Quando Serracapriola era piccola piccola, con “ruitille” strette, mozze e sghembe e con le case l'una annodata all'altra, “Strada Grande” era il principale asse viario dell'abitato. Quasi un rettilineo, lungo 110 metri e mediamente largo quattro e mezzo, che spaccava in due “a'tèrre”. Proprio quel suo essere, lontano dallo standard tipico dei paesini di tempo medioevale, fece guadagnare alla via l'appellativo “Strada Grande”.
     Il tracciato, che originariamente era di terra battuta e nell'anno 1883 venne foderato di pietra lavica dall'impresa Pepe, si staccava da “Porta Santa Maria”, che in seguito fu denominata “Porta di san Fortunato”. E, scendendo il crinale del colle sul quale si modella “a tèrre”, la via finiva alla “Porta di Bascio”, grossa muraglia di mattone bruciaticcio che rinserrava il lato meridionale di Serracapriola nei pressi della Chiesetta di sant'Antonio Abate.
     Per anni, lustri e secoli la strada, con l'annessa sua piazza adiacente alla collegiata di santa Maria in silvis, fu la via più percorsa, più importante di Serracapriola. Gli artigiani e i “putechère” ne fecero la loro vetrina locale; i cittadini la elessero centro della vita civile, delle celebrazioni religiose, delle feste. E nel tempo libero, che pur difettava, meta delle loro passeggiate “in”, rumorose e colorate.
     Nel maturo 1700 ai serrani arrivò lo “Stradone”,in seconda battuta ribattezzato “Borgo” pensato e fatto ad uso di città su un intonso pianoro a nord di “Largo Porta”. Serracapriola si ampliò; fu tutta un laboratorio di nuove costruzioni. La nuova addizione urbanistica, a mezzo Ottocento era “il più bell'ornamento del paese” ed era già assai popolata.. Come vortice, aveva risucchiato nel suo seno filoni di gente da ogni dove cittadino, fortemente attratti da spazi più razionali e luminosi e da tipologie abitative più comode e funzionali rispetto a quelle fino ai tempi praticate. Strada Grande perse i colpi e, con i colpi, anche lo smalto.
     Nel 1901 la via restò orfana pure del suo nome antico.
     Non più “Strada Grande”, ma via Giovanni Bovio: un omaggio che i decurioni serrani dell'epoca vollero rendere precocemente alla passione civile e politica del filosofo e deputato di Trani che, quando la variazione toponomastica venne lanciata in onda, era ancora fra i viventi di questo mondo (m. 15 aprile 1903).
     Dall'asse viario che oggigiorno nasce da Via Agostino d'Adamo, procedendo da Nord a sud, si distaccano: Via Castagnaro(già “Strada del forno del Castagnaro”) che collega “a chiazzaranne” con Via Egizio (direzione Est). Vico Pisacane che la unisce a Via Monteolmo (direzione Ovest). Vico Camerelle, che l'annoda pure a via Monteolmo (già “Strada Monte l'Olmo”), e via Sant'Antonio Abate che raggiunge, ad Est, “u chiènétte” di Piano delle donne. La strada “ripulita” della “Porta di Bascio”, spianata dalla logica del piccone demolitore, a sua volta, confluisce in Largo San Mercurio
    


Via Bovio è "patria", fra gli altri, di Filippo Ricci (m. 1872), Medaglia d'argento al valor civile, garibaldino al Volturno (1860) e Mentana (1867), amico di buona amicizia con Nino Bixio; di Mario Brancacci e Vitaliano de Renzis, segretario comunale a Serracapriola. Nella strada, con il professore Mario Silvestris iniziò, dopo il secondo conflitto mondiale, l'iter funzionale della prima Scuola Media di Serracapriola, la "Parificata Frentania", vanto del paese e palestra di menti elette che decorano la moderna Italia, Antonio d'Adamo, Mercurio Galasso, Antonio Magnocavallo....
    
     Nella Strada fiorirono attività artigianali e commerciali fra cui si ricordano: Clementina De Virgilio e Faustina Gianserra poi Gerucce (Ciro) Sanità (alimentari), Luigi Ferrero, Mario Ernesto Piscitilli e Benito Balice (barbieri), Carlo Comiziale e Domenico D'Alonzo (falegnami), Angelo Maria Merigioli (negozio calzature), Andrea Ciancia (m. 1997) (latteria), Fratelli Fiorentino (sartoria), Filomena Mascia (rivendita tessuti).