Nel secondo dopoguerra la costituzione dell’Ente di Riforma Fondiaria fu la più coraggiosa e necessaria opera dell’Italia democristiana a favore del mondo contadino. Le prime leggi e decreti per mettere in atto la Riforma furono firmati da Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica, Alcide De Gasperi, Presidente del primo Consiglio dei Ministri, Giuseppe Pella, Ministro delle Finanze, e da Antonio Segni, Ministro dell’ Agricoltura e Foreste. Il ministro Segni di adoperò tenacemente per attuare la riforma contro le resistenze e gli indugi degli avversari. Egli ebbe il grande merito di aver dato una sterzata decisiva per imboccare la strada del cambiamento in agricoltura. Amintore Fanfani, quale Ministro dell’Agricoltura, poi, portò a compimento tale riforma, fondamentale per la rinascita dell’Italia.
Il primo avvio della riforma si concretizzò in Calabria dove la Riforma Fondiaria fu affidata all’Opera per la valorizzazione della Sila, un ente costituito nel 1947.
In seguito alle norme della legge 21 ottobre 1950 e al decreto del P.R. del 7 febbraio 1951, avvenne l’espropriazione (di terreni di proprietà privata…che al 15 novembre 1949 avevano più di 300 ettari), la bonifica, la trasformazione e l’assegnazione dei terreni ai contadini nei territori della Puglia, Lucania, Molise. Erano esclusi dall’esproprio i terreni già trasformati, quelli non suscettibili di trasformazione e i terreni a bosco. Gli espropri furono portati a termine entro il 1953. Le terre acquisite dall’Ente erano distribuite di preferenza tra gli aspiranti assegnatari residenti nei comuni in cui le terre stesse ricadevano.
L’Ente Riforma ai vertici era costituito dal Consiglio di Amministrazione, dal Direttore Generale, dai Capi Servizi, dagli Ispettori. Aveva una sua sede centrale, Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria in Puglia, Lucania e Molise, a Bari, il cui presidente era il prof. ing. Aldo Ramadoro fu Alfonso. Questa Sezione tra le altre funzioni aveva quelle relative alla espropriazione, bonifica, trasformazione ed assegnazione dei terreni ai contadini. Poi c’erano i centri di colonizzazione con i dirigenti e infine i Centri Aziendali, nelle contrade appoderate, con i capi azienda e gli addetti sociali che organizzavano scuole, spacci, mense, circoli ricreativi, e contattavano gli assegnatari, residenti nei poderi con le loro famiglie, per venire incontro ai loro bisogni.
Dei 31 territori dei comuni della provincia di Foggia, beneficiari della riforma fondiaria consideriamo Serracapriola e Chieuti in un unico comprensorio di appoderamenti. Il nostro centro di colonizzazione era Ripalta (poi assorbito assieme a quello di Apricena dal centro di S.Severo) con il dirigente dott.Giuseppe Colangione, già in essere nel 1956. I capi azienda dei centri aziendali (Fantina 1, Bivento 1, Prosolina 3, Capoposta) erano Zolla, Antonio di Giandomenico e il perito agrario Domenico Scudieri; gli addetti sociali: Antonio Campanozzi, Renzo Pontrelli, De Muzio, Antonio de Martino, Lilino D’Adamo, e Nicola Fonzo che lavorava però nel comprensorio di Ramitelli.
L’Ente acquisiva i terreni, oltre che con l’esproprio, anche con g1i acquisti, permute e traferimenti disposti per legge. A Foggia, nell’ufficio “Formazione proprietà contadine” diretto dall’agronomo serrano dott. Pasquale D’Adamo, avvenivano le modalità delle acquisizioni.
Il 5° duca di Serracapriola, Giovanni Maresca Donnorso Correale Revertera, soggetto all’esproprio dei suoi terreni, presentò alla Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria una relazione tecnica, datata 4 aprile 1951, della tenuta “Tronco”, in agro di Serracapriola, di sua proprietà, “onde dimostrare lo stato di trasformazione della tenuta, affinché venga considerata azienda modello agli effetti dell’art. 10 della Legge 21 ottobre 1950 n.841 sullo“ Stralcio” della Riforma Fondiaria”.
