I fabbri (dal n.1 anno VI de "La Portella")
I fabbri, riferimenti essenziali dell'economia locale, erano legati al
mondo contadino. Forgiavano zappe, bidenti, vanghe, forche, falci, roncole;
vomeri a chiodi e a pale per aratri di le gno; aratri flòther,
frèncése, vòltérécchje, bivòmere;
i rampini, lùpère; gli anelli, chètènell,
pendenti tuttora dai muri delle nostre viuzze, che servivano per legare
gli animali da tiro durante la sosta. Provvedevano a tutte le parti in ferro
dei mezzi di trasporto e alla cerchiatura delle botti. Assicuravano le porte
delle case con bandelle, chiavistelli, saliscendi, catenacci, (spòntèpède,
nèticchje, verchjèle, mèsckettune) toppe e
serrature, chiuse da grosse chiavi. Costruivano i cerchi e gli sportelli
per chiudere le cucine a legna in muratura e lo sportello per la bocca
del forno; le lucerne ad olio e le lanterne. Corredavano il camino con la
catena, gli alari, la paletta, lo spiedo, il treppiede. Col solo aiuto del
fuoco, delle lunghe tenaglie a pinza e del martello questi artigiani ricavavano
da pezzi di ferro tantissimi altri oggetti: pezzi unici senza giunture.
Quando non era possibile realizzare da un unico blocco di metallo l'oggetto,
assemblavano i vari pezzi a incastro o li inchiodavano con i ribattini.
A volte chiudevano le fessure con colate di ottone fuso, come avveniva per
il fondo della lucerna ad olio.
Ma la creatività si manifestava in pieno, quando questi artigiani-architetti,
rispettando i diversi aspetti dell'arte decorativa e dell'arte popolare,
ideavano, progettavano e realizzavano i pezzi elaborati. Curando le volute
e l'accartocciamento del ferro, al ritmico battito del martelIo, venivano
fuori dalle loro mani: ringhiere, letti, trespoli, lampadari, cancelli,
grate, candelabri, lampioni. Fra le ringhiere in ferro battuto primeggiano
quelle barocche dei balconi del palazzo di Ferdinando de Luca in via S.Anna,
di casa Marolla in via N. Ciampa e del palazzo Pilolli a Porta Bianchini.
Altre ringhiere di ghisa stampata venivano ordinate alle fonderie.
Ad ammirare questi cimeli o qualsiasi altro oggetto che ognuno di noi
conserva, il ricordo va agli operatori. Oltre a quelli già menzionati
nella prima parte ne ricordiamo altri. Domenico di Vito, Tonino Italiano,
Dario Moscariello, Michele Rogato, Mario Radogna, De Cesare Michele.
Questi lavoravano negli anni '50 e videro l'evoluzione tecnica della lavorazione
del ferro, dall'uso della terra rossa, con cui s'incamiciava il metallo
per proteggerlo durante la lavorazione, alla prima saldatura con la placca,
poi con il carburo, fino alIa saldatura elettrica. Achille Pallamolla
fu ilprimo fabbro che nel dopoguerra portò la saldatura elettrica
nel nostro paese. Esperto saldatore e tornitore, lavorava a Ramitelli presso
gli alleati. Poi si stabilì a Serracapriola e dopo una breve società
con Raffaele D'Onofrio, Lèlucce, si mise in
proprio in un'attrezzata officina con tornio. Lavoratore instancabile, insegnò
il mestiere a moltissimi apprendisti. Oggi, buon sangue non mente, i figli
Pinuccio, Fernando e due nipoti, specializzati nella lavorazione
di grossi mezzi agricoli per trattori, continuano la tradizione di questa
famiglia di stampo patriarcale. Mercurio Rendine è un altro
abile fabbro specializzato in questo settore. Anni fa, quando aveva l'operaio,
questi portava in mostra alIa fiera di Foggia i suoi prodotti. Oggi lavora
solo in un'officina fatiscente. Nelle stesse condizioni si trova anche il
valido e laborioso Fortunato Ferrero che si dedica alla riparazione
dei mezzi agricoli.
Con l'avvento di nuovi materiali il fabbro Antonio Tirabasso,
insieme con i fratelli Giovanni e Roberto, fu il primo a specializzarsi
nella produzione di infissi in anticorodal. L'alluminio anodizzato ha avuto
un'evoluzione interessante. Oggi lo si può avere in tutte le salse,
fino ad imitare alla perfezione il legno. Operano, in qualità di
ferramentisti, Fortunato Vainella, che esegue anche lavori in ferro,
i fratelli Trivelli, e Alfieri Luigi.
Agostino Cardascia fedele alla lavorazione del ferro battuto,
con tutte le varianti che i materiali modemi offrono, è restato il
fabbro-artista vecchia maniera che l'attività paterna gli ha trasmesso.
Appassionato del suo mestiere egli lavora in un'officina ben attrezzata,
in sintonia con gli operai Giovanni Causarano e Vittorio Trombetta.
OItre le inferriate, i cancelli, le ringhiere, le grate, le porte e le persiane
antisfondamento, trattati con vemici apossidiche o poliuretaniche, Agostino
costruisce artistici ingressi esterni per giardini o abitazioni in lamiera
traforata.
L'attivita del fabbro richiede molto spazio per la produzione e poi per
il deposito di mezzi ingombranti e pesantissimi. Quindi l'esigenza di una
zona artigianale-industriale, sempre avvertita e mai realizzata. Finalmente
il PIP fu varato dall'amministrazione Mascolo, con le prime richieste di
attribuzione. Ma atutt'oggi non sono stati fatti passi avanti. Tutto è
fermo. Anzi si sente puzza di bruciato.
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