Non per predicare, ma per patire
La predicazione di padre Matteo riusciva tanto più fruttuosa,
quanto che col fervore del dire accompagnava l'esemplarità della
vita, particolarmente il rigore dell'astinenza; mangiava "appena quel
tanto ch'era bastante a mantenerlo vivo".
Una sera il frate compagno, mosso da caritativa compassione, l'esortò
a prendere nella colazione un poco di pane: "Con tanta scarsezza di
cibo - gli disse - verrai meno sotto il peso delle fatiche", "Non
sono venuto alla Religione - rispose Padre Matteo - per predicare,
ma per patire; e se io mancherò, non mancheranno altri predicatori
nella chiesa di Dio, che senza paragone molto meglio di me eserciteranno
tal ministero; non dimeno, confido nella benignità del Signore, che
mi somministrerà vigore bastevole per arrivare insino alla fine".
In effetti proseguì e compì il corso quadragesimale con
quello stesso fervore, col quale l'aveva incominciato; il che fu di stupore
a tutto il popolo. E lo stesso penitenzial rigore Padre Matteo osservò
tutto il tempo che seguitò a predicare in varie Terre e Città,
"con frutto meraviglioso delle anime, riuscendogli di convertir a penitenza
innumerevoli peccatori sepolti nei vizi, riconciliando molti nemici tra
i quali passavano discordie mortali; e facendo fare tante restituzioni di
roba e di fama, che sarebbe cosa molto difficile e tediosa il raccontarle
tutte distintamente" (o.c., n.80).
Patria molto grata
Agnone si mostra molto grata a Padre Matteo, perché "per
mercede delle sue rare virtù e gloriose fatiche da lui fatte",
determinò di fondare un convento ai cappuccini. E benché da
principio v'insorgessero "molte e gagliarde opposizioni", sia
da parte del vescovo diocesano che da parte di altri, si superarono tutte
con "l'efficacissima interposizione" del principe di Stigliano
ed in breve la fabbrica fu ridotta a perfezione.
Nel principio di fondazione, "cosa degna di gran meraviglia"
è quella che accade a Biagio di Porfino. Il sito scelto e comprato
per la fabbrica del convento era un pezzo di terreno seminato a grano per
uso della sua povera famigliuola; temendo il meschino di restare privo del
necessario sostentamento, ne sentiva per ciò grandissimo rammarico,
"massimamente non essendogli ancora stato sborsato il denaro della
vendita, alla quale aveva acconsentito di malavoglia".
Andato per questo un giorno a ritrovar Padre Matteo, piangendo amaramente,
gli disse: "Oh! Padre, e che sarà di me poverello? I fabbricieri
mi hanno indotto a privarmi del campo in cui era un bel seminato, né
so quando siano a darmi il denaro già patteggiato; onde posso temere
che questo verno la mia casa non sia per sentirne gran detrimento".
A tali doglianze, toccandogli Padre Matteo "carezzosamente"
un orecchio e dolcemente consolandolo, gli rispose: "Non dubitare,amico
mio, che vi farò soddisfare interamente dai deputati. Confidate nella
pietà divina e siate sicuro, che il Signore vi ricompenserà
abbondantemente l'incomodo, che per il bisogno della nostra fabbrica vi
conviene patire. Il Signore non vi lascerà mancare il pane per il
vostro sostentamento e per quello dei vostri figliuoli".
Restò il pover'uomo per questa promessa consolato ed allegro;
non solo ebbe dai deputati in breve tempo intera soddisfazione del campo
venduto: ma di più "ritrovò nel paniere da venti volte
moltiplicate le pagnotte". Onde il buon Biagio, "pieno di meraviglia",
pubblicò per tutta la Terra ilmiracolo e diceva: "Veramente
che questo fra Matteo è un santo, perché mi è succeduto
a puntino tutto quello che mi è stato da lui predetto. Ne sia per
sempre lodato e glorificato il Signore" (o.c., n.81).
continua
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