Caro Nicola,
  come tanti in terra d'ltalia, anche tu non hai avuto profeti in patria. Per vedere riconosciute alla grande le tue qualità di paroliere e di compositore, dopo tanta gavetta, c'e voluta la stampella americana. Eh, si,proprio gli americani, la stessa schiatta che nei "fabulous sixties" annusando le tue qualità canterine , ti portò all'headquarters NATO di Bagnoli come vedette musicale di quel night da favola. Una manciata di mesi fa, musicisti statunitensi, sempre loro, hanno catturato alcune tue produzioni musicali. In versione strumentale quelle incisioni discografiche stanno diventando uno standard internazionale, mentre qui da noi, l'indigeno Fred, con "Buongusto" fa sognare gli innamorati con "L'importanza di un disco". E' il tuo inno all'amore e la più gettonata fra le canzoni da te firmate. Anni or sono, per lanciarla, hai voluto affidarla a Fred Bongusto, collega "in", ma soprattutto amico fidato. E l'artista di Campobasso ha saputo cogliere nel segno. E bene. Nella dinamica demograflco-economica di Serracapriola vivono cronache di partenze di massa, di distacchi dolorosi: l'emigrazione della povertà verso terre e paesi sconosciuti, lontani miriametrie distanti abissi. E quei limiti, appallottolati in un gomito di geroglifici datati anni Cinquanta, spinsero te e altri e poi altri e ancora altri tanti, al grande passo. "A' chiazzarann" che ti ha visto nascere, la lasciasti per andare "luntan-luntan, pé strad do 'munn...", proteso freneticamente verso un nuovo essere. Non facevi affidamento, né leva sul tuo slang, scondito di cultura ufficiale, ma sulla tua ugola baciata da Dio. Giovincello, tu la collaudasti insieme a tuo padre, spingendoti nei vicoli nostrani. rischiarati più dai raggi di Monna Luna che dalle fioche lampade Unes, per portare serenate alle tante "nunziatine" scontrose che facevano dannare, nello sconforto di un Eros consumato ai balconi, spasimanti malati d'amore. Questi tuoi ricordi, di costumi e di coreografie, sono l'originale background ove hai dipinto, con note reali e dialetto ruspante, la tua "Nunziatina". Alla partenza da Serracapriola, fra le ricchezze che possedevi, non c'era nemmeno la povertà di una valigia lisa e i tuoi pochi effetti personali hai dovuto inscatolare, con sogni e speranze di futuri migliori, in un cartone annodato con le lacrime di "mamme ch' chiagne..." Quella tua partenza, quella data, quello strappo ancestrale ispiravano a te diciassettenne, nella terza classe di un treno che sbuffava verso Milano, "L'11 Marzo", divenuto poi uno dei tuoi primi 45 giri di successo (etichetta Durium - orchestra di Marcello Minerbi) ripreso anche da altri artisti. Alle aspirazioni di un emigrante, la metropoli del primo impatto offrì, per materasso, un tavolo di bigliardo e per sostentamento un "garzonato" da bar. Per trasformare il tuo sogno in realtà, divenire cantante, hai mosso i tuoi primi passi nell'ambiente musicale come posteggiatore nei bar meneghini; la domenica, poi, partecipavi alla corale "Giuseppe Verdi" di via Pastrengo. Il serrano d'adozione, il dr. Caniglia, padre del soprano Maria, ascoltando in più occasioni la tua voce, ti spronò ad intraprendere regolari corsi di canto al Conservatorio di Milano. Già, il Conservatorio! Ma il lunario milanese? Al tuo appello, il dio denaro risultò latitante. Nel contempo, al concorso per voci nuove bandito dalla sede Rai di Corso Sempione a Milano, vincesti "Il microfono è vostro", sbaragliando gli altri debuttanti. Le potenzialità di quel momento magico, caro Nicola, non sei