In estate la frescura dell'acqua delle sorgenti e dei pozzi (a Vullène, u puzz Nove, u puzz da Corte, ecc.) leniva la sete dei serrani. Alcuni, con la cannuccia a portata di mano, non si facevano sfuggire gli acquaioli con il carico dei barili pieni di acqua appena attinta. - Cumpà ma dè fè fè nà vèvete ? - In genere la richiesta veniva accolta. Il ristoro, dovuto a non più di un bicchiere sorbito, accontentava, in parte, sia il passante che avrebbe voluto dissetarsi completamente, sia l’acquaiolo che non aveva dimezzato il suo barile subito chiuso con il tappo de frèll. Nelle case l'acqua da bere, per conservarla fresca, veniva messa negli orci di terracotta grezza, cicene e giarr è clò clò, alterata soltanto dal caratteristico sapore di creta.
Chi invece se lo poteva permettere arrivava al sottozero comprando la neve conservata nelle neviere. Le abbondanti nevicate invernali, (che nell’immediatezza dell’evento davano gioia ai bambini, in quanto, nonostante il freddo, gustavano la neve con il mosto cotto, sorta di granita con l’ingrediente base appena caduto dal cielo) davano la possibilità di immagazzinare la neve fresca, dopo averla indurita, in grossi fossi murati e coperti di tettoie. Quando da noi la neve era rada, si andava con i carretti a prenderla a S.Croce di Magliano protetta dalla paglia per non farla sciogliere. Una neviera di antico diritto baronale si trovava nei pressi del borgo, capace di contenere cinquemila cantari di neve. Essendo però d’intralcio al libero passaggio e siccome lo scolo delle acque arrecava danno alle case vicine, fu demolita a furor di popolo durante la rivoluzione del 1820. A nevére Furèll, proprietario Giovanni di Girolamo m. nel 1956, fu l’ultima ghiacciaia nostrana in ordine di tempo.
I luoghi di ristoro e di intrattenimento molto diffusi erano le cantine dove imperava la prima bevanda alcolica per eccellenza: il vino, u suche du serrèmènte, che il cantiniere annacquava quando il cliente-bevitore aveva perduto i lumi della ragione.
In epoca remota sorsero rivendite dove, fra le altre cose, facevano capolino le prime bevande tra cui il caffè. Ma già nel 1828 si delineò la specificità del mestiere di caffettiere con Giuseppe de Curtis, caffettiere-confettiere regnicolo e nel 1876 con il caffettiere Francesco Consalvo. La tradizione orale ricorda il Caffè Tripoli, ubicato nel centro storico.
Giovanni de Leonardis
(1851-1925), che già esercitava il mestiere di speziale-manuale, a causa di una legge emanata in quegli anni con cui si richiedeva la laurea in farmacia per esercitare, dovette chiudere la spezieria su consiglio del laureato Filippo Ricci, titolare della farmacia ubicata in via S.Anna. Per sopravvivere, Giovanni, coniugato nel 1877 con Carriero Cristina Giacinta e padre di otto figli, continuando a vendere i prodotti parafarmaceutici iniziò l’attività di caffettiere producendo un caffè molto allungato che si faceva bollire nella caldaia e poi si filtrava.
Dopo alcuni anni il primogenito Liborio (1878-1924) di ritorno dal servizio militare, aiutato dai fratelli, avviò una fabbrica di acque gassate. Cominciò a diffondersi così a Serracapriola la gazzosa, ghèzzose. La bibita gassata veniva prodotta in bottiglie con la pallina di vetro che restava sul fondo del collo del contenitore, fermata da una strozzatura. Nella bottiglia venivano introdotti prima gli ingredienti (u scerupp), poi l’acqua e l’anidride carbonica. La pallina spinta in alto dal gas fungeva da tappo. Per bere era necessario spostarla introducendo dalla bocca della bottiglia molto spesso il mignolo per far entrare l’aria, ma l’igiene suggeriva la cannuccia per poter con un unico gesto aprire e bere.
Dopo alcuni anni, i figli di Giovanni che avevano imparato il mestiere si misero per conto loro.
Nicola
(1892-1942) avendo studiato a Napoli da pasticcere aprì una pasticceria in corso Garibaldi n.23 in un locale di Palazzo Arranga insieme con il fratello Vincenzo. Ma quando misero su famiglia i due fratelli si divisero.