L’esproprio ai proprietari dei terreni nell’agro (a) di Serracapriola e (b) di Chieuti:
(a) - Basso Michele (ha 27), Caniglia Ida di Roberto (ha 24,50), Caniglia Livia di Roberto (ha 33,50), Capuzzo Fortunato (ha 8), de Luca Mario fu Alberto (ha 28), de Luca Nicola (ha 9), Faleo Maria (ha 1), Guerrieri Luigi (ha 5,60), Gunderrode Paolo (ha 67), Maresca Carlo (ha 70), Maresca Francesco Paolo (ha 92,50), Maresca Giovanni (ha 229,77), Maresca Stefano (ha 70), Pasca Michele (ha 286), Pasca Maria (ha 58), Pettulli Finizio Maria (ha 28), Rocca Angelica (ha 1), Saluzzo Maria Anna (ha 35), Valente Flavio (ha 22).
(b) - Cariota Umberto (ha 7,50-acquisto), Iannarelli Anna (ha 1), Iannarelli Anna Maria (ha 48-acquisto), Maurea Nicola (ha 55-acquisto), Maresca Benedetto (ha 122), Maresca Carlo (ha 295), Maresca Francesco (ha 30), Maresca Giuseppe (ha 120), Maresca Giuseppina (ha 110), Maresca Luigi (ha 33), Piccirella Luigi (ha 195), Piccirella Luigi (ha 44-permuta), Piccirella Matteo (ha 108-acquisto), Rocco Amalia (ha 118). Mancano a questo elenco altre proprietà acquisite dall’Ente di Riforma con permute, altri acquisti, trasferimenti disposti per legge.
Le nuove proprietà avrebbero dovuto avere una dimensione sufficiente tale da costituire piccole aziende familiari economicamente autosufficienti, autonome e vitali. Ma la richiesta alta dei contadini, per la maggior parte braccianti agricoli, non consentì il rispetto di tale dimensione. Per cui la dimensione media in Puglia dei poderi fu di ettari 8,49 con variazioni rapportate alla qualità dei terreni. Nei comuni di Serracapriola e Chieuti furono assegnati poderi di circa 7 ettari ciascuno.
Per i beneficiari delle assegnazioni, che dovevano essere capifamiglia-lavoratori agricoli, l’Ente di Riforma, per l’elevata percentuale di braccianti, stabilì che nella graduatoria tra le diverse categorie di contadini il primo posto doveva essere dei salariati e braccianti nullatenenti, mentre l’ultimo dei proprietari di piccoli appezzamenti insufficienti a costituire aziende autonome. L’assegnazione avveniva con due modalità: ai primi si dava un’azienda organica ed autosufficiente assegnando i poderi, agli ultimi si integrava la proprietà con le quote, fino al raggiungimento dell’autosufficienza familiare. Ma il rispetto dei criteri di scelta degli assegnatari, stabiliti dall’Ente, avveniva con marcata elasticità.
L’opera di creazione di infrastrutture da parte degli enti avveniva di pari passo con l’azione di trasformazione fondiaria. Parte della struttura del paesaggio rurale venne ridisegnata per le nuove esigenze sorte. Gli assegnatari ogni mattina di buon ora partivano da corso Garibaldi con i camion verso i terreni assegnati per dissodarli, per impiantare colture arboree, per effettuare spietramenti, iniziare a realizzare strade interpoderali prima che arrivasse la ditta appaltatrice.
Ma la realizzazione più importante fu la costruzione delle case coloniche dove venivano impegnati anche artigiani del posto: nell’agro di Serracapriola e Chieuti circa 223 case coloniche più 20 case del corpo aziendale a Fantina 1 e per tutta la Riforma Fondiaria oltre 37.500 nuovi fabbricati rurali e riattamento di 5.700 case preesistenti. Le prime tipiche case poderali assegnate sono dei fabbricati in tufo a piano terra con un atrio a porticato, affiancate dal pozzo, dal pollaio, dal forno e dal fienile. Altre sono prefabbricati a piano terra con forno, pollaio e porcile. Le terze delle costruzioni in mattoni ad un piano. Le quarte, le più grandi, palazzine in mattoni ad un piano, costruite a Ischia. Per chi aveva le quote, casupole cubiche di pochi mq. come appoggio momentaneo. Agli ultimi assegnatari non toccò la casa colonica.