riuscito a sfruttare appieno. La vita che si vive nell'evolversi del quotidiano è una storia curiosa perché "...quello che non immagini, è sempre lì per succedere; non fai in tempo ad accorgerti che ci sei dentro fin qui..." E a caro prezzo, maturasti le tue superficialità giovanili. Piluccando di quà e di là. approdasti al "Festival della canzone italiana" irradiato in diretta RAI-TV dalla mediterranea Malta, con un Daniele Piombi giovanissimo conduttore. Per la prima volta catturasti la platea nazionale, cantando dal vivo "Sangue amaro" del M° Totò Savio. Ne facesti un successo, il tuo primo vero successo, che ti catapultò al "Festival-Bar" di Vittorio Salvetti. Con quel brano crescesti molto. Il motivo venne fischiettato dal gran pubblico e anche dai serrani che poco dopo, numerosi e tifosi, ti accolsero all'Ariston per il tuo primo recital in terra natale. Era emozionato, ma raggiante, Nicola d'Alessio cantautore,che in quella circostanza, con giacca e cravatta, declinava dal palcoscenico le variate generalità dell'emigrante divenuto artista giramondo al quale si aprivano le porte dei "migliori locali". E non solo in ltalia, ma anche in Grecia, Austria, Svizzera, Montecarlo, Turchia, Ecuador e Costa Rica. Sull'onda del successo guadagnasti l'arena televisiva di "Settevoci" a condenderti gli applausi di quella tenzone televisiva con "l parapioggia di Cherbourg" di M. Le Grand, colonna sonora del fllm omonimo. In quella trasmissione ti intervistò il suo conduttore, Pippo Baudo, già leader del piccolo schermo: a lui dicesti, con orgoglio, di essere un adriatico di Serracapriola.
  Tra concorso e fuori concorso, tra una rassegna e l'altra, segnasti abbondantemente il video Rai con i tuoi successi: La tua pelle - L'ultima sera d'estate - Roma, Roma - E' incredibile - Breve incontro - Angela - Core d'Abruzzo - Pazzo innamorato - Se io parto domani - Baciarti è troppo poco - Lucy-Lucv (più volte in classifica). - E poi, "Filumena, si' doce" canzone tanto amata da Eduardo de Filippo che volle conoscere personalmente e complimentarsi "co' guagliòn" che aveva saputo tessere un'armonia e una poesia tanto delicata e soave. Questi motivi, citati a caso, ed altri tanti ancora, rinverdisci tutte le sere, puntualmente, perpetuando il tuo lavoro, la tua "professione-cantante" nei night affollati e plaudenti al tuo smalto d'artista inossidabile.
  Ciononostante, non hai mai menato vanto della tua bravura, né hai fatto decollare la tua testa verso orbite irreali, come solo accade a chi è veramente bravo ed ha rispetto della propria arte. Mai ti sei avvilito sapendoti poco considerato dai menatorroni dell'intellighentia e della carta stampata adusi a fare e disfare le altrui reputazioni con semplici aggettivi. Raramente quelle penne hanno recensito i tuoi lavori musicali anche se coflrmati da nomi protagonisti del nostro tempo. da Calabrese a Caruso, a Pallavicini. Eppure. ma la cosa resti fra noi, caro Nicola, i tuoi 33 e 45 giri, si ascoltavano e si ascoltano -gradevolissimi- flno in fondo. Per questo non hai mai postulato interviste ossequiose ne riconoscimenti di carriera. E quando ti preannunciarono la consegna di una "Targa d'argento" alla carriera, offerta alla tua "arte" dall'Amministrazione comunale di Serracapriola. toccasti il cielo con un dito. Eri felice tra gli amici serrani il pomeriggio del 23 agosto 1984. E anche raggiante di gioia. Fra i presenti alla cerimonia di " Palazzo Arranga", siedeva in prima fila, un menestrello senza palcoscenico: tuo padre.

Tuo, Stanislao Ricci