Il commercio, ci dice lo “Zingarelli”, è un’ “attività economica fondata sullo scambio di merce con altra merce di valore equivalente o con denaro”.
Prima che l’uomo inventasse il denaro c’era il baratto, lo scambio in natura di una cosa con un’altra. Questo comportava molte difficoltà. Come valutare allora il valore equivalente fra le merci? Ci voleva qualcosa sempre valida che venisse accettata da tutti come bene indispensabile e divisibile con facilità.
Si pensò al grano, prodotto primario, che poteva essere diviso equamente in tante parti. “Misura “, primo denaro, frazionabile, per pagare un bene o un lavoro. La quantità di grano era il valore corrispettivo alla durata del lavoro o alla merce da scambiare. Si pagava il lavoratore con un sacco, mezzo sacco, una ciotola di grano, rapportati alle giornate lavorative.
Un altro valore di scambio fu la pecora (pecus, da cui pecunia), ogni capo del gregge era la misura per commerciare. Essendo la pastorizia la prima attività economica dell’uomo, i singoli capi del bestiame avevano un considerevole valore pecuniario.
Con l’evoluzione del commercio si passò al ferro e ad altri metalli. Il loro valore era rapportato alla quantità frazionabile in barre, per avere multipli e sottomultipli. Il progresso poi diede all’oro e all’argento il valore primario di scambio, perché questi preziosi metalli si potevano sempre di più spezzettare e non erano deteriorabili.
Il passaggio alla monetazione vera e propria fu molto lento. Le monete venivano coniate con vari metalli e leghe (rame, ottone, bronzo), ma quelle in oro purissimo e peso costante erano la principale misura della ricchezza.
Cito alcune monete, del III sec. a. C., fuse nell’antica zecca di Lucera e conservate nel museo civico “G.Fiorelli” della città ed altre inerenti “alla circolazione monetaria nel territorio di Teate-Teanum Apulum-Civitate. In Teate, confinante con l’agro di Serracapriola, è stata rinvenuta anche una moneta di bronzo (coll. Delle Vergini) del IV sec. a. C, emessa dalla città achea di Pellene. Numerosi sono gli esemplari della zecca teatina nelle collezioni private locali. Tra le monete che circolarono intorno alla metà del III secolo a. C. sono state rinvenute una didracma di Nuceria Alfaterna con etnico in lingua osca ed un esemplare di Teano dei Sidici con etnico in lingua osca e il toro sormontato da una lira come su alcuni esemplari di Teanum Apulum. (1)
Dopo cataclismi, per regolarizzare gli scambi commerciali, si tornava al baratto, come avvenne a Serracapriola in seguito al terrificante terremoto del 1627. Però l’economia naturale continuò a convivere con quella monetaria fino al 1960 ed oltre quando la paga dei braccianti agricoli era ancora in parte in natura.
Nella società moderna l’oro fu adottato come valore base per la diffusione del denaro. Per agevolare gli scambi commerciali, insieme con la moneta di metallo, circolò anche quella cartacea, emanata dalle banche. Soltanto con la creazione della Banca d’Italia, lo Stato iniziò a stampare banconote per conto proprio che presero piede in Italia dopo la Prima guerra mondiale, anche se nel meridione, come a Serracapriola, c’era diffidenza per la moneta-cartacea, a favore dei pezzi metallici. I governi, per esigenze pratiche relative alle spese belliche e poi alla ricostruzione, per far circolare denaro e riattivare gli scambi commerciali, dovevano mettere in circolazione carta-moneta. Ma questa per conservare una stabilità di valore reale deve avere nelle casse dello stato un suo corrispettivo valore in oro. Quindi più lo stato ha una ricca riserva aurea, più la sua moneta è forte. Al contrario quando la moneta non è coperta dal corrispettivo in oro si ha l’inflazione. I prezzi aumentano e la merce costa di più.
La Lira italiana (Carlo Magno nel 793/94 istituì la lira, equivalente a 240 denari), divisa in cento centesimi, assurse a moneta reale nel XV secolo quando fu coniata nel 1472 a Venezia, nel 1474 a Milano, nel 1498 a Genova; poi nel 1539 a Firenze e nel 1561 a Torino.
Con Napoleone I, imperatore dei francesi e re d’Italia (1805-1814) e Gioacchino (Murat) Napoleone (che resse il Regno delle due Sicilie fino al ritorno dei Borboni-23-5-1815, la cui moneta era il Ducato), predomina sulla monetazione decimale del franco e poi della lira l’effigie del regnante. Nel 1816 Vittorio Emanuele I, re di Sardegna (1802-21), dopo un breve periodo di reazione, ritornò al sistema decimale. I successori Carlo Felice (1821-31), Carlo Alberto (1831-49) e Vittorio Emanuele II (1849-61) continuarono con lo stesso sistema.
Con la proclamazione del Regno d’Italia la lira, da napoleonica divenne piemontese e fu adottata, nel 1862, come moneta unica in corso legale su tutto il territorio nazionale, tranne che nello Stato Pontificio. La lira doveva sostituire circa 270 monete a corso legale. E non era cosa da poco. Nella seconda metà dell’800 un chilo di pane costava 25 centesimi; una famiglia contadina di sei, sette persone viveva con 700 lire l’anno; un maestro elementare percepiva uno stipendio di 150 lire.
Il conio riportava l’immagine dei re della Casa Savoia. Con Vittorio Emanuele II, re d’Italia (1861-78), iniziò il 2 maggio 1861 la nuova titolatura della monetazione con pezzi d’oro, d’argento e di rame. Sotto il regno di Umberto I, succeduto al padre V.Emanuele II, si costituì la colonia Eritrea e nel 1890 si coniarono monete per la colonia stessa. Tra il 1882 e il 1895 furono emessi biglietti di Stato nei tagli da 5 (17/12/1882) e 10 lire (11/3/1883).
