Eccellente predicatore
  Il servo di Cristo, padre Matteo era stato dotato da Dio e dalla natura di molti rari talenti: vivacità e sottigliezza d'ingegno, fecondità di memoria, robustezza di corpo, aspetto venerabile e maestoso, voce alta e sonora. Accoppiando con questi lo studio indefesso delle scienze, ed in particolare dei Santi Padri, non è meraviglia che riuscisse "uno dei più eccellenti predicatori dei tempi suoi; e con la sua fervorosa predicazione raccogliesse dall'anime frutti in grande abbondanza di penitenza e di virtù cristiane" (cfAnnali, t.III, parte I,anno 1616, n.77).
 Incominciò ad esercitarsi in questo ministero prima che fosse promosso al sacerdozio. Difatti, terminato in Bologna il corso della sacra teologia, vi predicò una quaresima e "diede saggio mirabile" del suo grande spirito, fervore e zelo della salute dei popoli (ivi).
 Ritornato nella provincia di Sant'Angelo, desiderando i suoi parenti ed amici di averlo anch'essi per una quaresima, ne fecero istanza al Padre Provinciale, e ne furono compiaciuti. E perché in quel tempo non era ancora fondato in Agnone il convento dei cappuccini, giunto colà Padre Matteo non volle per modo alcuno alloggiare né dalle sorelle - era la sua casa paterna - né da altri congiunti per sangue, ma si diresse dai Padri Osservanti, ove concorse a visitarlo la miglior parte degli abitanti, restando tutti "non poco edificati della sua molta modestia, umiltà e divozione".
 In tutto quel tempo carnevalesco, nei quali dimorò tra questi padri, Padre Matteo non solo stette sempre ritirato, "conforme il suo solito", ma come fosse nel proprio convento, né avesse a studiare le prediche della quaresima, si levava ogni notte a mattutino; e più volte fu ritrovato prima e fu sentito sospirare e piangere dirottamente avanti all'altare del santissimo Sacramento (o.c., n.78).

 

Peccatore e peccatrice, perché diffidi?
 Dal convento dei Padri Osservanti, posto fuor della Terra, Padre Matteo passò in quello dei Padri Conventuali, ch'era vicino al pulpito, accolto da quei "buoni e divoti religiosi con ognicarità e amorevolezza".
 Padre Matteo diede principio alla predicazione con tanto ardore, che parevano le sue parole "saette di fuoco" che ferissero e trafiggessero i cuori deglia scoltanti; quasi tutti i ragionamenti commovevano il popolo al pianto.
 Esortando una volta e inanimando i peccatori a confidare nella divina pietà, disse con gran fervore: "Dimmi, uomo e donna, peccatore e peccatrice che sei, perché diffidi della misericordia di quel Signore, il quale si pregia di essere misericordiosissimo: hai defraudato, hai consumato latrocini, hai commessi adulteri, sei stato usuraio, idolatra, infedele...anche Zaccheo defraudò, il buon ladrone consumò tutta la vita in latrocini, Davide fu adultero ed omicida, Matteo sedeva al telonio, anche Aronne fu idolatra, Pietro ancora negò e rinnegò una, due, tre volte...Peccarono in diverse maniere, ma fecero altresì penitenza dei loro errori...".
  "Ora se tu imiterai il loro esempio, e con essi ti pentirai delle tue scelleraggini, sii sicuro che Dio ti farà santo e santa. E forse che per fare passaggio dalla vita cattiva alla buona, dal vizio alla virtù, dalla colpa alla grazia, dalla malvagità alla santità, ci vogliono eternità, millenni, secoli, lustri? No,miei uditori; ciò si fa in manco d'un anno, d'un mese, d'una settimana, d'un giorno, d'un'ora; si fa in un batterd'occhio, in un momento: altro non vi si richiede che un atto risoluto di volontà, il cuore e la faccia al Cielo e da Dio: come peccando volti la volontà, il cuore e la faccia alle creature e le spalle a Dio; così volendoti pentire dei tuoi peccati, hai da volgere la volontà, il cuore e la faccia a Dio e le spalle alle creature".
 Ciò disse padre Matteo e con tanto fervore di spirito, che compunse tutti gli ascoltanti, fra i quali si ritrovava un ostinato, ch'era stato venticinque anni senza confessarsi di un suo peccato. All'udire questo discorso, concepì tanto dolore che "spargendo rivi di lacrime", andò subito ai piedi del confessore a dirne sua colpa e rendette grazie affettuose al Signore, che si fosse degnato con l'efficacia dell'esortazione di questo suo Servo di "averlo fuor delle fauci dell'inferno" (o.c.,n.79).

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