Nella fase d’avvio dell’attività lavorativa era necessario anticipare i capitali di scorta e di prima donazione il cui rimborso agli enti fu previsto fino ad un massimo di 20 anni al tasso d’interesse del 3,50%. Molti erano i casi di mancanza di ogni mezzo di disponibilità finanziaria. Anche perché non c’era ancora la possibilità di avere anticipazioni da parte di cooperative ancora in via di costituzione.
Le modalità di pagamento di ogni podere con casa colonica, porcile, pollaio, concimaria, silos, impianto igienico, uso del forno e del pozzo in comune con altri tre poderi confinanti, avvenivano per contratto di vendita con pagamento rateizzato in 30 annualità, al tasso del 3,50% (es. podere n.15 di ha 6,94 in contrada Bufalara I di D’Onofrio Michele fu Antonio viene stabilito in £ 1.263.000 –20/01/1955). Nell’atto di vendita (18/06/1957) venivano aggiunti i beni necessari per l’attività lavorativa: scorte vive, n.1 equino (£.100.000); scorte morte, n.1 finimento (£.20.000), n.1 aratro (£.8.000), n.1 pompa irroratrice (£.6.973), n.1 falcione (£.2.600), n.2 forche (£.560), q.4 grano duro £.31.200, q.4,20 grano tenero (£.30.450), q.1,37 fave (£.6.576), q.1 avena (£.4.800), q.0,25 piselli (£.3.250). Un’altra scorta morta richiesta e data era il carro agricolo tradizionale di legno (trèjne) oppure il nuovo carro innovativo ORAIS strutturato con ruote di gomma e con l’intelaiatura, comprese le stanghe, di ferro (£.140.000).
Il contratto di assegnazione dei poderi prevedeva per gli assegnatari l’obbligo di far parte di cooperative promosse dall’Ente per una durata di 20 anni dalla data di stipulazione. Nel comprensorio di Serracapriola e Chieuti sorsero due cooperative: una, olivicola, “Oleificio Alto Tavoliere”, con lo scopo di ammassare olive e impiantare un oleificio cooperativo, mai realizzato; l’altra, cerealicola, “Cooperativa Frentana dei Servizi collettivi per la Riforma Fondiaria”. Questa, a tutt’oggi in piena attività, iniziò ad organizzarsi il 15 maggio 1956, quando il Consiglio di Amministrazione, con il presidente Vincenzo Baranella, si riunì nella sede del circolo degli assegnatari.
La vita degli assegnatari nei poderi di pochi ettari, insufficienti per sostenersi economicamente, diventò dura per una serie di motivi legati alla mancanza di acqua e di energia elettrica che in alcune contrade arrivò in ritardo mentre in altre non arrivò affatto, anche se nel progetto era prevista l’intera elettrificazione degli appoderamenti. Il miraggio poi di un lavoro sicuro nel nord Italia e all’estero fece abbandonare i poderi alla maggior parte degli assegnatari, i quali emigrarono.
Alcuni poderi sabbiosi a Fantina 1, rifiutati dai serrani, furono assegnati ad alcuni chieutini e a famiglie di Margherita di Savoia, esperti nella coltivazione di ortaggi, che li hanno fatti ben fruttare traendone notevoli vantaggi economici.
Mentre nell’agro di Serracapriola nessun assegnatario risiede in campagna, nell’agro di Chieuti risiedono: a Fantina 1, nuclei familiari 20, persone 56; a Bivento 1, nuclei familiari 2, persone 3; a Vaccareccia, nuclei familiari 4, persone 10; a Pozzo Secco, nuclei familiari 2, persone 5; a via del Mare nuclei familiari 2, persone 4; totale, nuclei familiari 30, persone 78.
Tra gli obiettivi della riforma agraria fallisce quello di fare abitare la campagna, mentre vengono raggiunti altri: realizzare l’antico sogno dei contadini meridionali di possedere un pezzo di terra, bloccare un pericoloso movimento di massa, aver aperto la porta della ridistribuzione della terra contro la chiusura del latifondo, aver creato in prospettiva piccoli e medi COLTIVATORI DIRETTI.