Il rame, metallo tenero e duttile, si è sempre prestato ad essere lavorato con facilità nella produzione di oggetti svariatissimi per forma ed uso. A Sialk, una località dell'Iran, nel V millennio a.C. si battè il rame per la prima volta, "a percussione", sua prima forma di lavorazione. Tralasciando l'impiego che si è fatto del rame nell'antichità, ci interessa arrivare al suo impiego in Europa a partire dal Medioevo, in cui il progresso della metallurgia di allora portò all'uso del pentolame di rame. Nasce proprio in questo periodo infatti la figura del calderaio, colui, cioè che lavorava il rame, e realizzava in particolare gli oggetti da cucina.
  Se in questo periodo qualche calderaio operasse a Serracapriola non lo sappiamo. Per avere una traccia certa dobbiamo arrivare al 1854, quando da noi c'era un solo ramaio, rèmère, a posto fisso. In effetti questo mestiere non ha mai attecchito nel nostro paese. Venivano soltanto gli ambulanti ramai, dalle grandi tradizioni dei calderai, dal Molise, portando a spalla i loro panciuti prodotti. La loro voce, accompagnata dal tintinnio del rame, richiamava la clientela, che accorreva a farsi riparare o a permutare il vecchio paiuolo, o a comprarsi la nuova caldarella, chèvedèrèll. Per le compere importanti si aspettava la Fiera di S.Rosalia. In questa occasione le famiglie più abbienti compravano la ramarossa, il pentolame da cucina che era un corredo prezioso per la sposa. Comprendeva: casseruole di varie misure, tegamini, frijèòve, padelle, imbuti, mestoli, cùppine, calderotti, paioli, passatoi, scòlèpàste, schiumaroli, sckèmmètòre; la caldaia, chèvedère, dal manico semicircolare, che si appendeva alla catena del camino; l'altra, più grossa con due manici ai lati, chècchèvèll, poggiata sul treppiede, dove si faceva bollire l'acqua, per il bucato, per pastorizzare la salsa in bottiglie, quando si ammazzava il maiale e per altri usi; u pùzenétt, sorta di paiolo a tre piedi; il lungo tegame portacapretto di forma ovale e un altro simile per il pesce; la padella bassa e larga, a manico lungo, sèrtànje e l'altra senza manico, ròte; l'inconfondibile secchiello, secchjétt, da usarsi solo per attingere l'acqua dal grosso recipiente di terracotta, sèròle; le formette ovali e rotonde per confezionare i dolcetti, bucchenòtt, e le tortiere lavorate a sbalzo, dalle forme fantasiose. I tegami di rame, essendo questo metallo un buon conduttore di calore, restano i migliori per dare al cibo una cottura naturale e specie per la pasticceria sono insostituibili.
  Per il riscaldamento il ramaio forniva il braciere a campana con decorazioni traforate, quello cornune, vrèscére, e lo scaldino dal lungo manico che, pieno di brace, intiepidiva le lenzuola prima di andare a letto.
   Per l'illuminazione i candelieri, le bugie, i lumi a petrolio e le eleganti lucerne di ottone con tre o quattro lucignoli.
  I contadini, invece, si facevano costruire la pompa per irrorare i vigneti con l' acqua ramata, a pòmpe de l'acquè rrèméte.
  Ma il pezzo forte, martellato da questo artigiano a migliaia di piccolissime facce, ottenute con un martello particolare molto levigato, era la conca La più antica, a cònghè tònn, aveva una sobria forma cilindrica. L'altra, più recente, a còngh'è becchjère, con una strozzatura tra la bocca e il fondo, a due ampi manici, aveva le fattezze delle donne che, con le braccia arcuate in vita, la portavano in testa, equilibrata su una ciambella di stoffa, per trasportare l'acqua.
  Quelle stesse donne si privarono poi del loro rame per donarlo alla patria durante il periodo bellico del regime fascista. Ecco perché molti di questi cimeli sono scomparsi nelle nostre case.
  Oltre gli oggetti di uso quotidiano venivano prodotti pezzi di autentico artigianato-artistico, dalle decorazioni stilizzate a sbalzo: soprammobili, portaombrelli, caraffe, rivestimenti per caminetti, per altari, piatti da parete, cornici, quadri.
  Lavorando il rame si arrivava anche a raggiungere espressioni di alta purezza formale e cromatica, usando mordenti per ottenere patine particolari, quando chi operava era un artista. Negli anni '60 il prof. D'Alfonso Benedetto, di Isernia, insegnante di disegno nella Scuola di Avviamento Professionale diretta dal prof. Mario Silvestris, per alcuni anni produsse nel nostro paese artistici pannelli di rame a sbalzo dallo stile inconfondibile, che aveva come tema dominante: stilizzati cavalli e cavalieri senza tempo.
  Oggi, i pochi artigiani-ramai, (qualcuno si vede ancora alla sfittica fiera di S.Rosalia) si limitano a produrre soltanto oggetti decorativi, poiché caldaie e pentole sono state sostituite da altre di acciaio inox. Il declino di quest'arte lo si nota anche nelle mostre artigiane, dove la vendita di detti prodotti, pur sempre di grande effetto, è molto scarsa.