La maggior parte dei serrani per viaggiare prendeva il mezzo pubblico. Il primo servizio di linea Serra-Chieuti-Scalo fu attivato da Giacomo Caputo di Torremaggiore con un postale, pustèle, guidato da Antonio Potente, autista poi assunto dalla SITA. La Società Italiana Trasporti Automobilistici inizialmente si chiamava SAIM. Quando fece il suo ingresso in Puglia operò soltanto nella zona del Gargano interessando Manfredonia e Monte S. Angelo. Nel 1937 iniziò il servizio a Serracapriola con un autobus FIAT 666 RN con rimorchio della velocità massima di 77,7 km orari. Da allora la Sita ha assicurato, ad eccezione del periodo bellico, quando i pullman furono requisiti dai tedeschi, il servizio di linea per S.Severo-Foggia e per Chieuti-Scalo, Generazioni di viaggiatori, soprattutto studenti, spesso stipati in piedi nella corriera, avevano familiarità giornaliera con gli autisti e i bigliettai: Gaetano Prisco - Severo De Felice, Antonio Potente - Raffaele D'Adamo, Argante Rossi - Tonino la Torre, e Ninuccio De Felice -. Le marachelle goliardiche di alcuni studenti che sfuggivano al controllo della macchinetta che bucava il tesserino dell'abbonamento venivano tollerate da tutta la comunità viaggiante. Il servizio, oggi, continua con gli autisti Ennio Giannubilo e Benito Rossi. Verso il Molise sulla linea Serra-Termoli (in passato data in concessione in ordine di tempo a Lanciano, a Tomarelli, a Ciucci) i pullman di Calzolari sono guidati dagli autisti Domenico Ciarla e Antonio Tartaglia.
 La stragrande maggioranza dei serrani usa la propria automobile di grossa cilindrata per spostarsi. I servizi pubblici ormai accolgono pochi viaggiatori nei loro pullman, necessariamente confortevoli, dove è scomparsa la figura del bigliettaio, sostituita dalla macchinetta automatica.
 La motorizzazione di massa che rivoluzionò il costume serrano iniziò nel 1955 con l'uscita della Fiat 600 e segnò il declino dell'uso incondizionato dell'automobile. L'amore diventò più facile su due o su quattro ruote che portavano lontano. L'abitacolo della vettura creava l'atmosfera per le effusioni. Dagli anni 60 la Fiat 500 divenne l'auto di tutti. Ancora oggi si vede circolare qualche esemplare. La benzina a 142 lire al litro contribuì al successo. I primi gioielli dell'incalzante miracolo economico furono le auto lussuose della Lancia la Flaminia del costo di 2 milioni e 940.000 (1957) e dell' Alfa Romeo con la prima e poi la seconda serie della Giulietta, acquistata all'epoca dai fratelli Gino e Carlo Gatta. Non mancavano alcune macchine straniere come la Overland, la Dufin, e la Ford del tassista Antonio B. Del Carretto (sindaco di Serracapriola dal 18/9/1951 al 31/5/1954) che in seguito la sostituì con una 1400 Fiat. Fra gli ultimi tassisti ricordiamo Leonardo di Martino in una 1300 Fiat e di Cesare Gabriele.
 Fino al 1960 circa, tutti gli automezzi, soprattutto grossi camion con rimorchi, circolavano sulla Statale 16, cioè lungo il Corso Garibaldi, dove il traffico intenso causava parecchi incidenti mortali. I camionisti e gli automobilisti forestieri erano obbligati ad attraversare Serracapriola vivificando i vari esercizi commerciali: bar, negozi, ristoranti ed alberghi. Infatti, prima l'albergo Giannini, poi la Locanda Pescatore, il ristorante Bramante, l'albergo ristorante San Giorgio di Felice Castriota, e quello di Luigi Palazzo davano agli autisti di passaggio la possibilità di fermarsi per gradire sia la tipica cucina locale sia le confortevoli camere messe a disposizione dagli albergatori. Lo scambio commerciale e culturale ossigenava così il nostro ambiente e questa osmosi faceva accarezzare anche la speranza di un maggiore sviluppo per il nostro paese. In breve la febbre di possedere l'automobile contagiò tutti: non solo come strumento di lavoro e di svago ma anche come "status simbol". Tutte le frustrazioni si erano coagulate in una sola spinta verso la società opulenta. Il serrano si ritrovò ricco, buongustaio, automobilista, vacanziere. Contavano i consumi, l'amore libero e l'apparenza più della cultura, della disciplina civica e degli insegnamenti della Chiesa cattolica. Le vittorie del divorzio e dell'aborto (false conquiste civili) nei referendum degli anni 60 portarono allo sfaldamento della famiglia e alla caduta dei valori umani che restano immutabili. Si creò il benessere, non un costume di moralità, di onestà e di tutela dell'ambiente. A questo contribuì anche la motorizzazione dell'agricoltura. I grossi trattori, oggi sempre più confortevoli, sostituirono gli animali da tiro, agevolando enormemente il lavoro dei contadini, ma ruppero l'equilibrio naturale: uomo-animale-ambiente.
 L'uso sconsiderato dei nuovi mezzi porta alla distruzione del già povero patrimonio arboreo della nostra zona. Ogni pianta che non è ritenuta utile ed è d'impaccio al lavoro di aratura e di semina viene estirpata. L'industrializzazione dell'agricoltura e il M.E.C. costringe gli operatori del settore, non sempre preparati a stare al passo con i tempi, a far uso di semi selezionati, di pesticidi, di concimi chimici, e a subire, loro malgrado, le leggi del mercato. I potenti trattori e le nuove attrezzature servono a ben poco se non sono accompagnati da una nuova mentalità imprenditoriale di tipo cooperativistico. Sarebbe opportuno superare il ristagno della cooperativa Frentania, che, pur resistendo da molti anni, è comunque ferma all'ammasso. Il tempo delle vacche grasse è trascorso e il futuro non si prospetta roseo.