LE REGOLE del dialetto serrano
Chèmbène
Giuseppe Gentile

Chèmbène, n.f. – Vocabolo con più significati.

  1. Campana di bronzo. Il tempo veniva scandito dal suono delle campane delle chiese di Santa Maria e san Mercurio. Le campane sono di varie grandezze: campanone, mezzana, mezzanella, campanella. I rintocchi tristi di quest’ultima, davano la notizia della morte di un bambino. E a chèmbènèlle suonava spesso.
    “In origine la torre campanaria di Santa Maria in Sylvis era dotata di campane fisse, a martello. Nel corso dei secoli esse vennero sostituite con “bronzi” mobili. Alcune campane vennero realizzate nel 1694, nel 1800 (fusa-sembra-“in loco”) e nel 1827 (alla spesa concorse il Comune di Serracapriola che erogò 60 ducati). Nel 1925 furono fatte la “mezzanella”, intitolata a S.Fortunato martire e, dedicata all’Immacolata Concezione, il “Campanone” (ditta Mari, Torre dè Passeri). Queste campane, ferite nel corso delle agitazioni popolari che, nell’agosto del 1975, interessarono la chiesa di S.Maria, vennero rifatte nel 1979. La “Mezzanella” (quintali 2,10) è intestata a S.Maria, “Signora di Serracapriola”, il Campanone (quintali 11,60) a S.Fortunato, compatrono della città. Durante l’imperversare dei temporali anche da questo campanone il suono “a distesa”, nella locale tradizione, ha il potere di “rompere” la tempesta dell’atmosfera. Per la realizzazione di queste due ultime campane, molto si attivò don Michele Leccisotti, parroco della collegiata dal 1975 al 1993.
    Fino al tardo 1800, le ore della giornata venivano contate, non dalla mezzanotte, come oggi avviene, ma dall’ “Avemaria” che le campane di S.Maria e S.Mercurio suonavano mezz’ora dopo il tramonto del sole. Sicché, nel mese di ottobre, le ore 21 corrispondevano, con valore assai approssimativo alle attuali ore 15. L’antico uso, detto “dell’ora italiana”, il cui riferimento con l’attuale orario è variabile per l’alternarsi delle stagioni, è ricordato in Serracapriola nelle locuzioni “Ventunóre”, battuto tre ore prima della scomparsa del sole sotto l’orizzonte, n’óre de nòtte, la prima ora di buio, “Avémmèrì: ndà chèse o pa vie”. StanyRicci.”
  2. Spiazzo di terra che si lascia incolto in genere davanti alla masseria per la manovra dei mezzi agricoli o per altro uso.
  3. Campana di vetro che custodisce un’immagine sacra. Faceva parte dell’iconografia della chiesa domestica. La Famiglia nella propria casa, insieme con altre immagini sacre, di cui alcune dipinte su vetro (al rovescio di chi le guarda incorniciate), di tradizione napoletana; all’altarino ricavato in una piccola nicchia (a vutèrèlle) o alla vetrinetta a giorno con statuette sacre (schèrèbbattele), doveva avere almeno una o due campane sul comò. Ancora presenti in alcune abitazioni del paese, le campane, poggiate ad incastro su basi di legno, contengono statuette sacre di fogge e materiali diversi, risalenti al 1700/1800: di cera, di gesso, di legno, di terracotta, di cartapesta. Gli esemplari più diffusi hanno la testa, le mani ed i piedi di terracotta o cartapesta, ben curati, retti da una struttura di sostegno (“scheletro”) rivestita da abiti, spesso confezionati con pregevoli tessuti ricamati in oro.




























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Serracapriola

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