Sulle nuove emissioni del 1902 e del 1904 compare sulle banconote l’effigie di Vittorio Emanuele III, succeduto al padre, deceduto nell’attentato alla Villa Reale di Monza. Durante il suo regno l’inflazione del 1915/26 fece crollare il valore della lira. Altri biglietti da 50, 100, 500, 1000 lire vennero stampati e messi in circolazione dalla Banca d’Italia, dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia. Era il tempo in cui una canzonetta popolare interpretava i sogni degli italiani “se potessi avere mille lire al mese”. Ma la banconota famosa, chiamata lenzuolo, per le dimensioni eccezionali (cm 24,5X15), era la 1000 lire rimasta in circolazione dal 1897 al 1946.
Dopo la conquista dell’Abissinia, V.Emanuele III, il 9 maggio 1936, ricoprì il titolo di imperatore d’Etiopia e, conquistata l’Albania nel 1939, quello di re d’Albania e ci fu la monetazione per queste colonie. Durante il periodo fascista su una faccia di alcune monete c’era il fascio, mentre sull’altra l’effigie del re V.Emanuele III. Sulla 20 lire d’argento del 1943 invece su una faccia era incisa l’effigie del duce e sull’altra il fascio, la testa del leone e la scritta “Meglio vivere un giorno da leone che cento anni da pecora”.
La II guerra mondiale, la firma dell’armistizio (8/9/1943) e la fine del fascismo portarono al crollo della lira. Il 9 maggio 1946 il re V.Emanuele III abdicò in favore del figlio Umberto, ma la moneta con l’effigie di Umberto II re d’Italia restò un progetto a causa della vittoria della Repubblica sulla Monarchia al referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
Durante l’occupazione anglo-americana furono emesse le AM-lire (“Allied Military Currency”). Questa cartamoneta, senza copertura in oro o valuta pregiata, perché al di fuori della Banca d’Italia, unica struttura di emissione ufficiale, contribuì alla galoppante inflazione, caratteristica imprescindibile di ogni dopoguerra. A Serracapriola la Zecca per stampare le amlire si trovava negli edifici della Scuola Elementare dove James Dodd, un militare alleato, pittore, stampò anche alcune copie di un suo acquerello che rappresenta il bellissimo scorcio della chiesa di S.Mercurio visto da S.Barbara.
Ormai le mitiche 1000 lire valevano poco nel dopoguerra. Un impiegato con un mensile di 60 mila lire riusciva appena a far vivere decorosamente la famiglia.
Con la Repubblica italiana, in successione alla Monarchia dei Savoia, si ebbe il nuovo conio della Lira italiana: banconote e monete in italma, in bronzo-alluminio, acmonital e d’argento. Ma la lira inflazionata ridusse al minimo il valore dei risparmi degli italiani. Con la somma di 100.000 lire, con cui nel 1939 si potevano acquistare quasi dieci “Topolino”, nel 1946 si andava in vacanza solo per una ventina di giorni. “Le mille lire non valgono più niente” dicevano le nostre massaie angosciate a fare lunghe file per un po’ di pane o di farina. La Banca d’Italia, dopo i biglietti provvisori (assegni circolari) da 5000 e 10.000 lire, emise nel 1947 le nuove banconote da 500, 1000, 5.000 e 10.000 lire. (2)
La lira si stabilizzò negli anni 50 e 60, tanto da meritare nel 1960 l’Oscar monetario assegnatole dal Financial Times. Nel 1951 vennero emesse nuove banconote da 50 e 100 lire. Tra il 1962 e il 1968 nuove cartamonete da 500 e 1000 lire con l’effigie di Giuseppe Verdi. Dal 1946 al 1967 furono coniate in italma monete da 1, 2, 5, 10 lire; in bronzo-alluminio la 20 lire; in acmonital la 50 e la cento lire; dal 1957 al 1966 in “argento 835” la 500 lire (di cui la prima serie del 1957 con le vele controvento, subito ritirata, diventò molto rara). (3)
La lira dal 1979 entrò a far parte del sistema monetario europeo (SME). Dopo la svalutazione del 1992 ci fu la ripresa della finanza pubblica e la moneta italiana riacquistò credibilità. Alcune delle ultime emissioni della Banca d’Italia, furono le banconote da mille lire con l’effigie di M. Montessori (d.m. 3/10/1990), da 2000 lire di G. Marconi, da 10.000 di A. Volta e da 50.000 del Caravaggio.
La nascita della moneta europea, “Euro” (1 euro vale 1936,27 lire) emesso dalla Banca Centrale Europea, mandò in pensione, il primo gennaio 2002, la lira e, il primo marzo 2002, ne sancì la morte. Sono entrate così in circolazione le banconote e le monete in euro. Le prime, da 5, 10, 20, 50, 100, 200, 500 euro, sono uguali in tutti i dodici paesi dell’Europa. Le seconde hanno una faccia standard e una faccia nazionale diversa per ogni paese. Le leghe delle monete sono: Euro 2 di cupronichel (tre strati di ottone/nichel); Euro 1 di ottone/nichel (tre strati); i Centesimi 50, 20, 10, di una lega nuova chiamata nordica; i Centesimi 5, 2, 1, di acciaio ricoperto di rame.
La sostituzione della lira con l’euro ha avuto ripercussioni notevoli sulla vita dei cittadini e sulle imprese delle nazioni che hanno aderito alla moneta unica. (4)


Fonti:
(1)Circolazione monetaria nel territorio di Teate Teanum-Apulum di Paola Principe
(2)La storia d’italia attraverso la cartamoneta-Rizzoli editore
(3)Monete decimali Italiane –C.Bobba
(4)Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comitato Euro