La pastorizia transumante si realizzava quando, per utilizzare
d'estate i pascoli montani e d'inverno quelli di pianura, i pastori
e gli addetti alla lavorazione del latte e della lana con greggi
e mandrie si spostavano lungo una rete di strade erbose stabili
(12 tratturi principali per un totale di 1360 Km), dagli Abruzzi.
luogo d'origine (da dove si partiva e dove si tornava), per arrivare
al Tavoliere di Puglia, meta del viaggio. I proprietari del bestiame
e il resto della popolazione erano insediati nei pressi delle
due zone di pascolo estive e invernali dove svolgevano anche attività
agricole. La pastorizia stanziale, invece, come quella residua
del nostro agro, è stabile, cioè gli animali rimangono
sempre nello stesso luogo.
LA STRUTTURA DELLA DOGANA DELLE PECORE
La pastorizia transumante rifiorì quando nel 1447 Alfonso
I d' Aragona istituì la "Dogana della Mena delle
pecore in Puglia". La maggior parte dei terreni, prima utilizzati
a coltura, fu trasformata in estese praterie necessarie al pascolo
delle greggi transumanti. La struttura doganale venne gestita
dal doganiere F. Montluber, che utilizzò
per il pascolo del bestiame i possedimenti della Corona nel Tavoliere
e altri territori di feudatari, enti ecclesiastici, comunità
locali.
Queste proprietà, chiamate locazioni, a loro volta
furono suddivise in porzioni minori dette poste o iacci,
ovili che venivano assegnati ai proprietari del bestiame, i locati,
con relativo pascolo proporzionato all'armento. La Posta Pettulli,
oggi sede di un allevamento ovino stanziale di proprietà
dei fratelli Emilio e Aldo Marini, ci ricorda che
la posta doveva essere riparata dal vento, orientata a sud, è
sulagne. in leggera pendenza, dove gli ovini passavano
la notte o i giorni più freddi. Il toponimo Iaccio di
Volpe dà l'idea della dura vita della transumanza,
mentre verso la marina di Chieuti le contrade Posta Maurea,
Mandria Grande e Bufalara, tengono vivo nella memoria
il naturale movimento del bestiame. La Masseria CapoPosta,
a sud di Tronco, ci ricorda il "capo posta: rappresentante
agli effetti giuridici ed economici di un certo numero di pastori
di piccoli greggi riuniti in una sola posta."
L'assegnazione della posta, successiva al controllo del numero
di pecore denunciato dal pastore, veniva fatta dal Doganiere che
destinava al gregge, ancora nel riposo, la locazione e la posta
adatta prendendo nota per la riscossione della relativa fida in
maggio. Per questa "numerazione", fondamentale
agli effetti del gettito fiscale, il Doganiere si spostava dalla
sua sede di Lucera, e si portava in S. Martino e a Serracapriola,
nella pianura di Larino per la seconda metà di ottobre.
"In Serracapriola risiedeva la Ricevitoria della R. Dogana
di Torre Fortore e ne furono luogotenenti-cassieri Alessandro
(vice-console del Portogallo) e Vincenzo Castelnuovo, da
allora domiciliati in questo paese. L'ultimo ricevitore, prima
che la ricevitoria fosse trasferita a Lesina, fu Giuseppe Ciampa."
(A. de Luca o.c.)
Lungo il percorso dei Regi Tratturi, grandi vie di collegamento
degli Abruzzi con la Puglia, gli armenti usufruivano dei riposi,
pascoli vastissimi in cui si sostava in attesa della destinazione
definitiva, come le Murge, il Gargano, e il Saccione, il
migliore e il più ampio riposo.
Il regio tratturo l'Aquila - Foggia (con larghezza ridotta da
111 m. a 55 m. nell'anno 1949) interessava Serracapriola, S. Paolo
Civitate, Torremaggiore. Dalla Taverna di Civitate attraversava
l'agro di Serracapriola, lambiva il Passo di S.Giacomo
con la chiesa omonima, mmèzz u trèttòre,
dove si esigeva un pedatico per gli animali che vi transitavano,
diramandosi poi come un erbal flume silente verso i paesi
del Molise.