Nicola dopo aver cambiato due locali si trasferì definitivamente sempre sul Corso dove oggi c’è il bar "Caffè Moderno" di Villa Anna Maria in Maggio. Questa insegna fu installata dal caffettiere Giovanni Iannuzzi dopo il 1942. In seguito subentrarono i fratelli De Vito anche con una loro fabbrica di gassose e, prima dell’attuale gestrice, Saverio Mancini.
Vincenzo (1883-1943) restò a Palazzo Arranga dove, in un seminterrato adiacente al Caffè, impiantò una fabbrica di ghiaccio rinnovando il locale con la nuova insegna "Caffè Centrale". Lo ricorda Mario Brancacci nel suo romanzo "Era degna di un magistrato" in occasione dell’arrivo dell’energia elettrica nel 1925 "…Ai tavoli del "Caffè Centrale", le famiglie importanti del paese ci sono tutte…". Sotto la gestione di Giuseppe Pilolli questo locale prese il nome di "Piccolo Bar" poi passò a A. Michele D’Amelio ed infine a Lorenzo Malatesta che continuò a commerciare il ghiaccio e le gassose.
Nella calura estiva i blocchi di ghiaccio davano la possibilità, agli ambulanti di preparare la granita, a rattèmèriann, ai vari gusti, piallandone la quantità voluta con un pialletto di metallo e alle famiglie di rinfrescare le bevande del desinare con un pezzo di ghiaccio. Anche nel Caffè dei fratelli Miglietti veniva preparata la gustosa rattèmèriann: "ràttè rattè Mèriann, cchiù ratt e cchiu guèdagne".
Nel locale sotto il torrione del castello con il Caffè e la fabbrica di gassose lavorò Antonio de Leonardis (1889-1977). Questi, esperto alchimista, diffuse la gassosa in tutto il circondario, riuscendo ad ottenere formule particolari miscelando estratto di limone, acido citrico, zucchero (scerupp), acqua, anidride carbonica e il segreto, gelosamente custodito, che dava il gusto particolare alla gassosa de Ndeniucc Leonard, preparata anche al caffè.
Nella lavorazione veniva aiutato da Guido Santelia che in seguito aprì una fabbrichetta per conto proprio in via del Pozzo.
Intanto vennero sostituite le bottiglie con le palline con quelle col tappo esterno a pressione, vuoto a rendere. A ghèzzose, alla portata di tutti, non mancava mai sulle tavole del mondo contadino, e doveva necessariamente annacquare appena il bicchiere di vino per dargli il gusto dolce-frizzante. Tré quart e na ghèzzose (750 g. di vino + 250 g. di gassosa) era la miscela che si chiedeva al cantiniere nell’acquisto del vino. Anche il vastarolo Francesco Esposito, u Vèstèiule, vendeva le gassose nel suo chiosco vicino al castello, dove una bottiglia appesa sponsorizzava la bibita come prodotto precipuo della ditta.
Emilio Gualtieri,
residente a Napoli, veniva spesso a Serra per curare i suoi terreni e avendo gustato la gassosa di Antonio de Leonardis gli fece la proposta di creare con lui una società per aprire una fabbrica a Napoli, ma il segreto della formula fu il pomo della discordia e l’accordo saltò.
L’attività di Antonio, coadiuvata con competenza e laboriosità dagli apprendisti Pietro e Beniamino Bucci, continuò fino al 1968, quando questi comprarono l’esercizio. Dopo alcuni anni si spostarono in corso Garibaldi rilevando il bar dei fratelli Marinelli, prima gestito dai fratelli Mastrangelo, dove lavorava Pietro (oggi rinnovato col nome "Bar Gelateria Sirius Lunik" — di Enzo di Cristofaro) e aprendone un altro con pasticceria e gelateria a cui è stato aggiunto in un locale attiguo il "Caffé del Corso" gestito da Beniamino, la cui specialità è il caffè illj.
Giuseppe Forte, Peppenucc Fort,
(1878-1932) invece gettò le basi che portarono alla nascita del bar-pasticceria più importante del paese. Coniugato con Maria Spina di Montorio dei Frentani e padre di otto figli aveva una ristorazione abbinata ad una caffetteria in piazza Umberto I. Mandò il primogenito Salvatore (1901-1978) prima a San Severo dove si formò come pasticcere dal celebre Villani per parecchi anni e poi a Napoli per affinare il mestiere.
