Mario, Francesco, Giuseppe Brancacci, figlio di Biagio e Liberata Salciti [Serracapriola, via Bovio (strada grande) 27 febbraio 1910 - Roma, 5 aprile 1991].
Giornalista. Firma prestigiosa della prima Redazione del Bertoldo (Milano), poi del Marc'Aurelio (Roma), giornali di satira ed umorismo che "inventarono" un modo nuovo di far ridere.
Dal 1950 lascia la collaborazione a giornali quotidiani e periodici, iniziata nel 1924 e privilegia la sceneggiatura di film e la scrittura di testi radiofonici (centinaia e centinaia), alcuni cult della Radio, non di rado da lui stesso interpretati ai microfoni RAI. Insignito del Microfono d'argento (1950) e della Maschera d'argento (1953), ha ricevuto la Targa d'argento alla carriera dal Municipio di Serracapriola (23 agosto 1984).
La vita di Roma e Milano, città quest'ultima ove nel 1941 sposò Bianca Brancacci, i contatti con il mondo giornalistico, cinematografico e letterario contemporaneo, non hanno sradicato Brancacci dal mondo dell'infanzia serrana. Quel mondo, sempre presente nei lucidi ricordi più e più volte testato e rinverdito dai ritorni puntuali ai natii luoghi, lo ha depositato, guarnito con ironia sottile, in opere gradevolissime divulgate, nel fluire del tempo, da Radio, televisione (La dote - Don Giacinto <<a forza>> - Saluti e baci - Spine d'arancio ... ) e libri (Edizioni Mondadori, Eri).


Tremila lire per il Bertoldo: come fu scelto il titolo
Il primo numero ufficiale del Bertoldo, datato 14 luglio 1936, è lanciato in edicola al prezzo di <<trenta centesimi di buonumore>>.
"Vala'che vai ben", il titolo con il quale inizialmente si voleva battezzare il nuovo foglio satirico, non piacque a Giovanni Mosca, non piacque a Vittorio Metz. I redattori vennero invitati <<a spremere la fantasia per [trovare] un titolo formidabile>>. E, a tale scopo, Andrea Rizzoli, figlio dell'editore Angelo, mette in palio un premio di tremila lire a favore di chi azzecca un "titolo" migliore. Piovono, ad hoc, <<dozzine di titoli meravigliosi>>. Mario Brancacci propone "Benissimo"; Mosca e Metz <<lo abbracciano entusiasti e lo portano in trionfo. Brancacci è felice. Sogna le tremila lire>> e, per il modus vivendi futuro e tutto nuovo <<fa progetti grandiosi a base di spaghetti col pomodoro, viaggi all'estero e automobile con autista in livrea>>.
"Benissimo" sarà, dunque, il titolo della testata satirica; <<pare che anche Rizzoli (l'Editore) sia d'accordo, così Brancacci staziona in continuazione nei pressi dell'Amministrazione [della Casci Editrice] in attesa delle tremila lire.>>. Ma un giorno... Brancacci appare in Redazione che somiglia a uno straccio bagnato di sudore. Ha gli occhi appannati dietro gli occhiali e digrigna i denti.<< Qualcuno mi ha fregato le tremila lire>>, dice. <<Se riesco a sapere chi è stato...!>> Ma non dice cosa farà se riuscirà a scoprire il colpevole.<< Hanno chiamato (Mario) Bazzi e gli hanno fatto disegnare la testata>>, aggiunge. <<Ah, benissimo!>> commenta il suo interlocutore e collega redattore. <<Benissimo un corno, dice. Io l'ho vista e fa schifo. Il titolo è Bertoldo>>.
La satira del Bertoldo si ferma ii 10 settembre 1943: c'è la guerra, con i suoi eventi distruttivi ed un ordine di sequestro.
Mario Brancacci rimpatria a Roma, città di vita e lavoro raggiunta da Serracapriola nell'anno 1921.


14 AGOSTO 1966 - ORE 21,00 - RAI -TV, PROGRAMMA NAZIONALE
Preceduto da un breve filmato su Serracapriola, appositamente girato da una troupe della RAI, va in onda lo sceneggiato televisivo Don Giacinto <<a forza>>. Diretto da Anton Giulio Majano è scritto da Mario Brancacci che omaggia e ricorda la terra d'origine (nella trasposizione televisiva è "Serracervia").
Nel cast, con Nino Taranto e Maria Fiore, Benito Artesi, Silvio Bagolini, Guido Celano, Antonello Della Porta, Gennaro di Napoli, Ubaldo Lay, Giuseppe Pagliarini, Tecla Scarano.
La scenografia è di Antonio Hallecher, i costumi di Giovanna La Placa, la realizzazione dell'originale televisivo è firmata RAI, Radio Televisione Italiana.
Nell'anno 1914 Giacinto (nella realtà L. P., "piccolo" imprenditore agricolo), quarantenne ex capraio, che sacrifici e duro lavoro hanno elevato ad <<uno dei più forti proprietari>> di Serracapriola, subisce e tollera abusi e spremiture di borsa da alcuni nati <<col colletto>>, soci di rango del locale "Circolo dei Galantuomini", pur di conquistarne i voti necessari alla sua difficile nomina a membro dello stesso blasonato e storico sodalizio. Un traguardo ambizioso che Giacinto riesce a tagliare a votazione unanime guadagnando in tale maniera l'appellativo <<Don>>, simbolo tutto meridionale... di prestigio. Con il nuovo "distintivo sociale" don Giacinto potrà passeggiare per le vie del Borgo con indosso abiti confezionati su misura a Napoli, feltro a mezzo tubo e raccogliere, bardato nella sua eleganza, sempre rinnovata, l'ammirazione, i saluti e le riverenze dei compaesani.