LE REGOLE del dialetto serrano
Chèntóne
dal n.8 anno VII de "La Portella "Giuseppe Gentile

Chèntóne, n. s.m. – Camino, focolare. Deriva da Cànte, vocabolo abruzzese (canto, angolo, posto appartato). Latino tardo canthus = angolo dell’occhio. Col termine si indica la delimitazione di un’area dove si poneva il focolare, un tempo cuore della casa, dove si provvedeva alla preparazione del cibo, al riscaldamento domestico e quale luogo d’incontro della famiglia durante le sere invernali.
Dai poemi omerici ricaviamo che nelle civiltà pre-elleniche la famiglia usava riunirsi attorno al focolare, simbolo della casa. Si pensa che il camino c’era già nell’antichità. Conosciuto con il nome di atrium, s’ identificava con la stanza principale e più vasta della casa (dotata di un foro sul soffitto per l’uscita del fumo) nel cui centro ardeva il fuoco. Questo anche per ridurre al minimo il pericolo di incendi, dato che gran parte delle abitazioni o parti di esse erano costruite in legno.
Nel Medioevo i camini erano situati al centro delle cucine dei conventi, anche per permettere ad un maggior numero di persone di riscaldarsi. Nel XIII secolo sorse il vero e proprio camino a muro. Tre sono i tipi di camino: uno completamente ricavato nel muro e quindi senza cappa; uno con cappa sporgente e un terzo che è una via di mezzo tra i due. Il tipo a cappa sporgente fu usato nel 1.300; nel 1.400 si cominciarono a costruire focolari ricavati completamente nel muro con un architrave poggiante su due stipiti. Con questo sistema il calore utilizzato era ridotto al minimo, per cui venne costruito un tipo intermedio, per metà ricavato nel muro e per metà a cappa sporgente. Nella seconda metà del 1.500, nel camino, a dimensioni invariate, diventò sempre preponderante la decorazione, fino a giungere alle prime forme del barocco. Nel 18° e 19° secolo il camino si adatta maggiormente alle esigenze dell’abitazione e usufruisce dell’esperienza dei secoli precedenti.
A Serracapriola, salvo alcune eccezioni, i camini più diffusi erano di due tipi: alla monacale e alla campagnola. In un paese agricolo come il nostro il camino era vitale. Esso veniva alimentato di anno in anno con la legna ricavata dalle varie potature effettuate nelle campagne. Rappresentava la sacralità e l’unità della Famiglia, specie quando, attiguo alla cucina, sul tipo dell’atrium, occupava un’intera stanza e i genitori con i figli si riunivano intorno al focolare. Erano così i camini di alcuni agricoltori. Ne cito due, da considerare per la grandezza, rusticità e funzionalità spartana. Il primo, di Giorgio Castriota (1876-1940), in via Giannone, poteva contenere l’intera famiglia di 12 persone ed aveva una piccola finestra che dava sulla strada. La gola della ciminiera (ciummenère) s’innalzava a imbuto nel soffitto fino a sboccare sul tetto con il comignolo. Ai due lati del focolare c’erano due cucine a carbone in muratura (furnècèlle). Il secondo, di Nestore Finizio (1887-1967), più piccolo, con una sola cucina a legna, ancora oggi intatto nell’abitazione spoglia (purtroppo lesionata dal terremoto) di via S.Antonio Abate, era rapportato al nucleo familiare di otto persone. Altri camini più piccoli con la cappa sporgente avevano sempre ai lati del focolare uno o due sedili in pietra o in muratura.
Dalla ciminiera pendeva la catena (camastra), a cui si agganciavano i paioli di rame, che potevano essere di varie grandezze (chèvedère e chèvedèrèlle) con i manici semicircolari. Sui treppiedi (treppéde) invece si poggiavano i caccavi di terracotta e poi di rame con due manici laterali anch’essi di varie grandezze (chècchèvèlle e chècchèvellucce). Sui piccoli tréppiedi, (treppedèlle), le padelle (sèrtaneje e sèrtènijèlle). Per dare fuoco alla legna (léne), l’imput veniva dato dagli sterpi (cèppe). Per tenere sospesa la legna nacque l’alare (da Lari = per i Latini gli dei del focolare domestico) prima costruito in argilla, successivamente in bronzo e poi in ferro. Con la nascita del camino addossato alla parete gli alari venivano costruiti in coppia, di ferro e con i pomoli di ottone. La fiamma veniva alimentata soffiando in un tubo di metallo (sciuscèfoche) o spostando l’aria con la ventola a soffietto o con una specie di ventaglio costruito con penne di tacchini (vicce). Il crepitìo del fuoco sprigionava miriadi di scintille che accendevano la fantasia dei bambini, quando nelle serate invernali i nonni raccontavano le fiabe. Per ripararsi dalle scintille e dal calore troppo intenso nei camini “in” si utilizzava il parafuoco. Il cosiddetto écran à coulisse (parafuoco a cavalletto) con pannello scorrevole entro scalanature praticate nei montanti entrò in uso all’epoca di Luigi XIV. Nel corso dei secoli segue i vari stili.
Man mano che si consumava la legna, la brace (vrèsce) abbondava nel camino e si raccoglieva con palette di ferro (pèlèlle e pèlellucce) per alimentare a furnècèlle o per accendere la carbonella nel braciere. La brace superflua veniva spenta in un bidoncino chiuso per riciclare poi i carboni ottenuti. Al fuoco venivano accostate pignatte di terracotta piene di legumi, sotto la cenere calda, sènice, si arrostivano le cipolle, le patate, i lèmpèsciune, sulla graticola (rètèlle) si arrostiva la carne. A Natale al centro del camino troneggiava il ceppo (u ceppóne) su cui secondo la tradizione veniva gettato il primo boccone del pasto natalizio. U prime mócceche èu fóche (il primo boccone al fuoco).
“Il fuoco comune”, u chèntóne dei cappuccini di Serracapriola si trova in un angolo della stanza al primo piano del convento, mentre il secondo al piano terra nella sala di fronte al refettorio. Nell’abbazia di S.Agata, ormai ridotta a rudere, e nelle case attigue i camini venivano ricavati negli angoli delle stanze.
Nel castello, dove soggiorna il duca Antonino, l’ultimo dei Maresca, attualmente restano due camini, di cui uno ricavato completamente nel muro, con architrave e stipiti con base a zampe di leone in pietra colorata; mentre l’altro, in muratura, ha un accenno di cappa esterna.
Alla necessità di un tempo oggi si contrappone l’uso del camino come un opzional alla moda, tinto di mero sentimentalismo. Lo si ostenta negli appartamenti e nelle ville accanto al radiatore del termosifone ed al condizionatore. I più “fortunati” sono gli agricoltori che possono ancora oggi utilizzare la legna delle loro campagne….




























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