città i
Padri Cappuccini.
Firmati
Ghini Dr.-1899-Imola
Padovani Giovanni-1903-Imola
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