Una rete fittissima di tratturi, tratturelli e bracci
(vie di comunicazioni tra più tratturelli), nastri verdi
di queste vie dei pastori, larghi circa 10 ma anche oltre 100
metri, si snodavano dall'Appennino verso le coste pugliesi. Un
tratturello, largo m.55,55 variabile con un totale di Km.11,918
(anno 1949), collegava Ururi a Serracapriola e attraversava Ururi,
S. Martino in Pensilis e Rotello. Soltanto l'erba vi cresceva.
Nessun albero poteva essere piantato; nessuna casa costruita.
Nessun attrezzo agricolo poteva lavorare questa terra riservata
ai pastori. Affinché questi potessero pascolare liberamente
i loro greggi e percorrere queste vie senza incontrare ostacoli
c'era un corpo campestre di vigilanza, guardjè trèttòre,
che li tutelava. Il dominio della transumanza sacrificò
il Gargano e la collina di Serracapriola, i quali furono devastati
dai disboscamenti per riutilizzare i terreni a pascolo e, dopo
la soppressione della Dogana avvenuta nel 1806, a grano.
Il 19 ottobre 1549 il Viceré Pietro di Toledo (secondo
De Dominicis) comandò "il Doganiere avesse imposto
agli Ufficiali che facessero emanare un bando per tutti gli Abruzzi,
affinché i padroni di pecore o di altro bestiame da svernare
in Puglia, per tutt'ottobre ne presentassero le liste in Serracapriola,
dove com'era costume, ne avessero futte le locazioni, se ne fosse
rilasciato loro un bigliettino, e, fatte le locazioni. il Doganiere
se ne fosse disceso in Foggia a stanziare. Per lo che Serracapriola
era per tale oggetto rinomata per tutto il regno".
Nel 1553 il Doganiere di Sangro mutò il sistema
di concessione dei pascoli: alla numerazione si sostituì
la professazione. Bastò ai pastori denunciare un
numero di pecore superiore a quello reale per avere più
quantità di pascolo. La professazione si faceva in segreto
alla presenza del Doganiere che giungeva per il 20 ottobre a Serracapriola.
Nel 1564 l'assegnazione dei pascoli in autunno si fece a Foggia
e non più a Serracapriola poiché a Foggia convergevano
i tratturi come centro riconosciuto della Puglia piana.
La fase finale della transumanza, con le fatiche, con i conflitti
d'interesse contro lo strapotere della Regia Dogana a Foggia e
del governo a Napoli, i contrasti con il potere feudale, l'opposizione
del mondo agricolo, confluiva alla Fiera di Foggia. Il
soggiorno dei pastori nel Tavoliere terminava con la tosa delle
pecore. In questa Esposizione Provinciale Zootecnica si commercializzava
tutta la produzione ovina: carne, formaggio, lana, pelli. lnoltre
era l'unica occasione dell'annata per i locati dell'Università
dei padroni delle greggi di riunirsi in assemblea per discutere
di problemi comuni, per eleggere i deputati che dovevano gestire i
loro interessi. Questa Università era una specie di
Parlamento che rappresentava sia i grossi che i piccoli allevatori.
La Taverna del ponte di Civitate sul tratturo Aquila-Foggia. Sulla facciata a lato destro dell'androne staziona la
pandetta che fissa le tariffe per l'attraversamento del fiume
Fortore.
La Taverna ebbe più funzioni. Veniva utilizzata per il ristoro
di viaggiatori ed animali, o per il cambio dei cavalli, ma anche per
scambio di merci e contrattazioni. Qui stazionavano il tavernaro, gli
stallieri, i pedatici (le guide del tempo), i vaticali (trasportatori di
grano), il procaccia postale, oltre ai mercanti e i pastori che
lasciavano il bestiame in spazi predisposti. L'androne molto alto e
ampio caratterizza la costruzione, ormai diventata un rudere. Le
taverne erano possedute dalle Universit�, ma gestite dai privati.
Frammenti di frasi estrapolati dal lungo elenco inciso
sulla pietra della pandetta:
....PER SALMA DI SETA CARLINI DIECE.... ...CARRO CARICO DI
ORGIO E DI GRANO... ...BACEGNA DI ANGUILLE ED ALTRI PESCI
SALATI....
Al Passo di S.Giacomo si pagava il pedatico: Per ogni morra d'animali piccioli grana dieci. Per ogni pezzo d'animali
grandi grana due.
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