La porta del morto..... di Antonio Daddabbo

In un tempo in cui si parla con disinvoltura di città a misura d'uomo, alla domanda "cos'è la porta del morto" , nella migliore delle ipotesi, ci sentiremo rispondere che si tratta di una porta che non si apre mai, ma certamente nessuno sospetta che dietro a quella definizione si nasconde la storia delle case dei nostri centri storici, costruiti a misura d'uomo nel vero senso della parola.

A Serracapriola, come in tutti i centri storici, se si escludono la casa palazziata dei ricchi e u' bàsce (il monolocale a piano terra) dei poveri, l'unità abitativa del ceto medio era a pianta rettangolare, costruita mmònte e bàsce (su due livelli oltre ad un piano interrato ed al sottotetto), con un fronte sulla strada e su tre lati confinante con altri edifici.

Il cuore della casa era un grande locale al piano terra (ingresso-pranzo-cucina-soggiorno), da cui si accedeva al piano superiore (zona letto), alla cantina (antico frigorifero) e ad un cortile interno, dove un piccolo locale era destinato a ricovero per l'asinello (mezzo di trasporto dell'epoca), per la capretta (che assicurava il latte fresco), le galline (garanzia dell'uovo di giornata) e del maiale (materia prima per la provvista annuale di salumi). Nella zona di rinfianco delle volte dei locali a piano terra veniva ricavata à fussétte, destinata a deposito di grano. Questa veniva caricata da una botola, posta sul pavimento del piano superiore, e sfociava nel locale a piano terra tramite un'apertura, con chiusura a saracinesca. Di qui si prelevava periodicamente il grano, da portare al mulino (nella quantità necessaria), per essere trasformato in farina e, quindi, in pane o maccheroni, non molto diveramente da come si faceva con il caffè, che si acquistava in grani crudi, per abbrusolirli, di volta in volta, in funzione del consumo, e macinarli solo quando dovevano essere trasformati in bevanda (acquistare il caffè già macinato non è da intenditori).
Nella cucina troneggiava un imponente camino u chèntone (l'impianto centrale di riscaldamento) da cui si prelevava la brace per alimentare i radiatori del piano superiore (u vrèscére e lo scaldino) e l'acqua calda, grazie ad una caldaia (immancabile nel camino, con funzione di umidificatore).

La scala di accesso al primo piano era costituita da un'unica rampa, abbastanza ripida, che partiva da un pianerottolo sistemato ad una quota non inferiore a mezzo metro rispetto al piano stradale. Per accedere a questo pianerottolo, dall'interno c'erano due o tre comodi gradini. All'esterno, sulla strada, a filo muro, un solo gradino, utilizzato come comodo sedile dai ragazzi di strada, rendeva l'accesso abbastanza difficoltoso.

In realtà, dopo n'òre de nott (la prima ora di buio), mentre gli abitanti de dint'à tèrre (della parte antica), con la chiusura serale della Portella si sentivano al sicuro, quelli de for'è pòrte (parte nuova), dovevano provvedere alla propria difesa, a cominciare da chi bussava alla porta. A tal fine la porta di accesso al piano terra, abbastanza grande da consentire il passaggio anche all'asinello, veniva sbarrata c'a vàrr (un travicello fissato in due fori praticati negli stipiti del portone), e si apriva la porta di accesso alla scala, appena sufficiente a consentire il passaggio ad una sola persona, che in posizione poco equlibrata per l'altezza del gradino esterno, poteva essere facilmente respinta.

Nel '900, passata l'epoca del brigantaggio, questa piccola porta secondaria (abbastanza scomoda) veniva aperta solo in occasione dei funerali, per consentire l'uscita della cassa del morto, proveniente ovviamente dal piano superiore (zona letto). Di qui la denominazione di "porta del morto".

Quando l'asinello è stato rimpiazzato dall'automobile, il locale a piano terra è stato destinato a garage, mentre l'abitazione è stata trasferita integralmente al piano superiore (quasi sempre con aggiunta di una sopraelevazione).
Nei casi in cui il locale al piano terra non è stato trasformato in androne, la porta del morto è divenuta la porta principale e, per rendere comodo l'accesso, sono stati realizzati dei gradini sulla strada, i quali più che antiestetici risultano particolarmente pericolosi per il traffico.

E' solo l'inizio di una trasformazione del centro storico, paragonabile alla trasformazione di una macchina di formula 1 in trattore, per la potenza del motore. Nel vedere questo mostro meccanico, sicuramente chiunque, oltre a definirlo un brutto trattore, si chiederebbe "perché hanno perso tanto tempo a studiare una carrozzeria aerodinamica per un trattore che non dovrà mai correre?"

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