Sì, Sì – No, No - a cura di Giuseppe Gentile


Sì, Sì alla fontana in piazza V.Emanuele III
Finalmente la fontana, inaugurata il 31 agosto 2008, è rinata a nuova vita, nel rispetto del progetto originario, per merito dell’artigiano Franco Cialone, titolare della ditta Tecnosistemi, il quale, dopo l’approvazione dell’Amministrazione Comunale, superando non poche difficoltà e sobbarcandosi la maggior parte delle spese, con alcuni volenterosi artigiani, ha portato a termine la ristrutturazione. Lo stesso Cialone, direttore dei lavori, assieme a Gianluca Potente, realizzò l’impianto idraulico e l’impianto elettrico, caratterizzando la fontana con giochi di luce rossa, bianca e verde che illuminano i gettiti dell’acqua. Il materiale per la pavimentazione, di cui una parte donata dal marmista Pasquale Cannito, è stato pagato dal Comune, mentre la messa in opera, effettuata da Fortunato D’Onofrio, Francesco Marolla e Fortunato Nino Spagnolo, da Franco Cialone. Le aiuole sono state curate da Romano Coco e la catena di recinzione è stata realizzata da Agostino Cardascia.
Il risultato positivo nel suo complesso annulla qualche stonatura che non andremo ad indicare per non guastare la festa della cittadinanza che dal giorno dell’inaugurazione contempla soddisfatta i gettiti dell’acqua, illuminati dai tre colori della bandiera italiana. Anche perché il precedente rifacimento lasciava a desiderare: la forzatura della tinta blu all’interno della vasca in pietra di Apricena per falsificare il colore dell’acqua, il pavimento di ciottolato, l’impianto idraulico inefficiente e il “sarcofago” in pietra. Nata anemica, la fontana è stata in dialisi e in coma profondo, perché veniva curata sempre da “dottori distratti”. Qualcuno voleva farle addirittura la plastica per stravolgere la sua fisonomia. Quanti “luminari” hanno contribuito a prolungarle la malattia! Ora sprizza salute da tutti i pori. Come si sa la protagonista di tante peripezie è stata sballottata per ben due volte da una sede all’altra e ristrutturata tre volte, perdendo nell’ultimo spostamento un blocco di pietra, risolto nel montaggio con un rattoppo. Ora non ci resta che augurare alla nostra fontana, in odore di santità, lunga vita.


Sì, Sì alle due palazzine, civici 16 e 10, in Corso Garibaldi Borgo Occidente, fatte costruire dai fratelli Altamura. Da notare sui due portali in pietra di Apricena le chiavi degli archi costituiti dallo stemma di famiglia, sormontato da una corona e formato al centro da una torre con il sole, ed ai lati da un leone, una stella e un muro in mattoni.
1ª) La prima, al civico 16, costruita intorno alla fine del 1700 con il solo piano terra, fu poi rimaneggiata con la sopraelevazione per volere del proprietario Michelangelo Altamura. La palazzina fu ereditata dalle sorelle Filomena e Francesca Altamura. Quest’ultima coniugata con l’uff. Michele Mancini ne restò proprietaria. La famiglia Mancini con i figli Irene (1921-2002) e Domenico (n.04-11-1928), coniugato con Chiara Landi, ha sempre curato la propria abitazione (ogni casa è patrimonio della comunità) nel rispetto dei canoni immutabili del restauro conservativo. Negli ultimi lavori l’immobile, a cui è stato rifatto ex novo dal falegname Guido Gallo il portone d’ingresso in legno massello, è stato restaurato con la semplice ripulitura della parte muraria esterna lasciando i mattoni a vista con le fughe riportate al livello dei mattoni stessi. Le porte dei balconi e delle finestre in legno sono originari, perché ben curate con periodiche manutenzioni.
2ª) La seconda, al civico 10 fatta costruire intorno al 1870 fu intestata a Pietro Altamura, (mentre i sottani furono ereditati dalle sorelle Filomena e Francesca Altamura). In seguito i proprietari furono prima Diego Ricci, poi Fabrizio Gatta e gli eredi di quest’ultimo che la vendettero ad Antonio Magnocavallo.
Il nuovo proprietario Antonio Magnocavallo la fece restaurare radicalmente dall’impresa Edil di Maurizio Giannubilo. Il restauro esterno della parte muraria è stato eseguito perfettamente con la semplice pulitura dei mattoni a vista e la ricibatura delle fughe riportata al livello dei mattoni, rispettando così, senza colpo ferire, l’originaria messa in opera. Le persiane in materiale moderno anticato conservano all’interno le porte originarie e gli scuri di legno delle finestre e dei balconi, restaurati con bagni di vernice da una ditta specializzata. L’antico portale in pietra d’Apricena con il portone in legno, rivestito di zinco e borchiato, completano il restauro.
Sono ben inseriti nel contesto del palazzo i due negozi: al n.12 “King Market Alimentari” di Michele Balice e al n.8 “Marpe-Abbigliamento-Biancheria”di Armando Di Girolamo dove l’architetto, progettista dell’arredo del negozio, rinnovato nel 1990, oltre a valorizzare la facciata con le fioriere di mattoni serrani, per conservare la memoria dell’antica ubicazione del locale (du bàsce), bontà sua, volle restaurare all’interno il caminetto bianco con il richiamo dei mattoni a macchia di leopardo, la canna fumaria patinata di sporco-fumo e il pavimento in cotto.