Come amorosa madre
Nel principio dell' anno 1614, infermatosi a morte padre Tommaso da Trivento,
ministro provinciale, nel luogo di Frosolone, andò fra Matteo a vederlo,
lo servì per molti giorni con ogni carità immaginabile e lo
assistette fino all'ultimo respiro.
Dopo morte gli fece l'orazione funebre e con tanto sentimento di dolore
che "cavò il pianto dagli occhi di tutti gli assistenti non
meno secolari che frati".
Partito per ritornare ad Agnone, come la scorse da lontano, proruppe
in queste parole: "Agnone, patria mia dilettissima, non dirò
ingrata, come già disse quell'altro alla sua, perché sempre
mi sei stata graditissima, sempre mi hai teneramente amato come amorosa
madre; ed io vicendevolmente da buon figlio ti ho servito in tutto quello
che mi è stato possibile; ma dirò ben con lo stesso: tu non
avrai le mie ossa, dovendo altrove terminare i miei giorni" (o.c.,
n. 110).
Ritornato alla sua guardiania, fra Matteo durante l'anno, che fu l'ultimo
di vita sua, attese "a far tutte le azioni ed esercizi spirituali con
maggior fervore di spirito che mai per l'addietro". Dopo l'Epifania,
all'inizio della quaresima la "Benedetta", ancorché si
trovasse "infermo di grave indisposizione di stomaco", sapendo
che quella sarebbe stata l'ultima, volle nulladimeno digiunarla con tutto
rigore, "senza pigliare neppure un boccone di pane per colazione la
sera". Ed alla fine di detta quaresima "con tanto affetto di divozione
pregò il serafico Padre a benedire i frati, che li eccitò
tutti a lacrime di tenerezza" (o.c., n. 111 ).
Pregò con le ginocchia a terra
Intorno alla festa di Pentecoste si celebrò il capitolo provinciale,
con l' assistenza del ministro generale padre Paolo da Cesena.
Padre Matteo terminava il triennio del suo guardianato e doveva, conforme
alla prassi della Provincia, cessare dal governo per un anno.
Il padre generale, informato delle sue molte virtù, particolarmente
dello "zelo dell'osservanza religiosa", voleva dispensarlo, affinché
di nuovo potesse essere eletto guardiano.
Padre Matteo, alla presenza dei padri definitori (cioè consiglieri)
provinciali, pregò "con le ginocchia a terra il padre generale
a lasciarlo suddito", dicendogli che il maggior desiderio ch'egli avesse
ed "una delle principali grazie, delle quali aveva supplicato il Signore,
era di poter morire sgravato dal peso della prelatura: accennando con ciò
esser vicino il termine del suo vivere" (cf. Annali, t. 111, part I,
anno 1616, n. 112).
De profundis e non Te Deum
Ottenuta la bramata grazia e licenziato il Capitolo, padre Matteo restò
nel medesimo convento di Sant' Elia a Pianisi, sotto la cura del padre Bonaventura
da Apricena e vi dimorò tutta l' estate, "alquanto molestato
dalla podagra"; ma all'inizio dell' autunno fu "sopappreso da
un dolore veemente di stomaco, che lo travagliò gravemente fino alla
metà d'ottobre".
Non sapendo più i medici che rimedio applicargli per guarirlo,
stimarono di fargli cambiare aria e gli proposero "per giovevole alla
sua indisposizione quella di Serracapriola, ove fra Matteo fu condotto sopra
un carro, non potendo arrivarci a piedi, né a cavallo "per essere
oltre il dolor di stomaco, aggravato ancora dalla podagra". Nell' avvicinarsi
alla nuova destinazione, il padre guardiano Bernardino da Castelluccio,
con tutta la famiglia religiosa, uscì incontro a padre Matteo e "abbracciatolo
con grande tenerezza e riverenza, mostrò di sentire gran contentezza
della sua andata colà ad onorare ed edificare con l'esempio dei suoi
virtuosi costumi, quel convento e tutta la Terra".
Levato dal carro, mentre i confratelli tra le loro braccia lo portavano
in convento, giunto sopra la bocca della sepoltura ch'era sotto l'atrio,
avanti la porta battitoia, Padre Matteo disse le parole del salmo:"Haec
requies mea in saeculum saeculi: hic habitabo quoniam elegi eam: qui abiterò,
perché l'ho desiderato" (Sal. 132, 14).
Entrato nel chiostro, incominciando il Padre guardiano a cantare il "Te
Deum" per dimostrazione d'allegrezza: "Oh Padre - gli disse fra
Matteo che ai morti non si canta il Te Deum, ma il De profundis". E
dato principio lui a recitarlo, fu seguito dagli altri alternativamente
sino all'ingresso della sua cella, ove posato sulla lettiera, disse: "Con
questo medesimo salmo sarò in breve portato fuori da questa stanza".
E si verificò la sua predizione, perche quindici giorni dopo fra
Matteo passò dalla presente vita alla eterna (o.c., n. l 13). .
Anima di paradiso
Meravigliosa fu la pazienza, con la quale sopportò fra Matteo
questa ultima infermità, non solamente di dolor di stomaco, cagionato
dalla debolezza per la continua contemplazione, frequenti vigilie, applicazione
di studio e fatica di leggere e di scrivere, ma di più di febbre
ardente e maligna, che lo ridusse all' ultimo dei suoi giorni.
Inteso il servo di Cristo, che per giudizio del medico non vi era speranza
alcuna di guarigione, fra Matteo pregò i frati affettuosamente di
raccomandarlo nelle loro orazioni. Quando lo visitavano li pregò
a non ragionar d'altro che di Dio e delle cose divine.
Si fece mettere davanti un divotissimo Crocifisso, su cui fissando sovente
gli sguardi pieni di lacrime, "discorreva con esso lui amorosamente
nell' interno del cuore". E tenendo da un canto un vasetto di acqua
benedetta, si segnava spesse volte e ne aspergeva la stanza.
Volle confessarsi, generalmente dal padre guardiano; e quando gli fu
portato il Santissimo Viatico, si fece tal violenza che, "sebbene non
potesse muoversi senza l' aiuto di più frati, a cagion della gran
debolezza e della podagra, si levò da se stesso dalla lettiera e
si gittò con le ginocchia a terra per riceverlo con ogni maggior
riverenza".
Dopo la comunione, si trattenne, "quell'anima di paradiso",
lungo spazio di tempo negli "amorosi abbracciamenti col celeste Sposo".
Fatto, poi, chiamare il padre guardiano e gli altri frati, fra Matteo lesse
alla loro presenza, con abbondanza di lacrime, "le proteste da sé
composte, li pregò che le sottoscrivessero come testimoni; e poi
se le appese al collo, affinché gli servissero da forte usbergo contro
le saette del nemico infernale.
Indi con grande istanza domandò l' Olio sacro e lo prese con singolar
divozione.
Desiderò questo benedetto padre, "come devotissimo della
Passione di Cristo e della purità della santissima Vergine",
di morire tra il venerdì e il sabato, giorni consacrati all' uno
e all' altra - alla Madre ed al Figlio - e ne ottenne la grazia: fra Matteo
rese lo spirito di Dio, "con somma pace e quiete", in età
di 53 anni, il venerdì, vigilia di tutti i Santi, alle cinque della
notte seguente "per andar con loro (come pienamente si può credere)
a godere e trionfare nel Cielo" (o.c., n. 114).
continua
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