Salvatore Forte
capì che il paese si stava sviluppando verso nord e aprì al n.1 di Corso Garibaldi il "Caffè Dello Sport". Egli cominciò a mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti e potè dare libero sfogo alla sua creatività in un locale tutto suo. Si attrezzò di una tostatrice ad alcool e di una prima macchina per caffè espresso Vittoria-Arduino per curare dall’origine una sua miscela che poi avrebbe caratterizzato la tazzina del caffè-Forte. Nel 1939 l’installazione di un primo banco frigorifero Officine Barchiesi Falconara Marittima (Ancona) gli diede la possibilità di preparare e conservare il suo delizioso gelato. Ma la sua specialità era la pasticceria. Le sue sculture di cioccolato, di pasta reale, di zucchero caramellato, riproducevano i più svariati soggetti: il castello, il dirigibile di Nobile, la chiesa di S.Maria ecc. Le torte decorate con perizia da Salvatore venivano preparate in gran numero per i matrimoni accompagnate da spumanti e liquori confezionati. Il boom economico degli anni sessanta fece accantonare il fai da te casereccio: il rosolio fatto con le varie essenze e servito nei micro-bicchierini e le pastarelle. Cominciò a diffondersi il gelato confezionato: u norge, crema di gelato ricoperta di cioccolato. Al banco del Caffè dello Sport serviva i clienti la gentilissima commessa slava Chèrt Alba oltre i vari apprendisti che si sono succeduti negli anni, come Alberto di Sario che continua la sua attività di pasticcere nella sua Pasticceria-Gelateria "Le Delizie" e Picchione Fernando che, trasferitosi, lasciò il bar "Primo Fiore" al fratello Michele tuttora in attività.
Salvatore Forte cessò l’attività nel 1971 vendendo l’esercizio alla sig.ra Bice Leombruno. Ma l’aroma del caffè Forte continuò a farsi sentire grazie alla "Torrefazione" del figlio Giuseppe che fino al 1995 preparò le sue miscele, richieste dai serrani, dagli stessi baristi e da tanti intenditori del circondario.
Attualmente al n.1 di Corso Garibaldi continuano l’attività sotto il nome di "Bar Dello Sport" Fabrizio e Fortunato Trivelli. Lungo lo stesso Corso, oltre agli altri bar già citati, troviamo il "Bar Centrale Universal" di Adamo Marinelli , già gestito da Di Cristofaro e da Lazzaro De Luca e il "Bar-Tabaccheria Europa" (ex Tarcibar) di Giuseppe Balice. Resta poi in via Aldo Moro il "Bar-Tabaccheria San Giorgio" di Carmine Padovano ex esercizio dell’allora albergo ristorante di Felice Castriota e lungo lo stradone de Luca anima il centro storico il "Bar Vecchia Serra" di Filomena Fanizza.
In questi luoghi di ristoro e di intrattenimento si lavora maggiormente d’estate. A parte il consumo dei tanti e diversi prodotti industriali, gelati e bibite di ogni genere, è gratificante per i villeggianti portarsi nei luoghi di residenza il ricordo di aver gustato a Serracapriola delle specialità prodotte artigianalmente dai nostri pasticceri e barmann. Rivalutare la lavorazione artigianale con le tipicità del posto è una componente importante per incrementare il turismo.


Aggiornamento al 25 Aprile 2004
A Serracapriola le pasticcerie-gelaterie (attività artigianali) e i bar (esercizi commerciali) sono:

  1. "Pasticceria e Gelateria delle Delizie" di Alberto Di Sario e Nunzia Di Palma;
  2. Pasticceria-Gelateria-Enoteca "Primo Fiore" di Michele Picchione;
  3. "Pasticceria e Gelateria S.Giorgio" di Carmine Padovano e Silvana Granieri;
  4. Yogurtiera-Bar-Pasticceria "L'Apemaya" di Gabriele d'Orio
  5. "Bar Sport" di Gaetano Trivelli e Paola Pracella;
  6. Bar-Tabacchi "Europa" di Nicola Balice;
  7. Caffetteria "Caffé Del Corso" di Beniamino Bucci;
  8. "Bar Centrale" di Adamo Marinelli
  9. Bar "Sirius" di Vincenzo Di Cristofaro e Marianna Rosati;
  10. Caffetteria, Osteria, Pub, Enoteca "il Borgo" di Aldo Petti;
  11. Bar-Tabacchi "Paradise" di Claudio Gentile e Clementina Lombardi.